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Euro, come recuperare la sovranità monetaria

Il progetto Bancor, la moneta comune globale che Keynes presentò a Bretton Woods, può rappresentare la soluzione per uscire dalla drammatica crisi dell’euro

Il progetto euro-Bancor può salvare la cooperazione europea dalla fallimentare moneta unica (1)

Il progetto Bancor, la moneta comune globale che John Maynard Keynes presentò a Bretton Woods settanta anni fa per rilanciare su basi efficienti, eque e pacifiche il commercio internazionale dopo il rovinoso conflitto mondiale, può rappresentare la possibile soluzione per uscire dalla drammatica crisi dell’euro. Per Keynes il Bancor era una moneta dedicata alla pace mondiale e alla cooperazione perché rendeva possibile l’equilibrio degli scambi commerciali (2). A Bretton Woods il progetto di Keynes fallì, e venne adottata la proposta statunitense basata sul dollaro come moneta internazionale egemone. Oggi però forse solo l’idea del Bancor di Keynes potrebbe salvare l’eurozona. È infatti possibile e auspicabile trasformare la moneta unica a guida tedesca, l’euro, in una moneta comune, l’eurobancor, in grado di incentivare i Paesi europei a cooperare sviluppando in maniera equilibrata e redditizia gli scambi senza produrre né vincitori né vinti. L’eurobancor costituirebbe un sistema di finanza cooperativa a beneficio dell’unità europea (3).

La situazione attuale: l’euro come moneta unica

Le elezioni europee si avvicinano, e la questione dell’euro diventa sempre più centrale nel dibattito politico ed economico. Anche perché euro e mercato unico sono le uniche “conquiste” dell’Unione Europea dal momento che (ricordiamolo) la Ue non ha una politica sociale, industriale, una politica estera e di difesa comune.

Occorre però prendere atto che agli occhi di larga parte dell’opinione pubblica l’Unione europea appare molto diversa da quella auspicata dai padri costituenti. L’Europa rischia di venire identificata con l’euro e l’austerità; in questo senso una fetta crescente della popolazione rifiuta l’idea dell’Europa unita perché associata a quella dell’austerità a senso unico. Occorre quindi ribadire che Europa unita ed euro così com’è sono due concetti assolutamente distinti, e che è possibile, anzi necessario, criticare l’euro per realizzare la cooperazione europea.

L’euro – inteso come politica monetaria unica per i diversi paesi europei e, in pratica come sistema di cambio fisso – avrebbe dovuto garantire stabilità e crescita. Non ha garantito né l’una né l’altra.

La moneta unica, secondo i promotori, avrebbe spinto le economie europee a convergere e a omogeneizzarsi. La moneta unica ha invece amplificato i differenziali di produttività e di competitività tra i paesi. L’euro, infatti, non è nato da un’area valutaria ottimale, poiché in Europa, a differenza che negli Usa, la mobilità del lavoro è limitata e non esistono politiche di bilancio comuni e solidali. Di fatto, la moneta unica impedisce le svalutazioni che possono servire ai paesi più deboli per guadagnare tempo, ristrutturarsi e possibilmente riallinearsi ai paesi forti. Così come impedisce le rivalutazioni che i paesi forti dovrebbero adottare per partecipare al processo di riaggiustamento. L’euro impone invece alle nazioni meno competitive la svalutazione dei fattori produttivi e a quelle più competitive una compressione dei salari reali e dunque una mancata redistribuzione del reddito prodotto grazie alla competitività. La moneta unica obbliga quindi in primo luogo a un dolorosissimo deprezzamento del lavoro, su entrambi i versanti: così la crisi si scarica direttamente sui lavoratori.

La moneta unica costituisce un ulteriore fattore di debolezza durante le crisi finanziarie come quella in corso perché amplifica gli shock. A questi vincoli intrinseci della moneta unica, si è aggiunta l’imposizione di una politica estremamente restrittiva da parte dei – e a favore dei – paesi creditori del nord Europa, Germania in testa.

Di fatto la moneta unica divide i paesi europei trasformandoli in concorrenti; aumenta la desertificazione industriale dei paesi del sud Europa e fa crescere disoccupazione e precarietà. Un’intera generazione non ha più futuro, o meglio, si attende un futuro peggiore di quello delle generazioni precedenti. Appare sempre più chiaro che la politica monetaria ed economica associata all’euro rischia di aprire una spirale che prolunga in tempi indefiniti la crisi.

La situazione è destinata prevedibilmente a peggiorare: il trattato del fiscal compact imporrà il rientro automatico dai deficit pubblici anche in tempi di crisi, con penalità automatiche in caso di non rispetto dei vincoli. Difficilmente però l’austerità servirà a stabilizzare l’eurozona. La crisi non è finita e i mercati finanziari sono ancora deregolamentati ed estremamente volatili: nonostante gli sforzi della Bce, la possibilità di sopravvivenza dell’euro è ancora incerta e precaria. Tuttavia, se l’eurozona si spaccasse, anche l’Unione europea rischierebbe di disintegrarsi. In questo contesto puntare a riformare l’Unione europea cedendo ulteriori quote di sovranità in campo istituzionale, finanziario ed economico, è molto rischioso e potrebbe costituire un errore madornale. Non si costruisce una casa solida su fondamenta a rischio di sgretolamento.

L’opzione possibile: l’eurobancor come moneta comune

Come uscire dal tunnel’ Occorre un vero cambiamento di rotta. Bisogna innanzitutto liberarsi dal dilemma che finora ha bloccato ogni progetto di cambiamento: rimanere nella moneta unica a egemonia tedesca rischiando l’impotenza e il disastro, o invece uscire unilateralmente dall’euro, rischiando però un rovinoso salto nel buio. La proposta che invece avanziamo è il ritorno concordato di tutti i paesi dell’eurozona – Germania compresa – alle monete nazionali e il mantenimento dell’euro come moneta comune di fronte alle altre valute internazionali come il dollaro e lo yen (4).

Concordare un nuovo regime di cambi fissi aggiustabili non è semplice ma, pur essendo politicamente ambizioso, potrebbe diventare l’unica opzione praticabile di fronte alla probabile crisi caotica e disastrosa dell’euro e alla minaccia di disintegrazione della Ue. Il recupero ordinato e concordato della sovranità monetaria da parte dei paesi europei non piacerebbe alla Germania: ma è praticabile e potrebbe essere condivisa anche dall’opinione pubblica tedesca. La Germania potrebbe infatti ritornare al suo marco e il popolo tedesco non dovrebbe più temere di dovere pagare per i debiti delle altre nazioni. Parallelamente i paesi più deboli potrebbero svalutare la loro moneta per rilanciare l’occupazione; e i governi europei potrebbero decidere autonome politiche espansive per uscire dalla crisi e diminuire così il rapporto debito/Pil.

In sostanza si tratterebbe di convenire tra i paesi europei un sistema di cambi fissi aggiustabili avendo come riferimento l’euro-bancor come moneta comune (euro-lira, euro-marco, euro-peseta, ecc). La Bce utilizzerebbe l’euro-bancor come unità di conto neutrale e gestirebbe una European Clearing Union, Ecu, cioè una camera di compensazione multilaterale per le transazioni europee analoga alla International Clearing Union proposta da Keynes. È l’ipotesi formulata da Frederic Lordon su Le Monde Diplomatique (5), ed è soprattutto analoga a quella avanzata da Keynes a Bretton Woods con il suo Bancor.

L’International Clearing Union di Keynes venne bocciata dal governo americano che impose il dollaro, e quindi non venne mai realizzata: ma un meccanismo simile, l’Unione europea dei Pagamenti, è stato realizzato con successo dai governi europei nell’immediato dopoguerra per rilanciare gli scambi multilaterali tra i paesi del nostro continente in carenza di liquidità. Per quanto possa essere più difficile, data la forza attuale dei mercati finanziari, non è quindi impossibile realizzare anche l’Ecu.

Il nuovo Ecu funzionerebbe come un meccanismo automatico di compensazione dei pagamenti per gli scambi commerciali. I paesi europei avrebbero un conto in eurobancor presso l’Ecu e tutti gli scambi internazionali sarebbero misurati in eurobancor. I paesi esportatori accumulerebbero i bancor mentre quelli importatori spenderebbero eurobancor. Il conto in eurobancor di ogni nazione sarebbe legato alla sua valuta nazionale attraverso un tasso di cambio fisso ma aggiustabile. Ma l’eurobancor funzionerebbe essenzialmente come unità di conto e come mezzo di pagamento e non come riserva di valore, cioè sarebbe una moneta virtuale non tesaurizzabile. Inoltre – e questa è la proposta più originale, ma anche più sana dal punto di vista dell’equilibrio economico, − la European Clearing Union penalizzerebbe con tassi di interesse crescenti sia i paesi con forti surplus commerciali – come la Germania – che quelli in deficit, come i paesi del Mediterraneo. La Ecu tasserebbe quindi sia i deficit che i surplus in proporzione alla loro dimensione e alla loro durata. In questo modo tutti i paesi sarebbero incentivati a spendere rapidamente gli eurobancor guadagnati e i flussi commerciali si moltiplicherebbero notevolmente. Si penalizzerebbero le tesaurizzazioni monetarie dei paesi forti, come la Germania, e quindi l’uso della moneta come riserva di valore a scapito degli scambi e dello sviluppo. L’obiettivo della European Clearing Union è di sviluppare il commercio riducendo però contemporaneamente sia le posizioni creditrici che quelle debitrici dei singoli paesi fino ad ottenere tendenzialmente una situazione di equilibrio dinamico intorno al saldo zero.

Questo è un punto che certamente la Germania contrasterebbe. Ma grazie al meccanismo di compensazione con penalità simmetriche, il commercio nell’area euro potrebbe aumentare in maniera equilibrata per tutti, Germania compresa. Inoltre senza avanzi e disavanzi duraturi dei paesi europei sarebbe più facile mantenere cambi fissi nell’eurozona. Qualora permanessero, come è ovviamente possibile, degli squilibri strutturali di deficit e surplus, allora sarebbe permesso agli stati di svalutare o rivalutare la loro moneta in modo da, rispettivamente, rilanciare le esportazioni o e le importazioni.

Ovviamente questa soluzione richiederebbe sul piano politico un forte accordo di cooperazione tra i paesi europei; e sul piano economico uno stretto controllo dei movimenti speculativi di capitale. Del resto, il forte sviluppo delle economie occidentali nei “trenta anni gloriosi” del dopoguerra fu reso possibile anche grazie alla politica di controllo dei movimenti di capitale decisa a Bretton Woods.

Sul mercato internazionale la valuta comune, l’eurobancor, sarebbe un “paniere” delle monete europee, verrebbe gestito in maniera centralizzata dalla Bce e sarebbe utilizzato per tutte le transazioni con i paesi extraeuropei. La Bce avrebbe la responsabilità di mantenere un tasso di cambio stabile tra l’eurobancor e le altre valute sui mercati finanziari, come il dollaro e lo yen. Un “paniere di monete” è comunque intrinsecamente più stabile di una moneta unica e l’euro-bancor rappresenterebbe la barriera comune di fronte alla speculazione del mercato monetario internazionale. L’euro potrebbe finalmente diventare una forte valuta di riserva per i paesi emergenti dell’Asia e dell’Africa.

Questa soluzione di finanza cooperativa salverebbe il progetto politico cooperativo di Unione Europea. L’eurobancor infatti non richiede trasferimenti fiscali e mutualizzazione dei debiti a favore di questo o quell’altro paese europeo: potrebbe quindi essere un’opzione accettabile da tutti i 28 paesi della UE e salverebbe il mercato unico e l’Unione Europea.

1 Il presente lavoro è frutto di un confronto con Luca Fantacci e Massimo Amato, che in più occasioni hanno avanzato proposte di riforma dell’unione monetaria europea ispirate alla Clearing Union di Keynes (v. Massimo Amato, Luca Fantacci, “Salvare il mercato dal capitalismo”, Donzelli, 2012, capitolo 3; Luca Fantacci, Andrea Papetti, “Il debito dell’Europa con se stessa”, www.costituzionalismo.it).

2 John Maynard Keynes “Eutopia. Proposte per una moneta internazionale”, a cura di Luca Fantacci, et al./edizioni, 2011

3 Massimo Amato, Luca Fantacci, “Fine della finanza. Da dove viene la crisi e come si può pensare di uscirne”, Donzelli, 2012

4 Luca Fantacci, Massimo Amato, “Come salvare il mercato dal capitalismo. Idee per un’altra finanza”. Donzelli editore, 201; Enrico Grazzini, Micromega online “Da moneta unica a valuta comune: una terza via per superare l’Euro” 27 dicembre 2013; Enrico Grazzini, economiaepolitica “Gli scenari dell’euro” 11 Gennaio 2014

5 Frederic Lordon, Le Monde Diplomatique-il Manifesto, agosto 2013 “Uscire dall’euro? Contro un’austerità perpetua”.