Si potrebbe riscrivere la proposta di una sottoscrizione italiana per uscire dall’emergenza Covid-19 con progetti che salvaguardino la bellezza e l’integrità naturale del territorio. Un grande prestito di pace – tipo 100 miliardi – con dividendo in Natura e tasso al 3 per cento.
Giulio Tremonti – sì proprio lui – ha elaborato una proposta di finanziamento della fase due del Coronavirus, forse suggerita in primis dalla fertile fantasia di Mario Draghi (ripresa da Francesco Giavazzi e Guido Tabellini e con più elementi da Antonio Misiani, viceministro) e l’ha raccontata giovedì della scorsa settimana a Sebastiano Barisoni alla Radio 24 . Si tratta di fare cassa con una formidabile pubblica sottoscrizione italiana, una sorta di prestito nazionale, con queste quattro caratteristiche: un importo colossale – metti cento miliardi di euro – un interesse significativo – metti il tre per cento garantito dallo Stato – una lunga scadenza di venti o cinquanta anni – o metti cento anni – e nessuna tassa presente e futura. Tremonti, vero vulcano di idee, ha poi lasciato perdere; non ha insistito e si è occupato di tallonare con un articolo uscito su Il Sole 24 Ore del 7 aprile i tedeschi in una spericolata operazione di sostegno pubblico alle loro imprese nazionali, suggerendo di finanziare la ripresa italiana con un’apposita novella modifica della Cassa depositi e prestiti a imitazione di una certa tedesca Finanzagentur, l’originale di cui la CDP sarebbe la copia conforme. Della prima misura tremontiana (o di qualcuno degli altri) si è in certo modo incapricciato il senatore Matteo Salvini, stanco di settimane di silenzi, ripetendola nell’intervista a Giovanni Floris nella trasmissione Di Martedì, con frasi frettolose e confuse. L’idea, partorita , forse, da Draghi, suggerita da Tremonti, ripetuta da Giavazzi e Tabellini, rafforzata da Misiani) intesa ormai come una solita salvinaggine, sempre che venga presentata e sostenuta da qualcuno, sarà sconfitta in Parlamento e fuori, come indecorosa, impraticabile, come un vecchio arnese. Invece… Invece si potrebbe farne qualcosa.
Invece di frignare sulla nostra sorte maligna, di inveire contro i nordisti europei avari come altrettanti Scrooge che non vogliono tassarsi per non rilanciare la nostra illimitata – e fastidiosa – ripresa industriale, si potrebbe introdurre in Italia, dall’Italia, un “prestito di pace” finalizzato a uno scopo preciso: fare pace con la natura, risolvere un po’ di questioni ambientali. Molti denari per comprare nuovi attrezzi di lavoro, nuove tecniche e nuove uniformi per ricostruire e ripulire la natura, distrutta o ferita da noi. Da persone ignoranti disposte a tutto per guadagnare di più o più in fretta; oppure per fare, se si preferisce la metafora, la pace con noi stessi, pentiti di aver consumato e di consumare ogni giorno parti irripetibili del territorio: boschi spiagge fiumi città monti. E poi di aver messo in scena un teatrino fatto di superstrade, viadotti, ferrovie sterminate, frane, inutili capannoni, spazi perduti. Oppure di avere fabbricato merci superflue, quasi tutte sciupate per la nostra comodità immediata, la nostra pigrizia. C’è molto da fare per restituire alla natura quello che è suo, quello che le abbiamo stolidamente sottratto; molto da spendere; per vivere meglio, per avere meno rimpianti.
Chi più, chi meno, è certo. Gli incerti conti italiani mostrano la presenza nascosta di migliaia di miliardi di euro sottratti al fisco con false od omesse dichiarazioni. Le persone più fiduciose assicurano che prima o poi questi denari sottratti verranno “fuori”. Gli altri sorridono. Sanno, in molti, che i ricchi non si faranno mai sorprendere; anzi che sono proprio loro, nei fatti, a scrivere le leggi “contro” se stessi, leggi che quindi non li raggiungeranno mai. I cosiddetti ceti medi sorridono e cercano di fare come i ricchi per evitare, se non altro, di pagare per tutti. Gli operai vanno, se possibile, “in nero”. Gli alti ceti, i ricchi, sono dunque fiduciosi; sanno che nessuno li prenderà mai. Non hanno niente di che ridere, loro; per loro è giusta libertà. La natura, la bellezza insidiata dal turismo di massa – ne sono ben convinti – essi la vanno a cercare in qualche altrove. Ora però anche loro hanno imparato che un altrove non c’è.
La sottoscrizione, patriottica, per territorio e natura, per città e campagna, per mari e per monti, per laghi e per selve, offre un rilancio generale a coloro che temono per il prossimo futuro del famoso, autonominatosi, “Paese più bello del Mondo” quello con più arte e più borghi pittoreschi, più centri storici e più musei. Per i ricchi, l’occasione è da sfruttare. Essi sono quelli che portano all’estero i propri averi, cercando di salvarli dal fisco rapinatore e per lo più cercano un rifugio, mai troppo sicuro, mai abbastanza conveniente contro le impreviste scorrerie (le scorrerie dell’imprevisto), la possibilità di investire in modo sicuro e consapevole, con un ricavo abbastanza appropriato e la sicurezza dell’anonimato eterno. Hanno trovato un nascondiglio inaccessibile che tutti vedono e le guardie non vedono. Per tutti gli altri una rendita sicura per i risparmi è una soluzione insperata. Ah, la rendita del 3%! Poi ci sono quelli di cui non ci si occupa mai, milioni di persone in Italia, senza lavoro sicuro, senza talvolta casa, spesso senza patria. Molti tra loro, se hanno qualche soldo da parte, lo giocano. Anche per essi, con una buona pubblicità – è un grande gioco, raga! Si vince poco ma si vince sempre! – Il buono del tesoro Pro Natura può raccogliere dei bei soldi. E usarli bene.
Facciamo due conti. Un’ emissione, riservata agli italiani, di 100 miliardi di euro, il 6% del Pil, di titoli con scadenza a 60 anni, con un tasso d’interesse del 3%, vuol dire distribuire ogni anno 3 miliardi di rendite e, dopo due generazioni, inflazione aiutando, non avere quasi più nulla da rimborsare. Per i 300 mila italiani che hanno conti nelle banche svizzere e 2500 elencati nei Panama Papers come titolari di conti nei paradisi fiscali può essere attraente, visti i tassi d’interesse negativi sui titoli tedeschi e i crolli di Borsa di queste settimane. Per chi ha qualche risparmio da parte, è un modo sicuro di integrare il reddito e la pensione. Per il paese è una massa di risorse per investimenti e spesa pubblica ‘buona’ come mai prima, da far rifiorire la natura, e con essa perfino il Pil.
Sono tutti consapevoli di onorare la Natura quelli che giocano, quelli che apprezzano la rendita del – metti – 3 per cento? Certamente no. Sono quel che sono; sono i nostri compatrioti. Disprezzarli tutti in una volta, decidere di non voler avere più rapporti con loro non serve a niente. Se vogliamo rimettere qualcosa a posto, se vogliamo approfittare del bailamme da Coronavirus, lanciamo in fretta la nostra propaganda, approfittiamo di quel poco di pentimento dei ricchi (della serie: “anche i ricchi piangono”) e apriamo subito la grande sottoscrizione. Non tanto un obiettivo generale e necessariamente generico, ma puntuale, preciso, affidato a persone competenti e affidabili. La raccolta potrebbe essere anche indirizzata a una serie di ‘piccole opere’ precise, come la regolazione – una per tutte – del Bisagno e del Fereggiano a Genova, per poi mostrare i risultati. La natura non è per tutti uguale madre amorosa; talvolta è matrigna. Ma si tratta con lei. Conviene darsi da fare e cercare di scegliere. Si eviti ogni forma di inquinamento, si tenga pulito il mondo, si allarghino le parti comuni, le si difenda da ogni aggressione, da ogni sopruso. Basterebbe questo risultato, dopo aver insegnato nelle scuole cosa si intende fare, cosa dobbiamo fare, dopo aver convertito un po’ della comunità nazionale, per aver ben speso i quattrini della sottoscrizione italiana.