Voto cinque Sì al Referendum dell’8 e 9 giugno e spiego perché: contro l’insicurezza economica della precarietà che danneggia l’intero sistema produttivo scoraggiando l’innovazione; per fermare le morti sul lavoro e perché si torni a investire in sicurezza e formazione.
Voterò cinque SÌ al Referendum dell’8 e 9 giugno innanzitutto, per fermare il lavoro precario, anche perché – come dimostrano ormai numerosi studi – la precarietà non colpisce solo i lavoratori, aumentando l’insicurezza economica, ma danneggia anche l’intero sistema produttivo. In che modo? Consentendo a una parte delle imprese di sopravvivere solo grazie a salari bassi e al lavoro non tutelato, scoraggiando così gli investimenti di lungo periodo e l’innovazione.
Voterò SÌ anche per fermare le morti sul lavoro – che oggi sono in media tre al giorno – così che si torni a investire nella formazione e nella sicurezza dei lavoratori.
E infine, voterò SÌ anche per dire che quattordici anni sono troppi per ottenere la cittadinanza. Non dieci, ma quattordici anni, perché in Italia si aspetta fino a quattro anni solo per ricevere una risposta. Insomma, si tratta di un’attesa lunghissima, che esclude milioni di persone dalla piena partecipazione politica – persone che vivono, studiano e lavorano in questo Paese. Inoltre, credo che la cittadinanza sia una condizione fondamentale per una vera integrazione. E lo dico da cittadina serba che ha vissuto questo percorso, e oggi anche da cittadina italiana.
Per tutte queste ragioni è importante votare l’8 e il 9 giugno. Andateci, e portate con voi familiari, amici, vicini che ne hanno il diritto – anche per chi, oggi, quel diritto non ce l’ha.
Jelena Reljic è un’economista, docente di Economia politica all’università La Sapienza di Roma