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Una strategia per il rilancio dell’economia europea

Per contrastare la drammatica crisi economica in Europa legata agli effetti della pandemia serve un massiccio piano di rilancio a livello continentale incentrato sul ruolo e gli investimenti pubblici dell’Unione Europea, con la monetizzazione del debito, da un lato, e l’emissione di recovery bond, dall’altro.

La crisi del Covid-19 è ormai diventata un fenomeno globale ed è al centro di un dibattito serrato e quotidiano tra politici, così come tra scienziati e “comuni cittadini”. La diffusione del virus ha determinato cambiamenti radicali nelle politiche implementate da governi e banche centrali. C’è largo consenso tra gli economisti sulla necessità che i governi delle economie più avanzate – Europa e Stati Uniti in primis in quanto attuale epicentro della pandemia – dovranno implementare misure straordinarie per contrastare le conseguenze economiche di questa crisi.

L’attuale crisi economica si caratterizza per essere un complesso shock che ha travolto sia il lato della domanda che quello dell’offerta. Sul lato dell’offerta, le misure restrittive prese dai governi per riuscire a ridurre i contatti tra persone (il cosiddetto social distancing) e contenere così la diffusione del virus, hanno portato all’interruzione di numerose attività economiche. La restrizione ai movimenti delle persone e i limiti imposti al funzionamento delle aziende hanno contemporaneamente determinato una caduta della domanda aggregata.

Da un lato, l’esplosione della disoccupazione, la sospensione temporanea di alcune attività lavorative e l’inattività imposta ai lavoratori autonomi stanno causando una caduta dei consumi delle famiglie. Dall’altro lato, le imprese non hanno alcun incentivo a investire, confrontandosi con un contesto di depressione della domanda, chiusure forzate e incertezza radicale. Inoltre, private dei loro flussi di cassa attesi, molte imprese rischiano di fallire. La contrazione della domanda è però così acuta da rappresentare una possibile spiegazione del perché processi inflattivi, dovuti alla contrazione dell’offerta, non sembrano rappresentare al momento una particolare minaccia: piuttosto sembra probabile una, più preoccupante, dinamica deflattiva.

Suggeriamo che, per combattere la crisi, i governi dell’Eurozona e le istituzioni europee adottino una strategia impostata su due stadi. In primo luogo, una forte azione emergenziale da parte dei governi dell’Eurozona finalizzata sia a coprire i costi fissi delle imprese (es. affitti e costi di mantenimento/manutenzione che le imprese dovranno comunque sostenere nonostante l’inattività), in particolare medie e piccole, che a garantire i pagamenti dei salari in un contesto di economia “sospesa”. Suggeriamo, poi, l’implementazione di un piano di rilancio economico a livello europeo basato su investimenti pubblici finalizzati ad affrontare la crisi climatica (da non dimenticare) e la necessità di sistemi sanitari ben funzionanti (ora forse chiara).

Proponiamo che questi interventi siano finanziati secondo due diverse modalità. In prima battuta, i governi nazionali emettono titoli pubblici per coprire i costi relativi all’emergenza. Questi titoli vengono automaticamente comprati dalla Banca Centrale Europea, che monetizzerà questa parte delle spese degli stati, evitando così un aumento dei debiti nazionali (se i titoli vengono cancellati o se non vengono considerati nel calcolo del debito a livello europeo). In questo modo la BCE finanzierà implicitamente i costi extra che i governi dovranno sostenere durante la fase emergenziale della crisi, agendo in un certo senso come un elicottero che butta soldi sull’economia. In seconda battuta, istituzioni europee – come la Banca Europea per gli Investimenti (BEI), che potrebbe già essere operativa, e la Commissione Europea, successivamente – emetteranno dei titoli, che potrebbero chiamarsi European Pandemic Recovery Bonds (EPRB), finalizzati al rilancio dell’economia europea nell’immediato dopo-crisi.

Il primo punto è indispensabile, urgente e potrebbe aiutare a superare le visioni esistenti tra i governi dell’Eurozona. Il secondo è altrettanto rilevante e la sua importanza va al di là della crisi attuale, ma c’è un po’ più di tempo per discuterne.

In assenza di una visione condivisa tra paesi dell’Eurozona su come procedere verso un’unione fiscale, la BCE dovrebbe trasformarsi ulteriormente in una maniera fin qui non considerata: il ruolo della BCE dovrebbe andare molto al di là della visione che ne hanno alcuni stati membri di mero controllore della stabilità dei prezzi. Alla luce della gravità dell’attuale crisi sanitaria e delle sfide che questa pone all’esistenza dell’area Euro, questa volta il whatever it takes necessita di mosse ben più radicali.

Sfortunatamente il dibattito tra paesi dell’area Euro è abbastanza sconsolante. Se anche in questa situazione eccezionale gli stati membri non riusciranno a trovare un accordo per agire insieme, usando tutti gli strumenti possibili contro uno shock di così grande portata, allora i singoli paesi potrebbero trovarsi nella situazione di dover monetizzare da soli i debiti derivanti da questa crisi. Questo, naturalmente, vorrebbe dire uscire dall’Euro e tornare a banche centrali nazionali, o forse, muoversi nella direzione di un gruppo più ristretto di paesi (tra cui ad esempio, Francia, Italia e Spagna) che concordino su una maggiore condivisione delle politiche monetarie e fiscali in un’Europa rinnovata e più cooperativa.

La sospensione del Patto di Stabilità e Crescita e l’attuale discussione su uno schema di sostegno alla disoccupazione a livello europeo, così come la forte risposta della BCE alla crisi che ha ampliato il quantitative easing, ci danno qualche speranza che qualcosa si stia muovendo in Europa. C’è ancora però bisogno di molto, soprattutto in termini di politiche fiscali.

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Il testo integrale del policy brief i cui contenuti sono riassunti in questo articolo è disponibile qui

* Alberto Botta, University of Greenwich (London, UK), a.botta@greenwich.ac.uk
** Eugenio Caverzasi, Università degli Studi dell’Insubria (Varese), eu.caver@gmail.com
*** Alberto Russo, Universitat Jaume I (Castellòn de la Plana, Spain) & Università Politecnica delle Marche (Ancona), russo@uji.es