Il terribile conflitto armato in Ucraina è stato fin dal principio sfruttato per giustificare quello che nei fatti potrebbe diventare il più massiccio aumento di spesa militare globale degli ultimi 50 anni. Anche l’Italia mette a budget per il 2023 ben 26,5 miliardi di euro. Senza trasparenza sugli invii. Da il manifesto.
In queste ore la Camera ha iniziato la discussione finale (voto previsto a breve) sulla conversione del decreto-legge governativo di dicembre che proroga l’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore dell’Ucraina. Un dibattito che non dovrebbe portare novità di rilievo, non solo perché il voto al Senato ha già reso chiaro l’ampio consenso dietro questa norma ma soprattutto perché il governo Meloni ha deciso di allinearsi alle disposizioni già messe in pratica dall’esecutivo Draghi nei primi mesi di guerra. Bloccando il Parlamento in sterili discussioni generiche (più di posizionamento mediatico-politico) e privandolo di un vero ruolo di controllo, con il meccanismo di “secretazione” del decreto interministeriale che individua i sistemi d’arma da inviare a Kiev.
Per questo sono di sicuro più interessanti le diverse dichiarazioni del ministro della Difesa Crosetto sui dettagli di tale lista e in un altro senso – più di prospettiva – la presentazione delle linee programmatiche del suo dicastero davanti alle competenti Commissioni riunite, a partire da questo mercoledì. Poiché da tali linee potranno venire importanti indicazioni su come il cambiamento di scenario imposto dal conflitto in Ucraina verrà recepito per il futuro anche dalle Forze Armate e dal “sistema Difesa” del nostro Paese.
Va ricordato infatti come il terribile conflitto armato in Ucraina è stato fin dal principio sfruttato per giustificare quello che nei fatti potrebbe diventare il più massiccio aumento di spesa militare globale degli ultimi 50 anni. La Germania vuole arrivare a 100 miliardi annui, Macron vuole raddoppiare il budget militare francese dal suo insediamento, il Congresso USA ha appena votato un aumento annuo dell’8% (oltre 50 miliardi di dollari in più di quanto proposto da Biden), la Cina si è da tempo consolidata come secondo investitore armato mondiale. E anche l’Italia irrobustisce il suo percorso verso il fantomatico 2% del PIL, mettendo a budget per il 2023 ben 26,5 miliardi di euro complessivi.
In questo scenario è quasi persino ovvio che si continui ad insistere su una soluzione meramente militare della guerra in Ucraina (cosa ben lontana da una soluzione di Pace). E continua a risultare bizzarra la scelta italiana di non rivelare nel dettaglio le proprie forniture armate: decisione che apre peraltro la strada a possibili manipolazioni e “fake news”, come quelle recentemente diffuse dall’ambasciata russa a Roma. Visto il coinvolgimento ormai chiaro di tutto il blocco occidentale nelle operazioni militari ucraine è difficile sostenere l’utilità di omettere i dettagli: la consapevolezza di quanto si sta inviando aiuterebbe invece a capire che tipo di mosse successive si dovranno mettere in campo in termini di ripristino magazzini, strutturazione dello strumento militare, strategie e posture, scelte di procurement conseguenti. Ma forse è proprio questo l’obiettivo.