Dai sumeri al nuovo secolo cinese passando per la Compagnia delle Indie, la breve storia del mondo nel libro di Vincenzo Comito è la storia di tante globalizzazioni.
La breve storia del mondo tracciata da Vincenzo Comito suggerisce ai lettori uno forzo analogo, di letture e di riflessioni. Ciascuno ha un proprio bagaglio di conocenze e farà confronti e troverà spiegazioni e nuovi percorsi di letture e suggerimenti. La scrittura precisa e ordinata del nostro autore aiuterà a saperne di più, semplicemente, a riflettere sulla nostra storia confusa e alle sue incoerenze, a prima vista.
Lo scritto si compone di un’introduzione, ampia se si tiene conto della stringatezza dei capitoli, in cui l’autore sente il bisogno di condividere la convinzione di altri autori rinomati che il mondo non finisca con il superimpero del capitale americano. Ma affronti un’altra svolta, già delineata, già vissuta in passatodel passaggio dei poteri; una svolta avvenuta spesso in passato, chiara a tutti coloro che la vogliano vedere, senza fumo negli occhi. Dopo gli Usa, adesso tocca alla Cina, con l’India di rincalzo, guidare il mondo verso obiettivi ancora indefinibili ai più, ma dominati dale nuove tecnologie. Cina e India, grandi imperi economici per millenni nel passato, sono state travolte dall’impetuoso sviluppo, tecnico e macchinistico, ma soprattutto commerciale e poi finanziario dell’Europa, allargata agli Stati uniti. Ora, piaccia o meno l’esito probabile, si svolge il secondo tempo di quella partita.
All’introduzione seguono otto capitoli, brevi o brevissimi di andare e venire – flussi e riflussi – delle civiltà su altrettante epoche di decisive globalizzazioni nella storia, storia commerciale, storia in prevalenza finanziaria, storia di aggressioni dei popoli deboli e finite in schiavitù – talora bonaria, sempre oppressiva e ineguale – per gli sconfitti. Ogni epoca non sparisce del tutto, ma lascia un sedimento, più o meno palese, del proprio ruolo, della propria storia. Si parla dei Sumeri, al centro culturale ed economico di quello che era stato – sarebbe stato evocato come il triangolo di terra fertile, tra i mari più antichi, all’origine dell’agricoltura umana. Tutto o quasi tutto quello che si conserva (val la pena di conservare) come civiltà umana sarebbe passato al settaccio in quel triangolo d’oro. Si parla della prima rete di scambi nel Mediterraneo, da un etremo all’altro, tra Egitto e Turchia; si parla del crudele Impero Romano e della sua capacità di cambiare di continuo per resistere e resistere, per resistere ancora, dando a tutti (quasi a tutti) nell’impero la cittadinanza romana e chiedendo però a tutti i sottoposti, ormai cives romani di lottare e di morire – e pagare – per Roma. Poi col giro dell’anno mille, il nuovo secolo con i nuovi protagonisti, nuovi talenti arabi emersi in Medioriente e in parte minore altri, pervenuti dall’estremo Nord normanno, con traffici e scorrerie, con nuovi prodotti, con nuovo commercio, nuove filosofie, altre religioni e crociate per imparare; ma quel che più conterà in futuro, sarà una nuova scienza; saranno nuovi numeri.
Ma non è finita. In un breve capitolo, sei pagine in tutto, si parla del miracolo italiano – uno dei troppi – Genova di qua, Venezia di là, due città – stato che imparano tutto quel che c’è, nel gran lago Mediterraneo, sanno rifare tutto; e rinascono così la finanza e la banca d’affari, – e cambiale e pagherò – e tornano le merci che vengono da lontano, da paesi fatati. E c’è la bella Porzia, che inventa (per amore) la legge del mare e mette a tacere Shylock, il mercante di Venezia che non ha capito che le leggi, comprese quella dei commerci, sono sempre e solo quelle dei più forti.
Il mondo si sposta ancora: ora i traffici riguardano soprattutto “l’oro, l’argento, gli schiavi, l’America, l’Europa, la Cina, l’India” … Gran programma, scambi decisivi: è l’inizio della conquista del mondo – di tutto il mondo – da parte degli stati europei con la propaggine Usa. D’accordo tra loro, ancora più spesso in dissidio, purché non venga mai in dubbio a nessuno il primato dell’uomo bianco, gli stati dell’Europa si impadroniscono di tutto il resto del mondo. È “la globalizzazione, bellezza”, globalizzazione allo stato puro, senza se e senza ma. Cinque pagine per dire l’essenza di tutto, nel nostro libro.
Si arriva alla fine. Il mondo è conquistato nel corso della globalizzazione dell’Ottocento – ma questo processo – ogni processo, secondo i marxisti – contiene dentro di sé i principi che lo dissolvono, a meno che… – In questo caso il principio antagonista è rappresentato dal capitale privato, presente nelle compagnie come la Compagnia delle Indie inglese. Le compagnie non si accontentano di mercati, esclusive, monopoli; vogliono tutto: così fanno due guerre alla Cina per imporre l’oppio che i governanti cinesi, quali che siano allora, hanno deciso di proibire. La Cina viene piegata e conquistata e poi spartita dai commerci europei: è il tempo delle “concessioni”. Dura qualche decennio, ma i cinesi lo ricorderanno come una vergogna perenne.
Nell’ottavo capitolo l’Europa, portatrice delle tecniche e del lavoro tayloristico adesso è davvero padrona del mondo. Occorreranno un paio di guerre per spartirsi il mondo, diviso ormai in colonie e protettorati e miniere e lavoratori sottopagati e in miseria. Naturalmente, i giochi non sono mai conclusi, come sappiamo assai bene. Le guerre, le paci, i trattati finali sono in corso. Il mondo è sempre in procinto di essere ridiviso.
Il testo si conclude con tre brevi controcanti. Si parla di futuro. Il futuro è innovazione, gestione finanziaria, produzione agricola differente. L’innovazione è il nuovo, innocuo campo di battaglia. Scuola, scienza, tecniche, comunicazione sono i territori nei quali i paesi potenti si affrontano e si superano, assicurandosi anni e decenni di extraforza, ma gli altri non sono automaticamente esclusi e possono raggiungere risultati imprevedibili, purché agicano con buon senso e sappiano sviluppare le capacità dei singoli ricercatori, sappiano utilizzare per il meglio il risparmio pubblico, sacrificando semmai i consumi diversi. La gestione finanziaria è una deformazione studiata nel confronto tra Italia e Germania. Paesi entrambi in ritardo e in pratica e sclusi dalle maggiori conquiste coloniali degli altri stati europei, non sanno far altro che rivalersi sui propri concittadini più poveri, facendoli combattere, espatriare, lavorare sottopagati. I banchieri tedeschi insegnano ai novelli italiani come si fa, nel caso della famosa Banca Commerciale. Il terzo tema, con un’ulteriore appendice sui lieviti, descrive la transizione e l’intreccio delle produzioni agricole da un continente all’altro. Cose note ma sorprendenti, ogni volta. Si parla anche di fiori. Sapevate che il fiore dei fiori, la rosa, arriva dalla Cina?
Vincenzo Comito, La globalizzazione degli antichi e dei moderni, manifestolibri, pagine 125. 15 euro