Che cosa sono i movimenti sociali e come sono cambiati dal dopoguerra a oggi? Quale rapporto hanno con la politica istituzionale e i partiti, nel quadro italiano e internazionale? Questi i temi al centro del dialogo tra Luciana Castellina e Donatella della Porta organizzato dalla Scuola Normale Superiore.
Il 12 febbraio 2021 prendeva forma il governo Draghi, un esempio classico di politica “dall’alto”. Nelle stesse ore, la possibilità di una politica “dal basso” era al centro del dialogo online organizzato dalla Scuola Normale Superiore fra Luciana Castellina, l’intellettuale comunista che ha attraversato tutti i movimenti dal dopoguerra a oggi, e Donatella della Porta, la sociologa che ha contribuito a imporre i movimenti sociali come campo di studio. È una discussione sul passato e il futuro dei movimenti sociali e sulle opportunità che l’azione collettiva ha di influire sul potere politico.
Il primo nodo è la distanza abissale fra la politica “dal basso” e la politica istituzionale, fra movimenti e partiti, che è evidente soprattutto in Italia. È l’eredità scomoda del ’68 – sostiene Luciana Castellina – di un movimento che ha fortemente contestato il sistema dei partiti, compreso il PCI. Fino ad allora i partiti nascevano e si alimentavano dai movimenti sociali. La Resistenza e le grandi lotte operaie furono movimenti popolari che costituirono anche la base sociale dei partiti di massa. Nel dopoguerra i milioni di iscritti, le sezioni e le case del popolo del PCI non erano semplicemente un bacino elettorale e una fonte di finanziamento, ma un mondo militante che sosteneva e indirizzava l’azione del partito.
Di fronte al ’68, i partiti apparivano macchine burocratiche “obese”, lente nell’interpretare i cambiamenti sociali. Le nuove linee di conflitto trovavano espressione nelle strade e nelle piazze, in quella che Donatella della Porta chiama l’“azione diretta”. Terminato il ciclo di movimento, lungo e altamente conflittuale, degli anni ‘70, le piccole organizzazioni della “nuova sinistra” ottengono scarsi risultati elettorali. Cresce sempre di più la frattura fra movimenti sociali e politica istituzionale che rimarrà una costante della storia italiana. All’inizio degli anni duemila, i movimenti per la giustizia globale si ritrovano contro il G8 di Genova e al Social Forum di Firenze, ma i partiti del centro-sinistra appaiono incapaci di rappresentare le istanze alter-globaliste, perché allineati con il pensiero e le politiche neoliberiste che caratterizzano i governi del paese durante tutta la “seconda Repubblica”.
Il secondo nodo riguarda la classe sociale e l’organizzazione. Secondo Luciana Castellina, i movimenti del passato erano sempre stati movimenti di classe, compreso il ’68. La lettura del ’68 come ubriacatura collettiva di una generazione antiautoritaria e libertaria è parziale perché ne rimuove la componente radicalmente anti-capitalista. Anche oggi – ricorda Luciana Castellina – i movimenti non possono limitarsi a praticare una caritatevole solidarietà verso le fasce sociali più deboli. Le forme di mutualismo che si sono moltiplicate durante la pandemia sono importanti, ma non bastano. Oltre alla solidarietà e alla costruzione di reti, serve dare voce alle classi rimaste senza voce, serve la politica, e i movimenti in Italia sembrano essersene dimenticati. Il movimento per l’acqua pubblica, popolare e radicato, vittorioso nel referendum del 2011, ha perso la grande occasione di farsi esso stesso istituzione, protagonista e soggetto di un’autogestione dei servizi pubblici locali.
Allargando lo sguardo al contesto internazionale, Donatella della Porta sottolinea che, dopo la crisi economica del 2008, i movimenti contro l’austerità hanno avuto effetti profondi sulla trasformazione della politica, in America Latina, come in Grecia, Spagna e Portogallo. Qui i partiti della sinistra radicale si sono riorganizzati (Syriza e Bloco de Esquerda) o addirittura formati (Podemos) proprio grazie alla spinta proveniente dai movimenti sociali e ne hanno canalizzato le istanze in parlamento e al governo, pur non senza contraddizioni. Nel caso di Barcellona è il movimento locale per il diritto alla casa ad essere all’origine dell’esperimento politico che ha portato Ada Colau al governo della città. E forse avremmo ancora Trump alla Presidenza degli Stati Uniti se non ci fosse stata la rivolta dei Black Lives Matter.
L’Italia, dove le spinte alla protesta hanno preso soprattutto la via del Movimento Cinque Stelle, resta allora un’eccezione? Un paese bloccato? Castellina e della Porta concordano su questo paradosso italiano: la vivacità dei movimenti attivi in Italia e la loro distanza da una politica incapace di rinnovarsi. Una vivacità che si è recentemente arricchita di esperienze ispirate ai movimenti transnazionali, come gli ambientalisti di Fridays For Future, gli scioperi dei lavoratori della logistica e dei riders, le femministe di Non Una Di Meno. Nessuno di questi movimenti – evidenzia della Porta – può essere definito “single issue”, cioè monotematico. Sono movimenti “intersezionali” che contrastano molteplici forme di oppressione – razziale, di classe, di genere, persino generazionale – rivendicando giustizia sociale, giustizia ambientale e diritti.
Alla luce delle lezioni della storia e dei problemi del presente, che cosa dire allora ai giovani oggi? Castellina e della Porta non hanno dubbi: stare dentro i movimenti. L’esito di ogni lotta è incerto, ma cercare di risolvere i propri problemi insieme fa la differenza, permette di uscire dall’isolamento e dalla frammentazione, offre una possibile felicità collettiva.
Il dialogo si può vedere integralmente sul canale Youtube della Scuola Normale Superiore, a questo link: https://www.youtube.com/watch?v=W_Wv8RSBhJc&t=509s
* Daniela Chironi è assegnista di ricerca presso la Facoltà di scienze politico-sociali della Scuola Normale Superiore a Firenze.