Aumentano ancora le spese militari mondiali (oltre 2.100 miliardi in un anno: record storico) mentre il mondo avrebbe bisogno di investimenti sociali, di lotta alle disuguaglianze, per l’ambiente e di lotta al cambiamento climatico.
“Ma se la spesa negli eserciti potesse veramente darci sicurezza non l’avremmo già raggiunta? Le capacità militari sempre maggiori e le politiche e i discorsi militaristi ci hanno portato solo a più devastazione umana ed ecologica”. Sono questi i punti centrali delle richieste della Campagna internazionale contro le spese militari (GCOMS) che in queste settimane celebra le proprie Giornate globali di mobilitazione, a cui aderiscono anche la campagna Sbilanciamoci e la Rete Italiana Pace e Disarmo: “Chiediamo che i governi riducano le loro spese militari e impegnino invece i fondi per la sicurezza comune e umana, investendo nei veri bisogni delle persone e del pianeta per costruire una pace giusta e sostenibile. Per darle una possibilità, dobbiamo dare fondi alla pace” si legge nell’appello internazionale della GCOMS
Invece i governi di tutto il mondo continuano ad aumentare le risorse per i propri eserciti, come evidenziato dai dati diffusi oggi dall’istituto SIPRI di Stoccolma. Nel 2021 la spesa militare mondiale ha superato per la prima volta la soglia dei duemila miliardi di dollari, raggiungendo il record storico di 2.113 miliardi: si tratta di una crescita dello 0,7% rispetto al 2020 e di un aumento del 12% in 10 anni. Gli effetti economici della pandemia Covid-19 non hanno fermato la continua tendenza al rialzo iniziata nel 2015. La spesa militare combinata dei primi 15 Paesi ha raggiunto i 1.717 miliardi di dollari nel 2021, rappresentando l’81 per del totale. Gli Stati Uniti (che rappresentano il 38 per cento della spesa militare mondiale nel 2021) e la Cina (14 per cento) rimangono di gran lunga i due maggiori investitori in armi ed eserciti, mentre la spesa complessiva dei 30 Paesi della NATO equivale al 55% del totale globale. L’Italia rimane all’undicesimo posto per spesa militare, con una crescita del 4,6% rispetto al 2020 (maggiore della media dell’Europa Occidentale con +3,1%). Una crescita testimoniata anche dai dati specifici per il nostro Paese elaborati dal’Osservatorio Mil€x, che ha già stimato i costi per il 2022: durante quest’anno verrà superato il muro dei 25 miliardi (25,82 in totale) con un aumento del 3,4% rispetto al 2021 e un balzo di quasi il 20% in 3 anni. Un miliardo in più verrà impiegato per l’acquisto di nuovi armamenti: 8,27 miliardi complessivi (record storico) in aumento del 13,8% rispetto all’anno scorso, con un salto del 73,6% negli ultimi tre anni(+3,512 miliardi rispetto ai 4,767 miliardi del 2019).
Ma tutto ciò sembra non bastare ai fautori della inefficace e falsa soluzione militare ai problemi del mondo: lo scorso marzo la Camera dei deputati ha infatti approvato (con pieno sostegno del Governo) un Ordine del giorno per arrivare ad un livello di spesa militare pari al 2% del PIL (indicazione NATO non vincolante). Un documento approvato a larga maggioranza, anche da Deputati che nella scorsa legislatura avevano aderito al gruppo dei “parlamentari per la pace” e che avevano promosso diverse iniziative per il disarmo.
Sbilanciamoci e Rete Italiana Pace e Disarmo ritengono questa tendenza una scelta sbagliata e strumentale, oltre che demagogica e propagandistica di fronte alla guerra drammatica in Ucraina. Una scelta, tra l’altro, generica, in cui non si tiene conto delle implicazioni della destinazione della spesa e delle scelte in ambito europeo, che al momento non prevedono la costituzione di un esercito comune e – soprattutto – non stanno costruendo una politica estera e di difesa condivisa. L’armonizzazione europea della difesa dovrebbe comportare una diminuzione della spesa (grazie al coordinamento delle strutture e all’eliminazione di inutili sovrapposizioni) non un suo aumento.
Papa Francesco ci ha più volte indicato la strada del disarmo come la bussola della pace. Le guerre hanno fallito in questi anni: in Afghanistan sono ritornati I talebani, nel Medio Oriente non c’è pace dopo due guerre all’Iraq, in Libia non c’è stabilità dopo l’intervento occidentale di oltre dieci anni fa, in Yemen continua la catastrofe umanitaria derivante da un conflitto alimentato con le nostre armi; e anche la guerra di Putin andrà incontro al fallimento, non prima di aver portato morte e distruzione. L’elemento comune di tutte queste tragedie è l’altissimo prezzo pagato dalle popolazioni civili, vittime e bersagli delle follie armate.
Nel mondo non ci sono poche armi: ce ne sono troppe. La guerra in Ucraina, le altre guerre ignorate e i rischi e le tensioni presenti in tutto il mondo non si fermeranno aumentando le spese per le armi, ma investendo in politiche di pace e di sicurezza comune e condivisa.
Non daremo mai il nostro consenso a chi si schiera per politiche di riarmo. Da molti sondaggi si rileva come la maggioranza degli italiani sia contraria all’aumento delle spese militari: chiediamo alla politica un maggiore ascolto di questa posizione. In tale senso vanno le seguenti proposte di Sbilanciamoci e Rete Italiana Pace e Disarmo, che puntano a spostare risorse da armi ed eserciti verso investimenti sociali e strumenti di pace:
- Moratoria almeno per un anno sull’acquisto di sistemi d’arma, per quanto non già concretizzato. Come già ricordato, nel 2022 sono previsti circa 8,2 miliardi complessivi per l’acquisizione di nuovi aerei, navi, blindati, sottomarini, droni, missili, munizionamento.
- Spostamento delle risorse risparmiate dall’acquisto di armamenti su welfare, scuola, sanità e in particolare sul rafforzamento delle iniziative umanitarie e di cooperazione a favore della popolazione ucraina e, in generale, di tutte le situazioni di bisogno nel mondo (pensiamo alle crisi in atto in Yemen, Siria, Afghanistan, Etiopia/Eritrea, Iraq, Africa subsahariana…)
- Costituzione e pieno finanziamento del Dipartimento della Difesa Civile non armata e Nonviolenta, mediante l’approvazione del progetto di legge promosso dalla campagna “Un’altra difesa è possibile”
- Completamento del progetto sperimentale dei Corpi Civili di Pace e rilancio di questa iniziativa, che va resa strutturale e istituzionalizzata (anche nell’ambito del Dipartimento DCNANV) mediante un finanziamento pluriennale molto più elevato dei primi 9 milioni ancora non interamente spesi
Per discutere queste proposte le nostre organizzazioni invitano i Parlamentari ad un confronto diretto, da definirsi nei prossimi giorni.