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Sbilibri, arriva “Come minimo”

Da strumento di liberazione dal lavoro a possibile mezzo di sostegno del lavoro. Tra crisi del lavoro e crisi del welfare, il dibattito sul reddito minimo è quanto mai attuale. Per capirne le coordinate e i possibili punti di caduta, arriva “Come minimo”, l’ebook che raccoglie gli interventi pubblicati negli ultimi mesi sul nostro sito

Disoccupazione, sottoccupazione, inoccupazione da scoraggiamento; e, parallelamente, compressione dei salari, aumento delle diseguaglianze di reddito e ricchezza, working poor. A cinque anni dall’inizio della grande crisi, il tema del lavoro è ritornato ad essere una questione centrale nel dibattito pubblico. Travolto da una crisi che ormai difficilmente può essere considerata congiunturale e che mostra invece connotati strutturali, il lavoro è diventato, e rischia di essere sempre più l’unica variabile dipendente alla quale è legato l’aggiustamento degli squilibri che conseguono ai contraddittori processi di crescita. La riduzione del valore del lavoro è quantitativa e qualitativa e cade al termine di una lunga fase di polarizzazione della distribuzione dei redditi, che ha favorito profitti e rendite; l’aumento delle diseguaglianze che ha preceduto la crisi e poi ne ha accompagnato l’evoluzione non può che acutizzarsi prefigurando in questo modo un modello di società più insicura tanto economicamente quanto socialmente, per l’estendersi di quanti possono disporre solo di reddito bassi e/o discontinui: una fascia crescente della società, che è trasversale a tutti i livelli di età ma è maggioranza nelle generazioni più giovani.

Parallelamente, l’estrema frammentarietà del nostro sistema di welfare lascia questa parte del mondo del lavoro del tutto scoperto di garanzie e tutele dai rischi del mercato e della vita: disoccupazione, malattie, gravidanze, invalidità, vecchiaia.

La discussione sul reddito minimo si pone esattamente all’incrocio di queste due grandi crisi: del lavoro e del welfare. È a partire da questa consapevolezza, che la redazione di sbilanciamoci.info ha colto l’occasione della presentazione della legge di iniziativa popolare sul reddito minimo garantito, nell’aprile scorso, per aprire una discussione ampia e approfondita. Quello che oggi vi presentiamo, in questo e-book, è una sistematizzazione di questo dibattito insieme a un primo tentativo di sintesi, corredato, nelle appendici finali, dai documenti disponibili: le due proposte di legge ad oggi depositate (quella depositata da 170 tra associazioni, movimenti e partiti, tra cui Sel, e quella presentata dal Partito democratico) che integreremo, non appena verrà depositata, con quella annunciata dal Movimento 5 Stelle.

Quello del “reddito minimo” non è certo un tema nuovo, ma in questi anni di crisi, la sua riemersione ha cambiato di segno, trasformandolo da potenziale strumento di liberazione dal lavoro a possibile mezzo di sostegno del lavoro. Il rapporto che istituzionalmente deve sussistere tra lavoro e reddito è stato perciò il nucleo centrale del dibattito, ma sulla relazione di causalità che deve connetterli sono emerse due posizioni. In estrema sintesi, quella di chi dà la priorità al lavoro di cittadinanza e quella di chi privilegia il reddito di cittadinanza. E, connesso alle due posizioni, ma più frequentemente sottolineato dai critici del reddito di cittadinanza, il tema della sostenibilità finanziaria, particolarmente sentito in tempi di crisi e tagli al welfare.

Il “lavoro per un reddito” e il “reddito per un lavoro” si sono presentate nel dibattito come due opzioni nettamente contrapposte. La prima, che subordina il reddito al lavoro promuovendo l’aumento dell’occupazione con “piani del lavoro”; la seconda, che subordina il lavoro al reddito e mira a una redistribuzione delle ore lavorate attraverso la riduzione degli orari di lavoro, integrando il minore reddito con un reddito di base. Si tratta evidentemente di due differenze di fondo rilevanti, che affondano le loro radici nelle differenti culture storiche e politiche novecentesche. La sfida che, come sbilanciamoci.info, abbiamo voluto cogliere nell’aprire questa discussione è stata perciò proprio quella di tracciare un possibile percorso di convergenza e complementarietà tra le due opzioni. Convergenza e complementarietà che – nel percorso tracciato da Claudio Gnesutta, nella sua sintesi conclusiva – potrebbero trovare un punto di caduta nella formula “redistribuzione del lavoro più reddito di base”, attraverso uno sviluppo dei contratti di lavoro a tempo ridotto, una regolamentazione sindacale di tali contratti, e la previsione di garanzie di reddito in grado di prefigurare un futuro reddito di base.

Come scrive ancora Claudio Gnesutta nelle sue note di sintesi, “le proposte emerse dal dibattito possono sembrare ‘esili’ e ‘astratte’, ma forse appaiono così perché si confrontano con i ‘forti’ e ‘concreti’ obiettivi assunti come ineludibili dall’attuale classe dirigente”. Considerate le prospettive sociali imposte dall’agenda sempre più preoccupante dettata dalla produzione globale, è evidente come la formulazione di una “politica del lavoro”, e non del “mercato del lavoro”, si pone a un livello strategico per il nostro futuro. Come rendere questa prospettiva “politicamente accettabile” è il lavoro che ancora ci aspetta, perché, per concludere con le parole di Chiara Saraceno, “il vero nodo è quello di trasformare nei fatti il diritto all’esistenza in un diritto inalienabile e non a disposizione dei governanti di turno”, e se ciò non accade è per “la difficoltà politico-culturale a percepire il diritto alla sussistenza come un diritto umano e di cittadinanza fondamentale”.

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