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Gli scambi commerciali e le tensioni est-ovest

Gli scambi commerciali nel 2021 segnano il passo per difficoltà legate al Covid e problemi logistici ma la bilancia commerciale del mondo pende sempre in favore della Cina. Peserà ancora di più ora che è in vigore il trattato Rcerp.

Introduzione

Gli scambi commerciali internazionali sono andati incontro negli ultimi tempi a diverse importanti difficoltà, dallo scoppio del Covid, ad alcuni rilevanti problemi logistici, in parte, ma solo in parte, da attribuire ancora al Covid. Bisogna fare poi riferimento alle tensioni politiche in atto tra alcuni paesi, in particolare tra Cina e Stati Uniti da una parte, tra la stessa Cina e l’India dall’altra; alla fine, le cifre mostrano risultati piuttosto riflessivi per il 2021 e di certo lontani come dinamica da quelli che si potevano registrare solo qualche anno fa.  

Può essere di un certo interesse, in tale quadro, cercare di fare il punto su alcuni aspetti recenti della questione per quanto riguarda la Cina, in relazione da una parte ai risultati appena pubblicati e relativi al 2021 per tale paese, dall’altra in particolare alla situazione di due grandi accordi commerciali che lo riguardano, il primo quello concluso a suo tempo con l’amministrazione Trump, il secondo, quello relativo all’Asia – il Rcerp – che è partito operativamente in questi giorni.

L’andamento della bilancia commerciale cinese

Bisogna intanto ricordare i risultati della bilancia commerciale cinese per il 2021. L’insieme dell’export-import del paese ha raggiunto nell’anno i 6,05 trilioni di dollari, con un incremento di circa il 30% rispetto all’anno precedente, almeno facendo i conti in dollari, mentre in yuan l’incremento risulta soltanto del 21,4% e questo in relazione alla rivalutazione della moneta cinese rispetto al dollaro nel corso dell’anno (Global Times, 2022). Il surplus commerciale complessivo è stato nell’anno pari a 676 miliardi di dollari, con un incremento del 26% rispetto all’anno precedente (Hale ed altri, 2022). Si tratta indubbiamente di risultati spettacolari, tenendo poi conto del difficile contesto in cui essi sono stati ottenuti. 

La decelerazione dell’incremento dei surplus nel corso degli ultimi mesi dell’anno – a dicembre la crescita dei livelli complessivi del commercio si è collocata “soltanto” a poco più del 20% – segnala che probabilmente nel 2022 la crescita dei valori rallenterà in qualche misura. Tanto più che le prime settimane del 2022 registrano le difficoltà e le chiusure di alcuni porti e di diverse fabbriche in relazione alla lotta contro il Covid. Gli ambienti economici internazionali appaiono in questo momento piuttosto preoccupati in proposito (Hille ed altri, 2022). 

Alla fine, comunque, per quanto riguarda il recente passato, il quadro appare molto netto e non può che registrare una fortissima spinta delle merci cinesi verso il resto del mondo, tra l’altro con un guadagno del paese del Dragone in termini di quote di mercato a livello globale nel periodo 2020-2021 di parecchi punti percentuali. 

Tale spinta appare causata dalla forte competitività dei prodotti cinesi, dalla ripresa mondiale verificatasi nell’anno (il Pil globale è cresciuto nel 2021 del 5,5%), nonché dall’abbondante liquidità immessa dalle banche centrali nel mercato, nonché dalla ripresa del suo apparato industriale che ha anticipato di parecchio quella degli altri paesi e dalla forte domanda specifica per alcune categorie di prodotti nei quali i cinesi hanno una quota di mercato preponderante, da quelli sanitari a quelli dell’elettronica di consumo.  

L’andamento dei commerci con Usa, India, Ue  

Per quanto riguarda le singole aree economiche, bisogna ricordare che nel 2021 il commercio tra la Cina e gli Stati Uniti è aumentato in valore del 28,7%, raggiungendo il livello di 755,6 miliardi di dollari. Il surplus commerciale del paese asiatico si è collocato al livello di 396,5 miliardi di dollari, di nuovo con un rilevante aumento rispetto all’anno precedente (Shen Widuo, 2022).   

Gli scambi commerciali tra la Cina e l’India hanno raggiunto, tra gennaio e novembre 2021, la cifra di 114 miliardi di dollari, con un incremento di ben il 46,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e con un surplus a favore della Cina di 61,5 miliardi di dollari, anch’esso in rilevante aumento (Sharma, 2022). Questo è accaduto nonostante le recenti tensioni politico-militari tra i due paesi, le campagne per il boicottaggio delle merci cinesi lanciate nel sub-continente indiano da varie organizzazioni, il bando messo dal governo su 260 App del paese vicino, i comportamenti intimidatori delle autorità verso alcune imprese sempre cinesi presenti anche con insediamenti produttivi sul territorio. 

Il tipo di prodotti scambiati tra i due paesi configura una classica situazione di subordinazione economica, con le esportazioni cinesi rappresentate in particolare da strumenti per le telecomunicazioni, computer, componenti elettronici, prodotti intermedi nel settore farmaceutico, mentre quelle indiane sono consistite in particolare in tessuti di cotone, minerali ferrosi, gemme, gioielleria (sostanzialmente come alcuni secoli fa).

Se veniamo poi all’Unione Europea lo scenario non cambia moltissimo. Come ci informa Eurostat, nei primi undici mesi del 2021 l’export della UE verso la Cina è aumentato dell’11.4%, passando dai 182,9 miliardi di euro del 2020 ai 203,6 del 2021, mentre l’import è invece salito di oltre il 20%, passando dai 351,3 miliardi ai 421,8; così il deficit commerciale dell’UE è salito dai 168,4 miliardi di euro del 2020 ai 218 miliardi del 2021, con un incremento in termini percentuali pari al 29,5%. 

I risultati dell’accordo commerciale Cina-Usa e l’avvio del Rcep

La fase uno dell’accordo commerciale tra Stati Uniti e Cina, stipulato a suo tempo sotto l’impulso di Trump, si è conclusa il 31 dicembre 2021.

Può essere utile a questo punto ricordare i risultati ad oggi di tale accordo (The Economist, 2022) e cercare di intravedere le prospettive del varo il primo gennaio del Rcep, il grande accordo commerciale asiatico. 

La Cina si era impegnata ad aumentare di 200 miliardi di dollari addizionali l’importazione di merci dagli Usa nel periodo 2020-2021 rispetto al livello del 2017, ma i risultati sono stati pari soltanto ad un decimo di tale obiettivo. I due paesi avevano parallelamente incrementato le tariffe doganali rispettive nei primi mesi del 2018, ma alla fine gli importatori statunitensi hanno sopportato il 90% del costo di quelle Usa nei confronti delle merci cinesi, senza traslarle nella sostanza sui consumatori del paese. Tali tariffe avrebbero dovuto incoraggiare le imprese statunitensi a riportare in patria gli insediamenti produttivi a suo tempo localizzati nel paese asiatico, ma questo non è avvenuto. D’altro canto, alcune parti dell’economia cinese, più legate alle esportazioni verso gli Stati Uniti, hanno visto, a causa delle tariffe, una sia pur modesta contrazione del Pil.

Il primo gennaio 2022 è partito operativamente il meccanismo del RCEP, l’accordo commerciale che include la Cina, il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia e i paesi dell’Asean, un passo molto importante verso una ancora più forte integrazione economica asiatica. A tale accordo non partecipa l’India, che non si è apparentemente sentita in grado di sopportare la forza commerciale cinese o ha semplicemente rifiutato per ragioni politiche. L’accordo, che vede la nascita della più vasta zona di libero scambio del mondo, prevede una riduzione progressiva delle tariffe doganali tra i vari paesi dell’accordo, riduzione che, iniziata nel gennaio di quest’anno, si completerà gradualmente nell’arco di 20 anni. 

La conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad) ha affermato che l’accordo dona forma al nuovo centro di gravità del commercio mondiale (Bouissou, 2020). L’accordo coinvolge circa un terzo della popolazione mondiale e il 30% del suo Pil utilizzando per calcolarlo il criterio dei prezzi di mercato, una percentuale ben più elevata considerando invece il criterio delle parità dei poteri di acquisto. Sebbene esso per il momento non comprenda tali temi, in futuro appare probabile che l’accordo si estenda ai problemi ambientali, a quelli del lavoro, degli interventi pubblici, nonché allo scambio dei dati (Chen Weihua, 2022).

Per altro verso, la Cina sta in qualche modo cercando di riorientare non solo gli sforzi commerciali ma anche gli investimenti diretti verso l’Asia e in particolare verso i paesi dell’Asean anche in relazione alle crescenti difficoltà politiche registrabili con i paesi occidentali. L’intervento cinese sta trasformando in profondità la regione (Pedroletti, 2022).

Incidentalmente, poi, Pechino sta incrementando parecchio negli ultimi tempi gli sforzi anche in direzione dei paesi del Golfo, di cui tra l’altro è diventato, nel 2020, il primo partner commerciale, soppiantando l’Unione Europea (Barthe, Lemaitre, 2022). Ricordiamo infine come nei giorni scorsi i rappresentati del paese asiatico e quelli dell’Iran hanno confermato l’inizio dell’attuazione dell’accordo globale bilaterale di cooperazione venticinquennale.

Testi citati nell’articolo

-Barthe B., Lemaitre F., Pékin renforce sa coopération commerciale et stratégique avec les pays du Golfe, Le Monde, 16-17 gennaio 2022  

-Bouissou J., En Asie, la naissance de la plus vaste zone de libre-échange du monde, Le Monde, 4 gennaio 2022

-Chen Weihua, RCEP helps deepen regional integration, www.chinadaily.com.cn, 6 gennaio 2022 

-Global Times, China exports and imports top $6 tln for the first time…, www.globaltimes.cn, 14 gennaio 2022

-Hale T. ed altri, China’s trade surplus hits annual record as export soar 30%, www.ft.com, 14 gennaio 2022

-Hille K. ed altri, China’s zero covid policy poses challenges for manufacturers and supply chains, www.ft.com, 16 gennaio 2022

-Pedroletti B., L’Asie du Sud-Est au coeur de la rivalité sino-americaine, Le Monde, 4 gennaio 2022 

-Sharma A., India-China trade surge muffles beating war drums, www.asiatimes.com, 6 gennaio 2022

-Shen Weiduo, China-Us trade soars by 28,7% in 2021 as phase 1 deal nears two-year mark, www.globaltimes.cn, 14 gennaio 2022

-The Economist, Lose-lose ordeal, 1 gennaio 2022