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Una possibile riforma degli ammortizzatori sociali

Un sistema di ammortizzatori universale diviene essenziale come paracadute e infrastruttura sociale anche per il PNRR. Questo articolo sintetizza il lavoro svolto dalla commissione nominata dall’ex ministra Catalfo per elaborare un progetto di riforma che ancora stenta a decollare.

L’impatto della crisi pandemica e il sistema degli ammortizzatori sociali 

La crisi economica innescata dal diffondersi della pandemia da Sars-Cov-2 ha contribuito ad esacerbare la moltitudine di diseguaglianze – sociali, economiche e territoriali – che da lungo tempo affliggono l’economia italiana. Nel farlo, la crisi ha messo in luce i limiti di un sistema di protezione sociale e, in particolare, di ammortizzatori sociali[1] che si è mostrato incapace di tutelare tutte le categorie e i soggetti necessitanti supporto e di fornire prestazioni di entità e durata adeguata a tutti coloro che ne hanno diritto. Quali, i principali limiti posti in evidenza dalla crisi pandemica? In primo luogo, l’eterogeneo grado di copertura del sistema di ammortizzatori sociali.

La Cassa Integrazione Guadagni (CIG), decisiva per garantire (almeno in parte) i redditi di milioni di lavoratori nel corso della pandemia, copre tuttavia in modo parziale i settori produttivi e le imprese rendendo privi di sostegno un ampio numero di lavoratori. In secondo luogo, anche laddove il sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro è previsto, la differente capacità d’agire (in termini di entità e durata delle prestazioni) della CIG, da un lato, e dei Fondi alternativi e di solidarietà (Fondi di solidarietà e alternativi e FIS)[2], dall’altro, si traduce in sostanziali disparità di trattamento che, di fatto, proiettano nel dominio delle prestazioni sociali le diseguaglianze che sono già presenti nel mercato del lavoro. A ciò si aggiungano le ulteriori disparità e la confusione generata dagli interventi in deroga che vanno a tamponare in modo estemporaneo ed emergenziale specifiche criticità settoriali/territoriali offrendo scarse garanzie per quanto riguarda l’adeguatezza degli interventi e la qualità della implementazione.

In terzo luogo, la pandemia ha messo nuovamente a nudo la segmentazione del mercato del lavoro italiano dove una massa sempre più consistente di autonomi a basso reddito, parasubordinati, lavoratori discontinui e soggetti privi di qualsiasi riconoscimento formale del proprio rapporto di lavoro si trova in condizioni di totale assenza o di sostanziale inadeguatezza delle tutele a cui è in grado di accedere.

Questo articolo sintetizza il lavoro svolto dalla Commissione nominata dal ministro del Lavoro, nel luglio 2020, con il fine di elaborare un progetto di riforma del sistema degli ammortizzatori sociali che fosse capace di rispondere all’obiettivo, più volte enunciato ma mai effettivamente raggiunto dal Legislatore, dell’universalizzazione delle tutele. Un’universalizzazione, fondata sul principio mutualistico-assicurativo e declinata nel rispetto delle eterogeneità caratterizzanti il sistema produttivo italiano (i.e. un ‘universalismo differenziato’), in grado di eliminare le disparità nell’accesso alle prestazioni di sostegno al reddito e di rendere la rete di protezione tempestiva e efficace a prescindere dal settore, dalle dimensioni d’impresa e dalla natura contrattuale dei rapporti di lavoro.

Dato l’obiettivo, l’analisi preliminare e il disegno di riforma posti in essere dalla Commissione hanno compreso al loro interno: l’insieme degli strumenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro (CIG, CIGS, FIS, Fondi) e in caso di disoccupazione (NASPI e DISCOLL); gli strumenti di sostegno specificamente previsti per il settore agricolo (CISOA). A ciò si è aggiunta l’elaborazione di una proposta concernente nuovi strumenti finalizzati alla tutela del reddito dei lavoratori autonomi e dei prestatori d’opera occasionali nonché al supporto dei dirigenti durante le fasi di eventuale ricollocazione (i.e. buono di ricollocazione).

I presupposti e gli obiettivi di politica economica

Invero, il bisogno di riformare, rendendolo universale, il sistema degli ammortizzatori sociali non discende esclusivamente dalla necessità di colmarne le carenze e di eliminare le già menzionate iniquità. La costruzione di un sistema di ammortizzatori sociali capace di ridurre l’incertezza economica in modo generalizzato e di favorire i processi di aggiustamento quando questi assumono le forme di crisi transitorie rappresenta un tassello chiave nell’ambito di una più generale strategia di politica economica volta a sostenere la domanda aggregata e a favorire la trasformazione e l’irrobustimento della struttura produttiva.

Nel contesto attuale, considerati l’ulteriore crescita delle diseguaglianze, l’indebolimento della struttura produttiva già fiaccata da precedenti recessioni e la perdurante incertezza circa i tempi e le modalità di uscita dalla crisi pandemica, l’edificazione di un sistema di ammortizzatori universale diviene essenziale affinché la ripresa possa avere luogo e gli effetti attesi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) riescano a dispiegarsi.

Già prima della pandemia, bassi salari, precarietà occupazionale e domanda interna stagnante erano identificabili quali cause primarie, a fianco della carenza di investimenti e dell’abbandono di politiche industriali verticali e selettive, del declino economico italiano. Seppure il PNRR riuscisse in parte a invertire la rotta per quanto riguarda la dinamica degli investimenti, l’assenza di un’azione sul fronte dei redditi e della riduzione dell’incertezza gravante sui segmenti più fragili del mercato del lavoro potrebbe vanificare ogni sforzo. Da questo punto di vista, gli obiettivi di politica economica che la riforma degli ammortizzatori disegnata dalla Commissione si è posta possono essere così sintetizzati:

  1. garantire la tutela dei livelli occupazionali e del potere d’acquisto così da determinare, attraverso la riduzione dell’incertezza, un effetto benefico sulla domanda aggregata e sul Pil.
  2. Garantire alle imprese adeguata flessibilità nella gestione della forza lavoro occupata (garantendo in tutti i casi in cui questo è possibile la continuità dei rapporti di lavoro in essere) così da velocizzare la fase di transizione assicurando allo stesso tempo che l’adeguamento tecnologico e organizzativo coincida con la tutela e la valorizzazione della forza lavoro già impiegata.
  3. Estendere la copertura degli attuali strumenti di integrazione al reddito in costanza di rapporto di lavoro alle categorie che sono attualmente prive di tale copertura quali i lavoratori autonomi.[3]
  4. Semplificare e universalizzare il sistema di welfare nella direzione di uno strumento unico per quanto concerne l’integrazione al reddito in costanza di rapporto di lavoro potenziando, allo stesso tempo, le sinergie tra tale strumento e quelli di sostegno al reddito a favore dei disoccupati.
  5. Sanare, nella misura del possibile, le criticità emerse sia nel corso della pandemia sia nel periodo precedente per quanto riguarda: (a) l’eccessiva frammentazione del sistema di integrazione al reddito e le disparità in termini di entità e tempestività delle prestazioni; (b) la penalizzazione attualmente caratterizzante i soggetti dotati di contratto a tempo parziale e temporaneo nonché quelli con percorsi di carriera e contributivi intermittenti relativamente all’accesso, all’entità e alla durata delle prestazioni, sia per quanto riguarda l’integrazione in costanza di rapporto di lavoro, sia i sussidi di disoccupazione come la NASPI (in quest’ultimo caso, di particolare rilevanza risulta essere la fissazione di un tasso di sostituzione maggiore rispetto a quello odierno o di una formula progressiva che tuteli in misura relativamente maggiore le persone a minor salario, la revisione dei criteri di décalage per evitare cadute rilevanti dell’importo che penalizzino chi ha maggiori difficoltà di reinserimento, l’estensione della durata massima della prestazione a tutela di chi ha storie contributive molto frammentate, in primis dipendenti a termine e collaboratori); (c) gli strumenti di integrazione al reddito in costanza di rapporto di lavoro attivati nel caso di crisi di natura straordinaria (CIGS).
  6. Valorizzare, in coerenza con il nuovo quadro che verrà ad essere delineato, gli istituti esistenti quali i Fondi di Solidarietà e i Fondi Alternativi, riarticolando le relative funzioni in una logica che sia di complemento e di integrazione rispetto alla tutela di natura universale fornita dallo strumento di integrazione al reddito universale oggetto della presente proposta nonché dagli strumenti di sostegno al reddito in caso di perdita del posto di lavoro, cessione di rami d’azienda e cessazione delle attività.

Gli elementi chiave della proposta di riforma

Universalismo differenziato. Il sistema deve essere in grado di garantire a tutti, a prescindere dal settore, le dimensioni dell’impresa, la categoria occupazionale, la tipologia contrattuale una rete di protezione economica adeguata per quanto concerne entità e durata. In un quadro mutualistico-assicurativo, la differenziazione si estrinseca nel modulare (i.e. differenziazione delle aliquote e possibile modulazione tra aliquote ordinarie e contributi addizionali) il contributo imposto alle diverse tipologie di impresa e di settore tenendo conto delle eterogeneità strutturali che caratterizzano il sistema produttivo.

Per quanto riguarda gli ammortizzatori in costanza di rapporto di lavoro: i) estensione della CIG a tutti i lavoratori includendo coloro che oggi sono coperti dai Fondi e chi è privo di copertura; ii) aumento del tetto dell’integrazione salariale al fine di garantire che tutti i percettori ottengano effettivamente l’80% della retribuzione e previsione di una soglia minima per evitare che coloro che hanno un rapporto di lavoro a tempo parziale ricevano una prestazione inferiore ad una soglia minima che, tra le varie ipotesi, si è immaginata coincidere con l’importo massimo erogabile dal Reddito di cittadinanza; iii) incentivazione del contratto di solidarietà così da ridurre il rischio che fasi di crisi e/o di ristrutturazione si traducano in una non necessaria distruzione di posti di lavoro e competenze.

Per i lavoratori autonomi, la proposta elaborata dalla Commissione ha previsto l’introduzione di una misura di sostegno al reddito più ampia dell’ISCRO (strumento di sostegno al reddito a favore dei lavoratori autonomi introdotto dal Legislatore lo scorso dicembre) che si struttura nel modo seguente: per i redditi annui fino ai 35mila euro, nel caso di una riduzione del fatturato maggiore di un terzo rispetto ai tre anni precedenti, si è ipotizzato di corrispondere per dodici mesi il 50% dell’importo del fatturato perso garantendo in ogni caso con un minimo che non possa essere inferiore al Reddito di cittadinanza.

Nel caso di perdita del lavoro, la proposta di riforma della Commissione ha disegnato i seguenti interventi: i) unificazione delle attuali prestazioni di sostegno al reddito, NASPI e DISCOLL; ii) per coloro che hanno fino a 35 anni si prevede l’eliminazione del requisito delle 13 settimane di contributi pagati nei 4 anni precedenti per l’accesso alla prestazione; iii) aumento della durata delle prestazioni (prevedendo un minimo di 6 mesi) facendo coincidere questa al periodo di contribuzione del percettore; iv) abolizione del décalage; v) per i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata dell’INPS, che non abbiano versato contributi per un anno, una indennità mensile basata sui contributi versati nei tre anni precedenti.

Infine, la proposta ha previsto un generalizzato rafforzamento delle politiche attive del lavoro: i) superamento del divieto di cumulo tra prestazioni sociali e brevi periodi di lavoro al fine di favorire l’emersione; ii) obbligo di attività formative a partire dalla tredicesima settimana di CIG; iii) attività formative per i percettori di CIGS a fronte di specifica richiesta da parte delle imprese; iv) divieto di ricorso alla CIGS per coloro che abbiano frequentato i corsi finanziati dal Fondo Nuove Competenze[4].

A partire da un’analisi sistematica delle conseguenze sociali ed economiche della pandemia e della reazione del sistema di welfare italiano, la Commissione ha definito i lineamenti di una riforma degli ammortizzatori sociali in grado di fornire una copertura universalistica – favorendo l’inclusione tra i percettori di tutti coloro che sono oggi esclusi dalle prestazioni di sostegno al reddito previste dall’ordinamento nonché garantendo, in ogni caso, prestazioni che non possano essere inferiori ad un minimo identificato – capace di massimizzare protezione sociale ed equità, mantenendo un impianto mutualistico-assicurativo e tenendo conto, in particolare per quanto concerne la distribuzione degli oneri contributivi, dell’eterogeneità del sistema industriale e occupazionale italiano.

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Note al testo

[1] Questo articolo contiene una sintesi delle riflessioni e delle proposte elaborate dalla Commissione ministeriale denominata “Tavolo tecnico di studio sulle tematiche concernenti le forme e gli strumenti di sostegno al reddito, con il compito di definire linee di indirizzo ed interventi per una riforma delle normative in materia di ammortizzatori sociali”. La Commissione, istituita l’8 luglio 2020, era presieduta dal ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Sen. Nunzia Catalfo e composta dai prof. Marco Barbieri, Dario Guarascio, Mariella Magnani, Vito Pinto e Simonetta Renga. Le attività della Commissione si sono concluse il 31 marzo 2021. Resta inteso che opinioni espresse, eventuali refusi o inesattezze sono interamente ascrivibili all’autore del presente articolo. La versione integrale della proposta di riforma elaborata dalla Commissione può essere scaricata al seguente link: http://csdle.lex.unict.it/docs/generic/Linee-di-indirizzo-e-proposte-di-intervento-per-la-riforma-universalistica-degli-ammortizzatori-soci/6183.aspx

[2] In questa sede non si intende entrare nel dettaglio delle differenze che intercorrono tra i diversi strumenti di sostegno al reddito né tantomeno enumerare le criticità che hanno caratterizzato ciascuno strumento e che sono emerse nel corso della crisi. Per approfondimenti si rimanda a: Renga, S. (2021), “Un taccuino per la riforma degli ammortizzatori sociali”. Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale.

[3] Su questo punto, si veda: Franzini, M. e Raitano, M. (2020), “Quando svanisce il reddito”. Il Menabò di Etica ed Economia: https://www.eticaeconomia.it/quando-svanisce-il-reddito-da-lavoro-ipotesi-di-riforma-degli-ammortizzatori-sociali/

[4] Il Fondo Nuove Competenze è cofinanziato dal Fondo sociale europeo ed è finalizzato al sostegno delle imprese che intendono destinare parte dell’orario di lavoro del personale impiegato alla formazione.