Il governo continua a definanziare la sanità pubblica mentre la crescita delle diseguaglianze nell’accesso alle prestazioni è ormai un’emergenza ovunque. Sabato mattina 24 giugno, più di 60 associazioni, tra cui quelle della Campagna Sbilanciamoci, scendono in piazza a Roma insieme alla Cgil.
Sabato prossimo 24 giugno più di 60 associazioni e campagne (incluse le organizzazioni del personale sanitario e quelle dei malati) insieme alla Cgil scendono in piazza a Roma.
In corteo alle 10.00 da Piazza della Repubblica fino a Piazza del Popolo – per la difesa e il rilancio della sanità pubblica e del Servizio sanitario nazionale(per info: www.collettiva.it). Poco più di un anno fa tante campagne, associazioni e la Cgil hanno firmato un «patto di consultazione» che – insieme ad altre sigle – oltre alla manifestazione del 24 giugno ha messo in cantiere una grande manifestazione nazionale per il 30 settembre: «Insieme per la costituzione» per rivendicare i diritti del lavoro, della pace, dell’ambiente, del welfare, contro i progetti di autonomia differenziata e di trasformazione presidenzialistica del nostro ordinamento costituzionale.
La manifestazione del 24 affronta una vera e propria emergenza nazionale: quella della sanità pubblica. Abbiamo vissuto anni di de-finanziamento del sistema sanitario pubblico (meno 37miliardi di euro tra il 2010 e il 2019) e di crescenti privatizzazioni. Il privato si espande a dismisura. Per dirla con uno slogan: quando tutto sarà privato, saremo privati di tutto.
A questo vanno aggiunte le carenze drammatiche di personale e le diseguaglianze sanitarie tra nord e sud del paese. In Campania si vive tre anni in meno che in Trentino e dieci anni in meno in condizioni di buona salute. Il progetto dell’autonomia differenziata, rischia di accentuare drammaticamente questo processo, con 20 servizi sanitari diversi a seconda della ricchezza e degli investimenti delle regioni in strutture e personale. Un Servizio sanitario nazionale a geometria variabile, alla carta, che rende vano l’articolo 32 della Costituzione sul diritto alla salute per tutti i cittadini.
Il definanziamento della sanità pubblica continua nei prossimi anni. Il Def (Documento di economia e finanza) del governo Meloni prevede di passare dall’attuale 7% sul PIL nel 2022 al 6,6% nel 2023 al 6,3% nel 2024 e al 6,2% nel 2025. In termini assoluti la spesa sanitaria pubblica scenderà nel 2024 a 132.737 miliardi (-2,4% rispetto al 2023): in 4 anni la riduzione della spesa sanitaria sul PIL sarà del 11,4%. Questo a fronte di bisogni sanitari crescenti dovuti all’invecchiamento della popolazione e alla crescente necessità di servizi e interventi legati alla medicina preventiva e territoriale. Il collasso di molti pronti soccorsi degli ospedali è dovuto proprio alla gravissima carenza di presidi sul territorio. In altri paesi la situazione è radicalmente migliore: in Germania e in Gran Bretagna la spesa sanitaria sul PIL supera il 7%, in Francia l’8%.
Il Pnrr non risolve i problemi: non affronta la questione del personale e le strutture territoriali come le Case della comunità sono scatole vuote, che rischiano di essere riempite con gli studi privati di medici, dentisti, pediatri, psicologi. Quasi 10 milioni di italiani rinunciano a curarsi perché non hanno redditi sufficienti e chi si trova in condizioni di dover fare un’analisi o un esame urgente è comunque costretto a a ricorrere ad una struttura privata, per non entrare nelle liste d’attesa di mesi nelle strutture pubbliche.
Prendiamo il caso di Roma. In 20 anni i precari della sanità sono cresciuti dell’87% e il personale stabile è diminuito del 12%, i posti letto sono diminuiti del 24% e chi non è autosufficiente ha una aspettativa inferiore del 25% degli anni di vita. E quello che succede a Roma, accade in molte altre città italiane, soprattutto nel Mezzogiorno, dove i tassi di emigrazione sanitaria (il trasferimento in altri ospedali del centro nord per curarsi) sono altissimi.
È un’emergenza nazionale, dove però le regioni più ricche tenderanno ad aumentare le divergenze con il resto del paese. Le diseguaglianze cresceranno ancora di più. Dalla manifestazione può partire una grande mobilitazione capillare, una campagna nazionale che coinvolga le associazioni degli utenti, il sindacato, le campagne per la salute pubblica.
La Costituzione materiale e formale del paese viene messa sotto attacco sul diritto alla salute, ma anche sull’istruzione, sull’ambiente, sul lavoro e sulla pace dove viene meno il rispetto dell’art. 11, del ripudio della guerra, con la partecipazione – attraverso la fornitura delle armi – alla guerra in Ucraina. Questa alleanza tra Cgil e mondo associativo è dunque fondamentale. Una alleanza che mette insieme la rappresentanza del lavoro con la rappresentanza sociale di tante issues che coinvolgono la cittadinanza attiva, il rispetto dei diritti, la partecipazione protagonista di milioni di cittadine e di cittadine. Insieme per la Costituzione, per difenderla dagli attacchi del centro destra, ma anche per attuarla e rilanciarla – a 75 anni dal sua promulgazione – in nome della giustizia, della solidarietà della pace. Non per pochi, ma per tutti.