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La montagna cinese e i dazi di Trump

La Cina insidia il primato tecnologico Usa, senza investire in armi. I dazi di Trump e il nervosismo sull’affare Qualcomm sembrano annunciare una guerra commerciale con Pechino.

                     “…non è copiato dalla Cina, è copiato alla Cina…”

                      Jean Liu, amministratore delegato di Didi Chunxing

 

premessa

Nelle scorse settimane prima il CFIUS, l’organismo statunitense responsabile del controllo degli investimenti esteri nel paese, poi lo stesso Trump, hanno bloccato l’acquisizione da parte della Broadcomm (che ha la proprietà a Singapore, ma le basi operative negli Stati Uniti) della statunitense Qualcomm, una eventuale acquisizione che avrebbe avuto delle dimensioni enormi come prezzo, intorno ai 140 miliardi di dollari. Ambedue le imprese operano da protagoniste nel settore chiave dei componenti elettronici.

Il freno all’accordo è stato posto perché l’ acquisizione avrebbe potuto, secondo le autorità, ridurre le risorse finanziarie dedicate dalla stessa Qualcomm alla ricerca avanzata e quindi avrebbe potuto favorire i rivali cinesi, in particolare per quanto riguarda la messa a punto della nuova tecnologia ad alta velocità wireless, meglio conosciuta come 5G (Kang, Rappeport, 2018).

La notizia indica quanto si stia diffondendo negli Stati Uniti il parossismo anti-cinese e in particolare la paura che il paese asiatico arrivi presto a sopravanzare gli Stati Uniti nel settore tecnologico.

Questo episodio estremo segue il blocco nell’ultimo periodo, sempre da parte del CFIUS, di una serie ormai nutrita di potenziali acquisizioni di imprese Usa da parte del capitale cinese; il tema appare di grande attualità vista la posta in gioco del dominio tecnologico ed economico del mondo nei prossimi decenni.

Tra l’altro, le nuove dichiarazioni di Trump relative ai dazi per l’acciaio e l’alluminio sembrano essere una semplice introduzione alla prossima guerra commerciale alla Cina che lo stesso presidente Usa sembra intenzionato a varare molto presto. Ci sono già i primi segni. In altre parole, gli Stati Uniti non vogliono in alcun modo rassegnarsi alla messa in discussione del loro primato economico e tecnologico. Speriamo peraltro che la contesa si mantenga a livello pacifico.

Naturalmente, intanto, l’Europa, mentre sembra subire anch’essa l’ira di Trump sul piano degli scambi commerciali, è sostanzialmente esclusa dal gioco tecnologico e obbligata a fare da semplice spettatrice passiva degli eventi in atto.

Alcuni indicatori di base

Per mettere in rilievo i grandi passi in avanti compiuti negli ultimi anni dalla Cina, appare opportuno individuare intanto alcuni indicatori.

Così, per quanto riguarda le richieste di patenti fatte nel 2016, secondo le cifre rilasciate dall’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (WIPO) su di un totale di 3.128.000 richieste registrate a livello mondiale, il 42,8%, pari a 1.338.000 richieste, è stato fatto da soggetti cinesi e il 19,4%, pari a 607.000, da soggetti statunitensi. E la differenza tra i due paesi tende ad aumentare nel tempo.

Per quanto riguarda le pubblicazioni scientifiche, secondo la Fondazione nazionale per la scienza degli Stati Uniti (USNSF), sempre nel 2016 per la prima volta quelle cinesi hanno superato quelle statunitensi: 426.000 contro 409.000.

Infine, le spese per la ricerca e sviluppo nel 2016, calcolate secondo il criterio della parità dei poteri di acquisto e pubblicate dall’R&D Magazine, sono state di 514 miliardi di dollari per gli Stati Uniti (il 26,4% del totale mondiale) e di circa 400 per la Cina (il 20,4% del totale mondiale). Vista la più forte dinamica di crescita di tale spesa nel tempo nel caso del paese asiatico, si può valutare che esso raggiungerà l’ammontare di spesa degli Stati Uniti intorno al 2025.

Punti di forza e di debolezza

In relazione a molti fattori, la crescita del know-how tecnologico cinese appare certamente diseguale da settore a settore, con delle punte avanzate da una parte, delle difficoltà e dei ritardi in altre.

Così, tra le prime si possono segnalare la messa in orbita recente del primo satellite al mondo per comunicazioni di tipo quantistico, la costruzione del più potente supercomputer del mondo ed anche del secondo in classifica, la avvenuta messa in funzione del più grande radiotelescopio esistente al mondo e ora la collaborazione decisiva da parte cinese alla costruzione da parte della comunità scientifica mondiale (esclusi gli Stati Uniti) di uno più potente.

Tra le seconde si possono invece indicare la ancora relativa arretratezza nel campo della componentistica elettronica avanzata, nonché quella nel comparto dell’aviazione civile, dove solo nel 2019 dovrebbe entrare in esercizio il primo aereo monocorridoio con capacità sino a 150 posti prodotto dall’industria nazionale, mentre bisognerà aspettare una decina di anni per uno più grande, bicorridoio, che è ora nella prime fasi di sviluppo insieme ai tecnici russi. Ritardi rilevanti si possono ancora segnalare nel campo del software.

A livello di imprese, si può infine ricordare che quelle tecnologiche cinesi, al contrario di quelle Usa, hanno solo da poco cominciato ad impegnare risorse rilevanti nei processi di internazionalizzazione e quindi esse sono ancora indietro su tale fronte.

L’intelligenza artificiale

Da quando si è cominciato a parlare di intelligenza artificiale, molti decenni fa, il campo è stato tradizionalmente e fortemente dominato dagli Stati Uniti, come sottolinea, tra l’altro, un articolo apparso sul Financial Times (Wooldridge, 2018). La prima conferenza sul tema, tenutasi nel 1980, vedeva la gran parte dei contributi presentati da scienziati statunitensi, con una modesta presenza europea e un solo contributo di un istituto cinese. Alla conferenza del 2018 tenuta a New Orleans nel febbraio di quest’anno, invece, gli studiosi cinesi hanno presentato il 25% di studi in più rispetto a quelli statunitensi.

Tra i vantaggi cinesi nel settore ci sono le economie di scala; i programmi di IA hanno bisogno di grandi quantità di dati e con una popolazione che è più grande di quella degli Stati Uniti e dell’Europa messe assieme la Cina ha un vantaggio naturale. In ogni caso le grandi imprese cinesi stanno ora investendo fortemente nel settore e quasi tutti pensano che entro pochi anni la Cina vi sarà la potenza dominante.

Un altro indice della forte crescita cinese è rappresentato dal fatto che nel 2017 circa la metà degli investimenti in start up nel settore a livello mondiale si collocavano in Cina (Lucas, 2018).

Questo senza peraltro dimenticare che, per il momento, gli Stati Uniti mantengono un rilevante primato.

Settori vari

Le vendite nel settore del commercio elettronico sono oggi in Cina da due a tre volte superiori a quelle statunitensi, mentre quello dei pagamenti elettronici cinese è più grande di almeno dieci volte rispetto a quello statunitense. La Cina è il primo mercato e il primo produttore di robot industriali, anche se gli Stati Uniti mantengono un vantaggio nel comparto del software relativo; il paese asiatico è anche di gran lunga il primo produttore di droni.

La Cina appariva sino a qualche tempo fa piuttosto indietro nelle tecnologie spaziali. Ma nel 2019 sarà inviato un veicolo automatico che dovrebbe scendere sul lato nascosto della luna, prima tappa di uno sbarco dell’uomo previsto entro il 2030. Essa ha anche discusso della creazione di una base lunare con l’agenzia spaziale europea e comunque nei primi anni venti lancerà una stazione spaziale abitata che potrebbe includere astronauti anche di altri paesi (Ball, 2018).

Nel campo delle scienze della vita, un laboratorio di Shangai è riuscito a clonare una scimmia. Il paese è diventato un leader mondiale nella scienza delle cellule staminali e della medicina rigenerativa. Nel 2015 è stato annunciato il primo utilizzo delle tecnica di gene-editing in un embrione umano. Il paese è poi andato molto avanti nella ricerca in virologia e in particolare in quella delle epidemie relative (Ball, 2018).

La Cina sta aumentando il suo ruolo dominante nel settore delle energie rinnovabili e delle tecnologie correlate. Già nel 2015 essa ha investito globalmente nel settore circa 102 miliardi di dollari, più o meno la metà dell’intero impegno mondiale (Slezak, 2018).

Sono oggi cinesi cinque dei sei principali produttori al mondo di pannelli solari, il più grande produttore di turbine a vento, nonché il più grande produttore di batterie ioni-litio (Slezak, 2018).

Il settore militare

Gli Stati Uniti hanno speso nel 2016 nel settore degli armamenti, secondo le statistiche Sipri, circa 650 miliardi di dollari, il 36% del totale della spesa mondiale e la Cina “soltanto” circa il 13%, un terzo circa di quello Usa. Il dominio tecnologico pressoché assoluto degli Usa in tale campo dovrebbe essere quindi assicurato ancora per un lungo periodo.

Ma non avendo la Cina apparentemente obiettivi di governo mondiale, come invece gli Stati Uniti, ma obiettivi sostanzialmente di difesa, in particolare nel Pacifico Occidentale, la situazione sul campo cambia aspetto.

Come indicato in un recente articolo dell’Economist (The Economist, 2018), la Cina sta, tra l’altro, diventando un importante innovatore nelle tecnologie militari e non sta quindi semplicemente raggiungendo l’Occidente. Può succedere invece che il vantaggio tecnologico degli Stati Uniti possa sparire completamente in breve tempo.

Entro al massimo un paio d’anni l’America dovrebbe perdere il monopolio nel campo degli aerei da combattimento di ultima generazione invisibili ai radar. Molto avanzati sono anche i sistemi cinesi di missili aria-aria. Intanto quest’anno dovrebbe entrare in servizio un missile che può distruggere una portaerei lontana 50 chilometri e presto ne arriverà anche uno più avanzato che potrà raggiungere una portaerei a 400 chilometri di distanza. Da tempo, infine, il paese dispone di un altro tipo di missile che può distruggere un satellite in orbita.

Si può pensare quindi che il vantaggio offensivo statunitense stia sostanzialmente evaporando.

Conclusioni

Secondo l’Economist (Schumpeter, 2018), all’attuale tasso di crescita, l’industria a base tecnologica cinese raggiungerà la parità con quella statunitense in una decina d’anni o forse un po’ di più. Secondo la stessa fonte, da un’analisi molto dettagliata, risulterebbe che nel 2012 complessivamente, sempre limitandosi alla dimensione delle imprese e senza considerare invece la ricerca di base, la sua incidenza nel campo tecnologico poteva essere stimata al livello del 15% di quella Usa, mentre nel 2017, in soli cinque anni, tale percentuale si poteva ormai valutare come collocantesi intorno al 42%. Il divario si va così colmando rapidamente.

Ma vista anche la velocità del rattrapage, noi pensiamo che il ricongiungimento avverrà probabilmente prima di quanto stimato dal settimanale britannico, fra 7-8 anni.

Il maggior timore è che questa dinamica inneschi degli atteggiamenti molto aggressivi da parte degli Stati Uniti per tentare di contrastarla, ciò che potrebbe portare anche a minacce per la pace del mondo.

In ogni caso gli Usa hanno ora pochissimi anni davanti a loro per cercare di impedire il ricongiungimento, cosa che appare peraltro come molto complicata.

 

Testi citati nell’articolo

-Ball Ph., China great leap forward in science, www.guardian.com, 18 febbraio 2018

-Kang C., Rappeport A., U.S. and China for edge in technology, The New York Times International Edition, 8 marzo 2018

-Lucas L., China takes the crown in AI funding, www.ft.com, 20 febbraio 2018

-Schumpeter, Chinese tech vs. American tech, The Economist, 17 febbraio 2018

-Slezak M., China cementing global dominance of renewable energy and technology, www.theguardian.com, 6 gennaio 2018

The Economist, No longer just catch-up, 17 febbraio 2018

-Wooldrige M., China challenges the US for artificial intelligence dominance, www.ft.com, 15 marzo 2018