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L’autonomia che fa male alla crescita

La proposta sull’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario in discussione in Parlamento è destinata ad aumentare le già insostenibili disuguaglianze territoriali nel nostro Paese, in termini di crescita economica, istruzione e opportunità.

L’aumento della disuguaglianza dei redditi rallenta la crescita economica e l’effetto è influenzato dal livello di uguaglianza di opportunità. A mostrarlo è uno studio del Fondo Monetario Internazionale, condotto da Shekhar Aiyar e Christian Ebeke, che si aggiunge a un crescente filone di analisi che indaga su questo aspetto. Dalla ricerca emerge che più è grande il divario di opportunità tra ricchi e poveri, maggiore è l’impatto della disuguaglianza economica sulla crescita futura.

L’uguaglianza di opportunità è comunemente intesa come la possibilità di raggiungere una determinata posizione sociale a prescindere dalle condizioni di partenza. In linea con la letteratura sul tema, come misura è utilizzata la mobilità intergenerazionale, e in particolare quanto i redditi e l’educazione dei figli sono condizionati da quelli dei genitori.

Finora gli studi sulla relazione disuguaglianza-crescita avevano portato a risultati contrastanti in quanto – spiegano gli autori – non si era tenuto in considerazione il ruolo della mobilità sociale. È l’interazione tra disuguaglianza economica e (im)mobilità intergenerazionale che genera il rallentamento della crescita.

I canali sui quali può agire questo meccanismo possono essere i più disparati. I due studiosi segnalano i sistemi di istruzione, le limitazioni al credito e l’accesso diseguale al mercato del lavoro. Eventuali cambiamenti nella distribuzione del reddito potrebbero generare perdite di produttività a causa delle differenze nell’accesso alla formazione, mancate opportunità di investimento a causa di restrizioni al credito, e un peggioramento della condizione dei lavoratori più svantaggiati.

La questione è particolarmente rilevante per l’Italia, che ha un’elevata concentrazione dei redditi e occupa gli ultimi posti dei paesi Ocse per quanto riguarda la mobilità sociale (insieme a Stati Uniti e Regno Unito). Mentre il reddito disponibile italiano si avvicina alla media europea, le differenze regionali sono le più alte d’Europa. Ad esempio, il reddito medio della Regione Lombardia supera del 68% quello della regione Calabria e del 69% quello della regione Sicilia[1].

Oltre ad avere un reddito medio nettamente inferiore, le regioni del Sud e insulari presentano una maggiore sperequazione interna dei redditi: le divergenze tra famiglie ricche e povere di una stessa regione sono più grandi rispetto a quelle del Nord Italia.

Ne consegue che dovrebbe essere prioritario agire sui meccanismi che generano le disuguaglianze, indeboliscono l’economia e ne rallentano lo sviluppo.

Sebbene la disuguaglianza economica e di opportunità sia causata da una pluralità di fattori, la letteratura economica è concorde nell’indicare l’accesso alla formazione come uno dei suoi principali canali di creazione. Pertanto sarebbe auspicabile che il Governo investisse nell’istruzione affinché questa sia accessibile a tutti fin dalla scuola dell’infanzia e garantisse una qualità omogenea sul territorio.

A tal proposito, la proposta di Autonomia differenziata di cui si sta discutendo negli ultimi mesi sembra andare nella direzione opposta. Tre regioni italiane (Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna) hanno richiesto “l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” su varie materie tra cui tutela della salute, trasporto, sicurezza del lavoro, istruzione, tutela dell’ambiente e dei beni culturali.

La richiesta ha come obiettivo quello di trattenere una quota maggiore del gettito territoriale, configurando di fatto quella che Gianfranco Viesti nel suo libro e su queste colonne non esita a definire una “secessione dei ricchi”.

Se venisse approvata, questa proposta avrebbe ripercussioni molto forti sul nostro Paese. Nel sistema di istruzione, formazione e ricerca verrebbero definitivamente meno quei principi che impegnano lo Stato ad assicurare a tutti un servizio di pari livello e a prestare particolare attenzione alle aree con minori risorse disponibili.

Ci sarebbe un ulteriore aumento del divario tra istituti scolastici, alimentando le disuguaglianze tanto per le nuove generazioni quanto per quelle che già si interfacciano con il mercato del lavoro. Questo sistema colpisce sia gli studenti, che vedrebbero aumentare le differenze di prestazione in quanto residenti in una Regione più povera, sia chi lavora nel sistema scolastico e formativo, che potrebbe avere uno stipendio diverso a seconda della Regione in cui svolge il proprio lavoro.

Gli effetti del potenziamento dell’autonomia e il drastico calo degli investimenti sono già evidenti se guardiamo al mondo dell’università. Il forte processo di definanziamento e il cambiamento nei criteri di assegnazione dei fondi per gli atenei, previsti dalla legge Gelmini (legge 240 del 2010), hanno peggiorato la situazione degli atenei del sud e indebolito il sistema universitario nel complesso.

La differenziazione dei finanziamenti sulla base di criteri che non mirano ad assicurare l’uguaglianza tra le regioni non farebbe altro che cristallizzare definitivamente il divario tra regioni del Nord e del Sud. L’unitarietà del sistema di istruzione è condizione irrinunciabile per garantire l’uguaglianza di opportunità nell’accesso alla formazione fino ai suoi livelli più alti.

Proseguire su questa strada peggiorerebbe la disuguaglianza economica e di opportunità del nostro Paese con conseguenze su equità ed efficienza, aggravando la situazione delle zone con un tessuto produttivo più debole e diminuendo le prospettive di crescita. L’Italia avrebbe bisogno d’altro.

 

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[1] Qui la misura si riferisce al reddito medio familiare equivalente disponibile del 2014, come calcolato dallo studio del capitolo IV del libro “Il mercato rende diseguali? La distribuzione dei redditi in Italia” (il Mulino, 2018) a cura di Maurizio Franzini e Michele Raitano.

 

 

Bibliografia

Aiyar, S. and Ebeke, C.H., 2019. Inequality of Opportunity, Inequality of Income and Economic Growth. International Monetary Fund Working Paper No. 19/34.

Franzini, M. e Raitano, M. (a cura di), 2018. Il mercato rende diseguali? La distribuzione dei redditi in Italia, il Mulino.