C’è un nesso tra diseguaglianze economiche e libertà civili, e a quanto scrive Cole in un recente saggio su cento Paesi, ciò produce rischi per le democrazie dove il gap di rappresentanza spinge verso la destra populista.
Esiste una correlazione tra disuguaglianze economiche e squilibri nella distribuzione del potere politico? E, qualora questa correlazione fosse suffragata da una convincente serie di dati, in che modo disuguaglianze economiche e asimmetrie di potere influenzano la democrazia? Queste domande, affrontate in un recente e importante saggio del sociologo statunitense Wade M Cole,1 sono questioni ricorrenti nelle scienze sociali.
Politologi, sociologi, economisti e antropologi hanno provato a spiegare, nel tempo, in che modo la disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza influenzi negativamente la capacità dei gruppi e delle classi sociali subalterne – per usare una formula gramsciana – di influenzare il sistema politico-istituzionale nel suo complesso.
In altre parole, se pure formalmente i cittadini hanno uguali diritti sociali e politici, di fatto la distribuzione delle risorse a favore dei ceti più abbienti inibisce sostanzialmente la partecipazione dei gruppi subalterni, e/o la loro capacità di articolare e imporre la propria agenda politica.
Relativamente alla questione disuguaglianze economiche, peraltro, nell’era neoliberale, caratterizzata da una restrizione degli spazi di democrazia rappresentativa, processi di centralizzazione del potere,2 e crisi della forma partito, le disuguaglianze nella distribuzione del potere hanno raggiunto livelli senza precedenti – come dimostrato, tra gli altri, da recenti lavori di Thomas Piketty e Branko Milanovic.
Il saggio di Cole offre, dunque, dati di grande rilievo sulla relazione tra ricchezza e distribuzione del potere, analizzando questo rapporto su un campione di più di cento paesi (133 e 136, per la precisione, in due samples diversi) dal 1981 al 2011, quindi nel cuore dell’era neoliberale.3 I dati raccolti toccano i due poli della ricchezza4 e del potere5 – e la loro correlazione.
La dimensione del potere è descritta da due variabili (dipendenti): la distribuzione del potere a seconda della posizione socioeconomica, e il godimento di libertà civili a seconda della posizione socioeconomica.
Se la prima fa riferimento a dinamiche quali la partecipazione politica attiva (il voto), la rappresentanza nel governo, la capacità di stabilire l’agenda del governo, e la capacità di influenzare e implementare le decisioni politiche,6 la seconda include elementi quali l’accesso alla giustizia, diritti di proprietà, libertà di movimento e libertà dal lavoro forzato. 7 La variabile (indipendente) relativa alla ricchezza, invece, misura il livello di disuguaglianza economica.8Obiettivo dell’analisi, quindi, è stimare l’effetto causale delle disuguaglianze di reddito sulla distribuzione del potere politico e il godimento delle libertà civili a seconda della posizione socioeconomica.
I risultati presentati da Cole sono particolarmente rilevanti, e possono essere così sintetizzati:
1. la disuguaglianza nella distribuzione del reddito va a detrimento dell’uguaglianza politica e del godimento delle libertà civili;
2. a fronte della crescita delle disuguaglianze cresce il potere politico delle fasce più ricche della popolazione;
3. la correlazione tra disuguaglianza nella ricchezza e disuguaglianza politica è riscontrata indipendentemente dal regime politico (democratico o meno) e dal grado di sviluppo economico. Addirittura, come lo stesso Cole aggiunge, “gli effetti perniciosi della disuguaglianza del reddito sono più pronunciati per Paesi ad alto reddito e democratici” (p. 377).
I risultati della ricerca di Cole offrono risposte importanti sul nesso tra disuguaglianza materiale e asimmetrie di potere, che di fatto si alimentano a vicenda. Al contempo, processi di concentrazione di ricchezza e potere di fatto stravolgono il tessuto democratico. Se, infatti, la forma democratico-repubblicana ancora tiene (se pur sotto crescenti pressioni neo-autoritarie9), la sostanza della democrazia vive una crisi strutturale proprio a partire dalla questione sociale e dalle disuguaglianze crescenti.
In altre parole, l’impatto delle disuguaglianze crescenti travalica il regime politico, e la democrazia, da sola, non basta ad arginare derive oligarchiche.
Su questo tema, altre ricerche devono essere condotte per esplorare ulteriormente il rapporto tra disuguaglianza economica e l’intersezione con altre dimensioni come il genere, l’etnia e la classe sociale, possibilmente interagendo anche con l’importante filone di studi dell’ecologia politica.
Ancora, è importante esplorare qualitativamente le strategie politiche e discorsive tramite le quali, oggi, i movimenti neo-nazionalisti e xenofobi tentino, riuscendovi sempre più spesso, di dare voce e rappresentanza ai subalterni e a coloro che sono politicamente esclusi – al netto del loro carattere demagogico.
Del resto, è ancora Cole a osservare che “la disuguaglianza economica e un senso di impotenza [powerlessness nel testo] sono identificati come fattori che spingono i poveri e la working-class nelle braccia dei populisti di destra” (p. 378).
Va anche detto, tuttavia, che segmenti della sinistra e dei progressisti non compromessi con le politiche neoliberali riescono, dentro una generale tendenza alla ri-polarizzazione politica (per quanto sempre più spuria),10 ad ottenere consenso proprio presso la working-class, come nel recente caso di Alexandra Ocasio-Cortez.
La 28enne attivista politica – socialista – del Bronx ha sbaragliato il suo diretto e navigato competitor alle primarie dei Democratici nel distretto di New York con un programma basato su sanità pubblica, diritto al lavoro e abolizione delle politiche trumpiste sull’immigrazione.11 Alla domanda su cosa sia il socialismo, Ocasio-Cortez, sintetizzando mirabilmente il nesso tra condizioni economiche e partecipazione politica, lo ha definito come “la partecipazione democratica per la nostra dignità economica, e la nostra dignità economica, sociale e razziale’ (The Guardian, 27 Giugno 2018).
Concludendo, se le disuguaglianze economiche comportano disuguaglianze politiche (e viceversa), la battaglia per rinnovare la partecipazione politica è la via maestra per ritornare ad una società economicamente e socialmente più giusta ed equilibrata.
1 “Poor and Powerless: Economic and political inequality in cross-national perspective, 1981-2011”, in International Sociology, Vol. 33(3), pp. 357-358.
2 Ad esempio, si pensi alla crisi dei parlamenti e al rafforzamento degli esecutivi a livello nazionale e, nel caso Europeo, sovranazionale.
3 L’ortodossia neoliberale, accompagnata da politiche quali il taglio delle tasse per i gruppi più ricchi, il taglio della spesa sociale, e processi di contenimento salariale ha, come sottolineato in precedenza, favorito la crescita delle disuguaglianze nella distribuzione delle risorse economiche. In particolare la questione del contenimento salariale (income policy), giustificata dalla necessità di guadagnare competitività su scala globale, ha in realtà aumentato il surplus di profitto sul lato del Capitale, produttivo e finanziario.
4 Il database utilizzato è Standardized World Income Inequality Database (https://fsolt.org/swiid/).
5 Il database utilizzato è Varieties of Democracy (https://www.v-dem.net/en/).
6 L’indice di questa misura include cinque categorie ordinatorie che indicano, rispettivamente, se le fasce più ricche della popolazione godono di (1) un monopolio sul potere politico, (2) di una presa dominante sul potere politico, (3) di una presa molto forte sul potere politico, (4) sono politicamente più attive di altri gruppi, o (5) non godono di un maggiore potere politico rispetto ad altri gruppi.
7 Le categorie ordinatorie per questa seconda indicano se le fasce della popolazione più povera godono di libertà civili in misura: (1) molto inferiore, (2) sostanzialmente inferiore, (3) moderatamente inferiore, (4) leggermente inferiore, (5) lo stesso livello di libertà civili dei più ricchi.
8 Wade inserisce anche una serie di variabili di controllo: sviluppo e dipendenza economica, condizioni politiche, inserimento nella società globale. La variabile proxy è il PIL per capita.
9 Sulla questione del rapporto tra neoliberismo e autoritarismo si veda un saggio di Ian Bruff, (2014) “The Rise of Authoritarian Neoliberalism”, in Rethinking Marxism: A Journal of Economics, Culture & Society, 26:1, 113-129
10 L’asse popolo-élite va sostituendo, almeno parzialmente, quello storico sinistra-destra. Questo fenomeno dipende largamente dalla mutazione genetica della sinistra e dall’avere veicolato politiche e discorsi neoliberali.
11 Qui una panoramica su Ocasio-Cortez e la sua campagna elettorale: https://www.pandorarivista.it/