Il 3 luglio di 25 anni fa moriva Alex Langer. E’ stato nel corso della sua vita tante cose: attivista per la convivenza inter-etnica in Sud Tirolo, esponente politico prima con Lotta Continua e poi con i Verdi, parlamentare europeo, ecologista e pacifista. E’ stato sempre predisposto al dialogo, al confronto tra punti di vista […]
Il 3 luglio di 25 anni fa moriva Alex Langer.
E’ stato nel corso della sua vita tante cose: attivista per la convivenza inter-etnica in Sud Tirolo, esponente politico prima con Lotta Continua e poi con i Verdi, parlamentare europeo, ecologista e pacifista. E’ stato sempre predisposto al dialogo, al confronto tra punti di vista diversi, alla costruzione di ponti.
In gioventù l’ho conosciuto (era la seconda metà degli anni ’70) come insegnante di storia e filosofia nella mia scuola ed era in quel periodo anche direttore del quotidiano Lotta Continua. In quegli anni le nostre strade erano separate, in alcuni casi contrapposte. L’ho poi incontrato nuovamente negli anni ’90 nella lunga stagione delle guerre jugoslave. La prima volta, nella carovana pacifista da Trieste a Sarajevo (settembre 1991), poi nelle iniziative di dialogo del Verona Forum (da lui creato) tra le diverse forze non nazionaliste delle nuove repubbliche della ex Jugoslavia, dell’Associazione per la pace e del Consorzio Italiano di Solidarietà. E ancora, nei forum della società civile a Tuzla (città che lui aveva in qualche modo “adottato” come simbolo della convivenza multietnica) in Bosnia, anche con la Helsinki Citizens Assembly.
Erano anni complicati, anche per i pacifisti, a confronto con guerre diverse da quelle del passato: non più guerre “facili” da interpretare, ma conflitti interni, nazionalisti in cui amici e nemici si mescolavano. Avemmo con lui molti elementi di condivisione, ma anche di diversità. Tra gli elementi di condivisione la scelta del “pacifismo concreto” con tante azioni e iniziative: la solidarietà, l’azione nonviolenta, il sostegno alle forze anti-nazionaliste, ecc. Tra le diversità, la sua incertezza, in alcuni casi ondivaga (che però era anche di molti altri ed era per certi versi naturale) di fronte all’uso della forza e del ricorso all’intervento armato nel conflitto bosniaco.
Alex Langer sapeva innovare, “gettare la palla avanti”, anche provocare. Alcune di queste provocazioni non furono per molti di noi condivisibili (come quelle sull’aborto e i verdi “conservatori”), mentre altre furono invece feconde, come quelle espresse nella lettera a San Cristoforo e nel saggio sulla conversione ecologica. Il suo invito a ribaltare il motto olimpico citius, fortius, altius in lentius, suavius, profondius è ancora di grande attualità. E oggi molte delle sue premonizioni sul modello di sviluppo, la necessità della riconversione ecologica dell’economia, del radicale ripensamento di consumi e produzioni si stanno avverando.
L’ultima volta lo sentii al telefono alla fine di giugno del 1995 per chiedergli un articolo (fu l’ultimo pubblicato) sull’Europa e la guerra in Jugoslavia per La terra vista dalla luna di Goffredo Fofi. Mentre ci parlavo (era a Bruxelles) faceva contemporaneamente altre cose, parlava su un’altra linea telefonica, dava indicazioni ad una sua collega per una iniziativa, rispondeva ad un assistente. E mangiava un panino. Non era segno di maleducazione, né ostentazione del suo impegno. Era stata così la sua vita negli ultimi anni, sopraffatta dai troppi pesi che si portava sulle spalle, ma anche dalla delusione della politica che aveva frequentato e dalla guerra senza fine in ex Jugoslavia. In continuo affanno, con il senso della impotenza, dei limiti delle sue forze, dell’urgenza mai soddisfatta delle cose da fare, sopraffatto dal mondo e dalle sue tragedie. Fino al suicidio del 3 luglio 1995.