L’andamento della povertà nel mondo: le nuove misure della Banca Mondiale e di altre istituzioni internazionali apportano modifiche importanti. E peggiorano il quadro
Nell’ultimo anno gli uffici della Banca Mondiale sono intervenuti per ben due volte per correggere, ed in misura molto rilevante, dei dati statistici precedentemente pubblicati e fondamentali per la valutazione della situazione e delle prospettive dell’economia mondiale. E in ambedue i casi le nuove stime hanno peggiorato il quadro.
Il primo intervento, nel 2007, ha riguardato la revisione delle cifre relative al pil calcolato con il criterio della parità dei poteri d’acquisto, per quanto riguarda in particolare i due grandi paesi in cui è in atto un gigantesco sforzo di crescita economica, la Cina e l’India. Sulla base di analisi apparentemente più approfondite, la Banca ha infatti rivisto al ribasso e di ben il 40% le precedenti valutazioni relative al pil dei due paesi per il 2005.
Una delle conseguenze di tale nuova stima è che ora alcuni ricercatori valutano che, proiettando al futuro i tassi di crescita media dell’economia riscontrati negli ultimi anni per tali due paesi e per gli Stati Uniti, l’economia cinese dovrebbe essere in grado di raggiungere quella americana, come dimensione complessiva, non più intorno al 2012, come si era precedentemente pensato, ma soltanto verso il 2020. Naturalmente la stessa previsione è diventata molto più aleatoria: il 2020 è molto più lontano nel tempo del 2012 e nel frattempo possono accadere tante cose. Conseguenze simili si possono trarre dai nuovi dati anche per quanto riguarda il confronto India-Usa.
Non sappiamo, più in generale, d’altro canto, quanto le nuove cifre siano più corrette di quelle precedenti. Ad almeno parziale giustificazione dell’incertezza che grava su queste valutazioni, bisogna ricordare che, senza avanzare il sospetto di possibili manipolazioni politiche, utilizzare operativamente il criterio della parità dei poteri di acquisto per valutare il Pil dei diversi paesi appare un’operazione certamente corretta a tavolino, ma tecnicamente molto complessa da portare avanti.
Problemi metodologici in parte simili si ritrovano guardando ad una seconda operazione di correzione effettuata di recente dalla Banca Mondiale, anche questa volta relativa ad alcune stime sull’andamento dell’economia mondiale. Essa è stata pubblicata alla fine di agosto di quest’anno e riguarda in specifico una nuova misura del livello di povertà nel mondo, un dato ancora più importante di quello precedente. Anche in questo caso vengono in primo piano, anche se non solo, i dati relativi alla Cina ed all’India.
Cercheremo di svolgere qualche riflessione su tali stime inserendo nel testo anche alcune valutazioni tratte da uno studio recente della Asian Development Bank ed altre estratte da un rapporto altrettanto recente della Organizzazione Mondiale della Sanità.
Intanto dal punto di visto metodologico, rispetto a precedenti valutazioni della stessa Banca Mondiale che risalgono all’aprile 2007, sono state apportate due modifiche importanti. Da una parte, si è cercato di fare un lavoro più approfondito, prendendo in considerazione delle analisi sul campo relative a più prodotti e a più paesi; dall’altra, è stato utilizzato un nuovo criterio per definire la povertà, passando da quello che faceva riferimento a un dollaro al giorno a quello di 1,25 dollari al giorno a valori 2005.
Si può legittimamente pensare, e molti lo fanno, che la soglia di 1,25 dollari sia insufficiente. Ma, affrontando nei mesi scorsi un terzo problema metodologico, la Asian Development Bank ha, sia pure soltanto in parte, risposto a tale preoccupazione. Essa ha analizzato in specifico negli scorsi mesi i prezzi pagati dai poveri in Asia per acquistare dei prodotti e dei servizi. Si poteva pensare che il criterio della “famiglia rappresentativa” utilizzato nelle sue valutazioni dalla Banca Mondiale tendesse a sottovalutare tali prezzi. Alcuni critici dei criteri a suo tempo utilizzati dalla Banca hanno in passato in effetti sottolineato come le persone più povere tendano a comprare dei quantitativi ridotti delle varie merci; così, per quanto riguarda ad esempio il riso, non delle confezioni di 10 chilogrammi, che sarebbero le più economiche, ma magari soltanto da un chilo, pagando quindi un prezzo unitario più alto.
La ricerca della ADB mostra invece che i poveri, in genere, alla fine sopportano il più delle volte dei prezzi inferiori a quelli della famiglia rappresentativa della Banca Mondiale –dal 10 al 20 % in meno in molti casi-. Anche se comprano i singoli beni in quantità inferiori, essi pagano però, il più delle volte, dei prezzi unitari più bassi, in quanto acquistano ad esempio da venditori di strada invece che da supermercati, ecc.. Così, alla fine, i criteri della Banca Mondiale possono apparire su questo punto abbastanza restrittivi. D’altro canto, facendo riferimento alla sola Asia, la stessa ADB fissa la soglia di povertà a 1,35 dollari invece che a 1,25.
I risultati generali di questi nuovi criteri utilizzati dalla Banca Mondiale sono stati ampiamente riportati dai giornali –si vedano ad esempio in proposito gli articoli citati nella bibliografia-: il numero delle persone che vivono al disotto della linea della povertà nel 2005 è salito complessivamente, utilizzando i nuovi criteri rispetto a quelli precedenti, da 986 milioni a circa 1,4 miliardi. La Banca Mondiale avverte anche che questo numero ben difficilmente scenderà sotto il miliardo di unità prima del 2015.
Da una parte, quindi, bisogna considerare che c’è molta più povertà nel mondo di quanto si pensasse sino a qualche tempo fa. Dall’altra, anche utilizzando i nuovi criteri, risulta che comunque, secondo le valutazioni della Banca, i poveri del mondo sono diminuiti di circa 500 milioni di unità tra il 1981 e il 2005 e che la loro proporzione sul totale della popolazione mondiale è scesa nel frattempo dal 52% al 26%. Il tasso di povertà si è ridotto dell’1% circa all’anno nel mondo.
Dietro queste cifre complessive, che alla fine sembrano positive, si nascondono peraltro delle grandi differenze ed esse comunque appaiono molto contrastate.
In Cina il tasso di povertà è caduto da circa l’80% nel 1981 al 18% del 2005, passando in cifre assolute da 835 milioni di persone a 207 milioni, ciò che rappresenterebbe un successo molto rilevante. Va peraltro considerato che negli ultimi anni il tasso di riduzione della povertà si è sostanzialmente ridotto.
Per quanto riguarda l’India le cose sarebbero comunque andate abbastanza peggio; in termini assoluti, il numero dei poveri è salito nel periodo considerato da 420 a 455 milioni di persone, anche se in termini percentuali esso è sceso dal 60% al 49% del totale della popolazione. Un problema fondamentale a questo riguardo appare relativo al fatto che lo sviluppo economico del paese ha creato poca nuova occupazione, in particolare per il mancato adeguato sviluppo di un vasto settore industriale, in particolare per quanto riguarda il tessuto delle piccole e medie imprese, sia in ambiente rurale che urbano, al contrario di quanto è avvenuto in Cina.
Al di là dei due grandi paesi asiatici, in generale l’area che presenta i problemi più gravi è oggi l’Africa sub-sahariana, in cui la percentuale di popolazione povera non è sostanzialmente cambiata nel periodo, collocandosi sempre intorno al 50% del totale –si trattava di 200 milioni di persone nel 1981 e di ben 384 nel 2005. Qualcosa sembra comunque muoversi nell’area negli ultimi 3-4 anni, ma lo studio non fa in tempo a registrare in maniera adeguata questi possibili cambiamenti.
Il rapporto sottolinea comunque che la gran parte dei 500 milioni di persone uscite dalla soglia di povertà nel mondo si sono nella sostanza trasferite soltanto nella classe di reddito immediatamente superiore, quella tra i 1,25 e i 2 dollari. Così, il numero totale delle persone che vivono con meno di due dollari al giorno si colloca oggi intorno ai 2,5 miliardi, lo stesso numero, più o meno, del 1981, anche se siamo oggi di fronte ad una percentuale abbastanza più ridotta rispetto alla popolazione totale.
Il recente aumento dei prezzi dei prodotti di base, quali il riso, il grano, l’energia, non sono presi in considerazione nello studio, che si riferisce ad un periodo precedente e tale fenomeno potrebbe in effetti far aumentare, secondo alcune stime, il numero dei poveri di circa 500 milioni di unità.
Intanto, la Commissione sui “Social Determinants of Health” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato, negli stessi giorni in cui è stato divulgato il rapporto della Banca Mondiale, una sua ricerca, idealmente collegabile alla precedente, in cui si sottolinea come le differenze nel livello della salute tra i paesi ricchi e quelli poveri e tra le persone ricche e quelle povere all’interno dei singoli paesi siano ingiuste e nello stesso tempo evitabili. Per il rapporto l’ingiustizia sociale uccide la gente su grande scala nel mondo e, d’altro canto, ridurre le disuguaglianze nel settore della sanità appare un imperativo morale.
Il problema non riguarda certo, sottolinea correttamente lo studio, soltanto i paesi poveri. Così un ragazzo nato a Calton, un sobborgo povero di Glasgow in Scozia, ha oggi una attesa di vita di 54 anni- meno di un bambino nato in India-, mentre invece uno nato a pochi chilometri di distanza, nel quartiere di Lenzie, avrà un’attesa di vita di 82 anni. Ancora, negli Stati Uniti, tra il 1991 e il 2000, circa 890.000 decessi avrebbero potuto essere evitati se il tasso di mortalità dei neri fosse stato uguale a quello dei bianchi. Tale cifra deve essere confrontata, dice il rapporto, con i 180.000 decessi che sono stati evitati nello stesso periodo nel paese grazie ai progressi della medicina.
Per quanto riguarda poi i paesi poveri, in Indonesia la mortalità materna al momento del parto è da tre a quattro volte più grande tra i poveri che tra i ricchi. Sempre al momento della nascita, uno su dieci bambini boliviani nati da madri analfabete muoiono, contro uno su duecento nel caso di madri che hanno almeno un diploma di scuola secondaria.
Ricerche citate nell’articolo
– Ravaillon M., Chen S., The developing world is poorer than we thought, but no less successful in the fight against poverty, World Bank policy research paper n. wps 4703, Wahington, agosto 2008
– Asian Development Bank, Comparing poverty across countries: the role of purchasing power parity, in Key indicators for Asia and the Pacific 2008, ADB Press, Manila, agosto 2008
– World Health Organization, Closing the gap in a generation: health equity through action on the social determinants of health, WHO Press, settembre 2008
Articoli di commento alle ricerche sopra citate apparsi sulla stampa internazionale
-Williams F., WHO in call to tackle social injustice, Financial Times, 29 agosto 2008
–The Economist, The bottom 1.4 billion, 28 agosto 2008
-Agenzia Reuters, World Bank finds more people live in steep poverty, in The New York Times, 27 agosto 2008
-Faujias A., La proportion de pauvres dans la population mondiale a diminué de moitié depuis 1981, Le Monde, 28 agosto 2008