I fondi ordinari sono calati di 200 milioni dal ’23 e ancora di più considerata l’inflazione. Il calo dura da anni e ora strozza la ricerca di base.Da Il Fatto Quotidiano
Cosa sta facendo il Governo per l’università e la ricerca? Spende di più, come dice, o di meno, come dicono quasi tutti gli altri? Cominciamo a fare chiarezza sui numeri (per una discussione più estesa si veda “Il soffocamento dell’università e l’impoverimento del Paese continuano”, Scienza in Rete). Chiariamo innanzitutto l’argomento del contendere: si tratta del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) che è lo strumento principale attraverso il quale lo Stato italiano finanzia le università pubbliche. Questi finanziamenti vengono utilizzati per coprire le spese correnti e per sostenere le attività istituzionali di didattica, ricerca e terza missione. L’Ffo totale è poi distribuito dal ministero dell’Università e della ricerca (Mur) alle università in base a vari criteri che tengono conto in particolare della dimensione degli atenei e numero di studenti iscritti; della qualità della ricerca e della didattica (valutata da enti come l’Anvur); dei risultati ottenuti in termini di efficienza gestionale e occupabilità dei laureati. Questo Fondo dal 2023 al 2024 si è ridotto a prezzi correnti, cioè senza tenere conto dell’inflazione, di circa 200 milioni. Se invece ne teniamo conto, come bisogna, e prendiamo tutto, per esempio, ai prezzi del 2000, allora si vede che il picco nel periodo recente è stato nel 2021 (che peraltro è stato inferiore al valore del 2007) e poi non ha smesso di calare. Una immagine simile emerge se calcoliamo l’Ffo in proporzione al prodotto interno lordo (Pil), che poi misura la quota delle risorse nazionali che vanno all’istruzione universitaria ed alla ricerca: c’è un piccolo picco nel 2020 e poi continua a calare. Ancora più impietoso è il confronto con gli altri Paesi europei: la nostra proporzione è circa la metà di Francia e Germania e, come visto, in continuo calo.