La lotta dell’umanità per l’energia, dalla scoperta del fuoco all’epopea del petrolio e oltre, nel libro “Prometeo a Fukushima” di Grazia Pagnotta per spiegare l’importanza della storia.
Franceschino, mio nipote di nove anni, ha cominciato lo studio della storia. Non è contento, gli sembra un’inutile perdita di tempo. Difficile convincerlo del contrario, che la storia non è noia e basta. Il fatto è che nella sua quarta elementare gli insegnano una storia che si dilunga sui Sumeri. Il corso del primo quadrimestre arriva al massimo agli Egizi e alle loro scomode piramidi. Oltretutto ai Sumeri, per restare al primo capitolo, è anche attribuita la colpa di aver inventato i caratteri cuneiformi, la scrittura. Difficile convincerlo dell’importanza della storia, ancor più della decisiva funzione della scrittura per tutto il resto che sarebbe seguito e segue adesso e seguirà, fino all’ultimo smartphone. Potremo mai “esortare Franceschino alle storie?” Ho fortissimi dubbi, ma si deve provare. Vorrei servirmi del libro di Grazia Pagnotta (d’ora in poi GP).
Abbiamo in mano qui un magnifico libro di storia dell’energia. Non la storia di re, papi, imperatori, di viaggi e conquiste, soprattutto di guerre ed eroiche battaglie. Importa sapere che all’inizio di tutto c’è stata la scoperta del fuoco, poi l’aratro, gli asini, i buoi, i cavalli, poi il mulino ad acqua, la Magna Carta, le caravelle di Colombo, le invenzioni di macchinari imprecisi, che a vederli adesso appaiono un po’ ridicoli, ma accolti allora prima con sospetto e poi con entusiasmo? Oppure è importante imparare a discutere di cosa si vede guardando fuori? Dove, date le premesse, andremo a finire? Difficile collegare smartphone all’elettricità, costruzioni Lego al petrolio. Nel nostro libro si trovano entrambe le soluzioni; persone e cose: tutto fa storia, a saperla raccontare.
La quarta elementare è magnifica perché lì ormai si sa tutto. Con certezza. I dubbi sorgeranno in seguito e anche troppo presto, con gravi attacchi alla vita tranquilla. I libri servono, per questo: per aumentare i dubbi e per risolverne qualcuno. E, sempre, per saperne un po’ di più.
La storia dell’energia, da Prometeo a Fukushima, tracciata da GP, si conclude, all’ultima pagina, con questa frase: ”Quanto alla terra, che ha miliardi di anni, essa invece potrà continuare a esistere anche senza la specie umana”. Un pensiero molto forte: indica in modo esplicito che tutta l’invenzione umana dell’energia, nelle sue varie forme, che ha accompagnato e spinto il progresso umano e la ricerca senza limiti di un miglior vivere ora si è capovolta e sta toccando la fine. A furia di nuove energie, l’umanità ha trovato, senza volerlo, come farla finita. Non per questo la natura – la terra – si scompaginerà più di tanto. Tutto continuerà come prima, con una lunga calda stagione che non vedremo. Forse dopo, molto dopo, tornerà il freddo, vissuto da altri esseri viventi che poco a poco si adatteranno. Il racconto di GP finisce dunque qui; in cento e cento pagine precedenti si sviluppa una precisa descrizione delle principali energie naturali e poi delle altre che via via hanno operato, forzate da mano umana: vincenti nel loro momento alto, tali da trasformare la vita e anche la natura nel mondo. Poi, ogni volta, il loro declino e il precipitare nel dimenticatoio delle energie usate in precedenza, travolte da altre energie più semplici, più facili, più comode, e soprattutto meno costose per la classe al comando.
Il testo rappresenta con un preciso racconto il lungo percorso del nostro affrancarci dalle fatiche, non solo, ma dalla miseria, dalla fame, dalle carestie, dai sacrifici che ci hanno, in vario modo, accompagnato per secoli e millenni; le energie sono state le compagne geniali, indispensabili, talvolta discrete, più spesso prepotenti che ci hanno consentito di sopravvivere, di andare avanti: pazienti o impazienti secondo i secoli e i ritrovamenti successivi. Ci viene spiegato della loro origine, della crescita, dell’uso in ordine alla liberazione dell’umanità dalla fatica del lavoro e all’offerta di tempo libero, di spazio percorribile per tutti, di case più accoglienti, viaggi, commerci, traffici, grandi città, maggiore benessere: per tutti o quasi tutti, o qualcuno. E il desiderio di saperne di più, di sperimentare, di cercare.
L’era attuale, la nostra, quella degli ultimi due o tre secoli – in termini di tempi è un piccolo tratto, quasi un battere di ciglia – ed è quella dell’energia elettrica, del trinomio carbone-petrolio-gas, del nucleare, delle energie rinnovabili. Alcuni studiosi a loro modo ottimisti, addirittura patriottici dicono: abbiamo trovato un mondo intero, coperto, segreto, ora sappiamo anche farlo a pezzi. Si è coniato il termine di antropocene: per dire che siamo capaci e intelligenti al punto di distruggere tutto il creato. Per dirla altrimenti: ci avviciniamo al baratro, ma attenti! che se si cambiasse la direzione, forse potremmo salvare la scena, rimandare la fine di chissà quanto, forse milioni di anni. Diversi i passi della storia: i resoconti dell’invenzione del carbone, di quelle del petrolio, del gas, della forza atomica, delle rinnovabili, offrono, a noi lettori sgomenti, materiali assai utili, precisi, documentati. La storia è quella del nostro tempo, guidata dalla ricerca di energie sempre più forti, più agili, più scientifiche, più adatte a farci vivere meglio e anche capaci di portarci verso il lungo futuro. Que sera sera, diceva la canzone. Si vuole suggerire a chi legge momenti di riflessione sulla lotta per l’energia che l’umanità ha ingaggiato: il capitolo del petrolio, decisivo per i trasporti e per le merci con cui viviamo, e che ha caratterizzato la fine del secolo scorso. Il capitolo del nuovo millennio e i suoi pericoli, le alternative rischiose. Fukushima, e tutto il resto. Tutto riassunto in tre storie: disastro nucleare, petrolio in mare, dighe troppo grandi: prove finite male. Sono tre storie di civiltà e del contrario, di tentativi e di multipli errori e rimedi. Tre storie, ben spiegate, in fretta, ma con ricerca attenta, documentata; e nessun preconcetto. Anche Franceschino – ne sono sicuro, chiederà dell’altro.
Il capitolo del secolo scorso è l’epopea del petrolio. Molto difficile uscire dal tempo del carbone. GP presenta la nascita del nuovo mondo con precisione e distacco. Si tratta di vicende che hanno sconvolto non solo la storia dell’energia, ma l’assetto politico e sociale del pianeta nel corso di mezzo secolo. Allora pensavamo che fosse la parola fine: The End, come al cinema. Ma un seguito è già previsto. Una storia di economia e di conquista, scienza e superstizione, imbroglio, strategia, coraggio. In dieci anni, in varie fasi, dai primi anni Sessanta, i paesi produttori, o per meglio dire: i paesi nei cui confini, sottoterra, vi era petrolio, hanno stabilito che il greggio era loro e non delle compagnie occidentali europee o americane che praticavano gli scavi e che prima decidevano tutto e provocavano le guerre e dettavano le favorevoli paci. Il prezzo del petrolio così ha avuto un andamento altalenante, costringendo i paesi compratori-consumatori a difficili contromosse. Trattare con i potentati locali, per accedere al nuovo sistema alle migliori condizioni, oppure difendere le compagnie petrolifere considerate loro fondamentale interesse nazionale, con vere minacce o rumore di sciabole? Due guerre tra Paesi arabi e Israele, varie interruzioni nelle forniture di petrolio, la nascita di alleanze tra stati produttori, come l’Opec, il susseguirsi di blocchi e proibizioni, ricerca e ritrovamento di petrolio per ogni dove, dati i nuovi prezzi, altri blocchi, e, nello stesso tempo, l’avvento del “tutto dal petrolio” come regola economica, civiltà generale.
Arriva un nuovo millennio e il tema dell’energia si complica. GP ci propone tre brevi squarci sul nostro presente: in poche pagine ci mostra gli inconvenienti e i pericoli di un’energia che non sappiamo controllare. Il petrolio è cercato in fondo all’oceano. Quando il fondo del mare è troppo lontano, migliaia di metri, si usano piattaforme galleggianti; Deepwater Horizon di proprietà della compagnia di perforazione Transocean era stata trainata dal cantiere coreano fino al Golfo del Messico in un tragitto di mesi, per raggiungere un giacimento in concessione alla multinazionale BP. Il 10 aprile 2010 la piattaforma s’incendia e si rovescia in mare per la rottura di un tappo di cemento forzato dalla pressione del gas. L’incidente provoca undici vittime e la fuoriuscita di 4.900.000 barili di greggio “con gravi conseguenze sugli ecosistemi marini e costieri (… ) Soltanto in luglio i tecnici riuscirono a posizionare il tappo bloccando la fuoriuscita e in settembre a sigillarlo definitivamente”. È il maggior sversamento della storia del petrolio. Una commissione d’inchiesta e un processo mostrarono gli errori “di BP e dei suoi partner”. Furono allora stabilite regole per la gestione dei pozzi di perforazione. La storica GP, d’altro canto, sottolinea che nel solo Golfo del Messico dei 27.000 pozzi abbandonati “una parte significativa non ha avuto gli accertamenti sull’invecchiamento dei materiali impiegati per le sigillature”. Si sfrutta la terra, si devasta il mare e poi si va via. Rimettere le cose a posto costa troppo. I 27.000 pozzi abbandonati alla tempesta fanno anch’essi parte della nostra storia di automobilisti.
Un altro caso simbolico è quello di Fukushima, che dà il titolo al racconto di GP. Il Giappone nel 2010 era secondo tra i produttori di energia nucleare, alla pari della Francia, una metà degli Usa. L’11 marzo del 2011 alle 14.46 si verificò un tremendo maremoto al largo delle coste del Nord-Est dell’arcipelago giapponese “con onde di 15 metri” (epicentro a 180 chilometri dalla costa e forza nove); insomma nei pressi (in termini oceanici) delle isole giapponesi. In quella zona, sul mare, vi erano quattro centrali nucleari, con undici reattori. Uno di questi Fukushima Daiichi ricevette l’urto dell’onda quaranta minuti dopo il sisma e poi un altro “dopo altri otto minuti”. Per dirla in termini apprezzabili da ciascuno di noi profani l’onda alta 15 metri aveva una velocità prossima ai trecento chilometri all’ora. “La centrale di Fukushima Daiichi risultò resistente al sisma come le altre, ma vulnerabile all’onda”. Qui GP offre un racconto delle concitate fasi della lotta dell’onda anomala sismica, ripetuta contro la centrale e i suoi difensori. Un racconto da film.
Un altro tema finale di GP è quello delle grandi dighe. Esse hanno rappresentato un modello di modernizzazione di ogni paese attraversato dal fiume che veniva sbarrato e utilizzato con un successivo salto per produrre energia elettrica. La modernizzazione e la conquista dell’elettricità a poco prezzo era in contrasto con le popolazioni a valle dell’invaso che ricevevano un flusso idrico deteriorato e in molti casi dovevano emigrare avendo perso terre e case. GP offre un quadro dei casi più eclatanti. Per esempio ci ricorda il movimento per la salvezza del fiume Narmada in India dalle montagne dell’India centrale fino all’Oceano indiano; il progetto prevedeva la costruzione di 3.165 sbarramenti di cui 30 grandi e 135 medi. La sollevazione popolare fu tale da ottenere il ritiro della Banca Mondiale che aveva scelto di finanziare l’opera. Un altro caso emblematico è quello della Diga di Assuan, sul Nilo, costruita tra 1961 e 1971. Un risultato, tra gli altri, fu di trasformare l’agricoltura del paese, la più famosa del mondo, vecchia di quattromila anni. I campi furono privati di concime naturale le consuete inondazioni essendo ormai impedite, l’acqua regolata, il limo spinto via, fino al Mediterraneo, danneggiando la pesca e trasformando la natura del Delta. Per le coltivazioni si usarono, nei decenni seguenti e ancor oggi, fertilizzanti chimici. Il Colorado, infine il grande fiume americano pieno di avventure e di leggende, con le sue 15 dighe novecentesche, in quarant’anni triplicò il contenuto salino delle sue acque. Il caso clamoroso degli ultimi anni fu la Diga al fiume delle tre Gole. Nacque una nuova natura, trasudante elettricità e industrie; 900.000 furono le persone deportate.
Prometeo a Fukushima Storia dell’energia dall’antichità ad oggi, di Grazia Pagnotta (Piccola Biblioteca Einaudi Mappe pagine 483)