Nonostante i buoni risultati economici del momento, l’economia tedesca presenta in prospettiva diversi problemi politici – tra i quali quello della stabilità interna e dell’impasse della costruzione europea- e economici
Sono stati divulgati i dati relativi all’andamento dell’economia tedesca per il 2015 ed essi appaiono per molti aspetti positivi.
La crescita del pil ha raggiunto l’1,7%, la cifra più elevata degli ultimi cinque anni e superiore alle previsioni di molti, compreso di chi scrive queste note; il paese registra un record di 43 milioni di occupati e un livello di disoccupazione che si colloca “soltanto” al 4,3% della forza lavoro; questo, anche se dobbiamo ricordare le condizioni di precarietà e di bassi salari in cui si trova a operare una parte degli occupati.
Il 2015 ha poi portato il più alto surplus budgetario della sua storia: si tratta, a livello aggregato, di 16,5 miliardi di euro, il 0,5% del pil.
Alla crescita ha contribuito, più che in passato, l’aumento dei consumi interni (+ 1,9%), anche questa una notizia positiva e attesa da molto tempo. Il fenomeno è dovuto soprattutto all’aumento dei salari reali del 2,4%.
Il debito pubblico è diminuito del 3% del pil, ciò che lo porta a collocarsi ormai al 71,5% dello stesso pil.
Il surplus delle partite correnti ha raggiunto invece l’8% del pil: si tratta di circa 279 miliardi di dollari, più o meno quanto la Cina in valori assoluti.
Il salario minimo
All’aumento dei consumi ha contribuito anche l’introduzione del salario minimo, che, sia pure circondato da limitazioni, è stato varato dal primo gennaio 2015. La sua entrata in funzione contribuisce a contrastare una riduzione della copertura economica offerta dai contratti collettivi, tanto che essi riguardano ormai soltanto poco più della metà dei lavoratori del paese.
La nuova legge tocca ora circa 3,7 milioni di lavoratori, ma essa dovrebbe raggiungere i 6 milioni, cioè circa il 17% dei lavoratori salariati (Lechevalier, 2016).
La maggior parte delle valutazioni ex-ante sulle nuove norme erano piuttosto pessimistiche e stimavano una possibile perdita di posti di lavoro tra centomila e 1,5 milioni di unità. In realtà il numero degli occupati è aumentato in misura rilevante e quello dei disoccupati è sceso (Lechevalier, 2016), fugando almeno per il momento ogni timore degli economisti e dei politici più conservatori.
I problemi del paese
L’immigrazione
Eppure, come registra anche la stampa (vedi, ad esempio, Madelin, 2016), la voce di Schauble che annunciava i dati economici per il 2015 non era certamente brillante e in questo momento nel paese non c’è nessuna celebrazione, anche se le previsioni per il 2016 parlano di un aumento del pil dell’1,8-2,0% (Lemaitre, 2016, a); tali stime sono state peraltro un po’ ridimensionate negli ultimi giorni.
La Germania si trova intanto di fronte alla debolezza degli investimenti, pubblici e privati, così come a quella della produttività. Ma forse non è di questo che si preoccupava Schauble, anche perché su questi temi la Germania si trova in occidente in buona compagnia.
Per altro verso, bisogna ricordare che, per non compromettere il surplus di bilancio, il governo si rifiuta di porre mano alla disastrosa politica delle infrastrutture, con molti impianti che avrebbero bisogno anche urgente di un’importante manutenzione, mentre una parte consistente dei risparmi va invece all’estero.
Pesava forse nei pensieri del ministro invece il fatto che in questo momento la Germania appare lacerata al suo interno, mentre si trova in un percorso di scontro anche con molti altri paesi. L’audace politica dell’immigrazione portata avanti dalla Merkel (nel 2015 il numero dei rifugiati è stato di 1,1 milioni di unità e nel 2016 potrebbe anche essere maggiore) incontra la forte opposizione di una parte dei politici e dell’opinione pubblica. Lo stesso ex-cancelliere Gerard Schroeder ha espresso le sue riserve. E la gran parte degli economisti tedeschi, tra i più conservatori al mondo, vede un futuro nero.
Per altro verso, l’agenzia per l’impiego stima che nel 2016 arriveranno sul mercato del lavoro 330.000 rifugiati, ma che 130.000 di essi potrebbero trovarsi disoccupati (Lemaitre, b). Inoltre si valuta che l’80% di essi non abbiano le qualificazioni richieste dalle imprese (Charlemagne, 2016), mentre le difficoltà della Wolkswagen gettano un’ulteriore ombra sulla possibilità di sistemare le cose. Per altro verso, l’offerta abbondante di manodopera poco qualificata potrebbe spingere in giù i salari (Munchau, 2016).
Intanto anche all’estero la politica per i rifugiati incontra opposizioni. Ma tale resistenza appare ormai solo uno dei fronti della perdita di credibilità più generale del paese in Europa; la Germania riesce ormai con sempre maggiore difficoltà a imporre la sua linea a Bruxelles, dove in questo momento, peraltro, anche la burocrazia della UE mostra tutta la sua impotenza a governare gli eventi. Si indebolisce la Germania e rischia di indebolirsi ancora il progetto europeo.
I problemi demografici
E veniamo alla demografia. Il paese presenta, dopo Giappone ed Italia, il triste primato di una bassissima natalità. Nel 1998 la popolazione del paese era di 82 milioni di persone; nel 2011 essa era diminuita a 80,4 milioni; da allora essa è aumentata di nuovo, raggiungendo nel 2014 gli 81,1 milioni, grazie per la gran parte all’immigrazione. Così nel 2014 il saldo naturale nascite/morti sarebbe stato di -200.000 persone (Damon, 2016), ma quello dell’immigrazione ha contato poi per +550.000 unità. Alcune previsioni stimano comunque una drastica caduta del numero degli abitanti nell’arco di qualche decina di anni.
Accogliendo tanti profughi, il paese riuscirà al momento a contenere la decrescita, ma l’opposizione che tale politica trova soprattutto in alcune aree del paese indica la sua precarietà.
La base industriale e le esportazioni
Il paese presenta di gran lunga la più forte base industriale d’Europa, mentre il settore dei servizi è abbastanza arretrato ed inefficiente. Ma ora appare che essa è troppo sbilanciata verso alcuni comparti, in particolare in maniera “estrema” (Munchau, 2016) verso quello dell’auto. Per altro verso il settore è soggetto a molte minacce. Da una parte quella del rallentamento di alcuni mercati di esportazione, dall’altra quello che esso minaccia di essere preso d’assalto dalle imprese internet.
Le macchine industriali e i prodotti di consumo sono sempre più imbottiti di sensori e microchip che, connessi in rete, riescono a comunicare tra di loro e con gli esseri umani. Produrre delle cose conterà in se sempre meno, mentre le imprese di successo saranno quelle che metteranno insieme i dati e le informazioni migliori, costruendo delle “piattaforme” per offrire sul mercato i più ambiti servizi numerici.
Lo scontro è appena iniziato nel settore dell’auto tra Mercedes, BMW, Audi da una parte e Google, Apple e Tesla dall’altra, senza parlare dei cinesi; ma la minaccia della digitalizzazione riguarda gran parte delle attività industriali. Il governo tedesco ha comunque lanciato da tempo un’iniziativa per promuovere la numerizzazione dell’industria nazionale.
In questo quadro scoppia il caso Wolkswagen, i cui possibili sbocchi potrebbero essere devastanti per l’azienda, per il settore e per l’intera economia tedesca.
La questione cinese
L’eccedente commerciale della Germania con i suoi partner della UE – pur restando il nostro continente di gran lunga il legame più importante-, si è ridotto da 170 a 120 miliardi di euro tra il 2007 e il 2014, mentre l’eccedenza con il resto del mondo passava da 10 a 90 miliardi (Gauchon, 2016).
Ora i paesi emergenti rallentano e, in tale quadro, il mercato cinese, che sembrava il più promettente, è soggetto ora a diverse sfide e nel 2015 le esportazioni verso il paese si sono ridotte per la prima volta dopo diciotto anni: la Germania soffre il rallentamento della crescita di quella economia che, comunque, pone ormai inoltre una minore enfasi verso il settore industriale e una maggiore verso quello dei servizi, i cui input in termini di impianti e macchinari sono molto minori. Ma si affaccia anche il problema relativo al fatto che la Cina tenderà ad essere sempre più un concorrente dei prodotti e delle tecnologie tedesche. Si pensi a quanto è già successo nel settore delle energie alternative o in quello dei treni ad alta velocità. I cinesi imparano in fretta.
Il sistema finanziario
Un altro punto debole è dato dal pessimo stato del sistema finanziario. Non che manchino le risorse e questo è comprensibile in un paese con una tale bilancia delle partite correnti. Il punto è che il sistema bancario appare molto malato, sia per quanto riguarda le (poche) grandi banche, che quelle piccole e medie, sotto la non brillante tutela, queste ultime, della politica locale.
Si consideri che l’istituto di maggiori dimensioni, la Deutsche Bank, ha perso nel solo 2015 circa 6,8 miliardi di euro. Non solo, ma essa, dopo la Wolkwagen, è ora soggetta ad una nuova inchiesta per frode da parte delle autorità Usa.
Conclusioni
Nonostante i buoni risultati economici del momento l’economia tedesca presenta in prospettiva diversi problemi politici – tra i quali quello della stabilità interna e dell’impasse della costruzione europea- ed economici, alcuni dei quali abbiamo elencato. Così il futuro anche prossimo appare perlomeno incerto.
Testi citati nell’articolo
-Charlemagne, An ill wind, The Economist, 23 gennaio 2016
-Damon J., La fin du peuple allemand?, Conflits, gennaio-marzo 2016
-Gauchon P., Empire du milieu ou royame du centre mou ?, Conflits, gennaio-marzo 2016
-Lechevalier A., Salaire minimum en Allemagne : tous gagnants, Alternatives Economiques, gennaio 2016
-Lemaitre F., Angela Merkel perd un détracteur de choix, Le Monde, 20 gennaio 2016, a
-Lemaitre F., L’Allemagne mise sur la demande intérieure, Le Monde, 16 gennaio 2016, b
-Madelin T., L’Allemagne affiche un excédent budgétaire record de 12 milliards d’euros, Les Echos, 15-16 gennaio 2016
-Munchau W., Gloom gathers over the challenges that Germany faces, www.ft.com, 17 gennaio 2016