“Valentino amava con passione perfino smodata il manifesto, ma il manifesto era molto più riservato, sulle sue. In una sola occasione ci siamo lasciati andare, abbiamo restituito qualcosa al suo amore sconfinato; è stato in occasione del suo settantesimo compleanno
Valentino amava con passione perfino smodata il manifesto, ma il manifesto era molto più riservato, sulle sue. Di certo alcuni – alcune – gli volevano un gran bene, ma era un bene personale, di questo o di quella, mai o quasi mai un sentimento collettivo. Come sopportare un uomo così disordinato e imprevedibile, poco puntuale e sempre smodato nel bere e nel fumare? Per anni e per decenni molte generazioni di manifestini hanno preferito astenersi. No, Vale non era il capo del nostro partito comunista o partito-manifesto tout-court; piuttosto un fratello che il più delle volte sbaglia o pasticcia. In una sola occasione ci siamo lasciati andare, abbiamo restituito qualcosa al suo amore sconfinato, gli abbiamo fatto un regalo che veniva dal nostro cuore; è stato in occasione del suo settantesimo compleanno. Per una volta abbiamo pensato che era davvero il nostro capo; di noi che chi più chi meno eravamo comunisti e gli abbiamo fatto il dono che si meritava o forse l’omaggio esagerato che spettava al numero uno. Gli abbiamo regalato quello che noi – povera gente – avevamo e quello che lui amava soprattutto: gli abbiamo regalato un giornale: un manifesto che parlava solo di lui.
Il manifesto, giornale di chiacchieroni e chiacchierone, fatto di personaggi che avrebbero venduto la primogenitura e anche altro per la notizia e l’esclusiva, si trasformò in un convento di clausura. La consegna era quella del silenzio. Vale non doveva saperne niente del manifesto –Valentino che si stava costruendo. Insieme al giornale normale se ne fece così un secondo, segreto – scritto, composto, attrezzato di pubblicità, interviste, vignetta, servizi esteri –che aveva Valentino come tema unico. Si scomodarono perfino i capitalisti e i banchieri che lo conoscevano per ottenere anche da essi – nel riserbo totale – un contributo di affetto o di amicizia. La raccolta dei testi dai nemici di classe, come non si usava dire quasi più (Valentino non diceva così, se non per prenderci in giro) fu il massimo segno di bravura da parte di direttori e capi redazione che in quelle poche ore smisero di litigare e seppero raccogliere i pezzi, coordinare il giornale speciale e presentarlo il sette febbraio 2001 al nostro amato settantenne. Tutto funzionò alla perfezione, una volta tanto. Il festeggiato ringraziò molto, ma visibilmente era seccato. Non gli sembrava vero, non gli sembrava giusto perdere tanto tempo e tanti soldi, quando c’era ben altro da fare e da capire. Poi, siccome si adattava all’esistente, se ne fece una ragione: lesse tutto e si divertì anche un po’. Gli piacque soprattutto l’editoriale di Luigi Pintor che in trenta righe scarse riusciva a parlare con molto affetto non solo del suo amico di una vita, ma anche di Giaime, un ragazzo che considerava Alice nel paese delle meraviglie il migliore dei libri. Io però ho sempre “preferito Pinocchio” aggiungeva Luigi, pensando forse di far cosa gradita a Valentino.