Le banche italiane corteggiano i clienti dello scudo fiscale. Unica eccezione: la Banca Etica, che annuncia che non accetterà quei soldi. Ecco perché
«Da un anno si parla di etica, di fiducia e di reputazione da ricostruire. Noi di Banca Etica allo scoppio della crisi abbiamo timidamente ricordato il nostro lavoro, non volendo sembrare cassandre né prenderci meriti. Ma oggi, dopo mesi di ipocrisie lette e ascoltate, dopo aver dovuto subire l’affronto di vedere l’etica trasformata nella foglia di fico di banche, imprenditori, politici, ci indigniamo. Anche su un fronte a noi vicino come quello cattolico, non possiamo non domandarci quante sono le realtà legate alla chiesa che si sono interrogate sull’utilizzo del denaro come riportato nell’ultima enciclica? Quante hanno fatto o stanno facendo scelte conseguenti?»: il presidente di Banca Etica Fabio Salviato non usa mezzi termini per spiegare le motivazioni profonde che hanno portato l’istituto padovano e Etica Sgr ad annunciare che non avrebbero accettato alcun rientro di capitali con lo scudo di Tremonti.
«Questa operazione, in questo momento storico, somiglia a un’amnesia – continua Salviato – dimentichiamo le responsabilità, dimentichiamo il patto sociale, ignoriamo l’identità democratica del paese, la giustizia economica, l’equità. Mettiamo via l’etica fino alla prossima occasione. Il sostituto procuratore di Milano, Francesco Greco lo ha detto senza mezzi termini: l’Italia diventa un paese off-shore. Depenalizzati i falsi in bilancio, invitati gli operatori economici a non segnalare il rischio di riciclaggio, lo scudo incita alla criminalità economica. Che – finché la legge lo permetterà – continua ad essere combattuta solo e soltanto nelle aule dei tribunali».
Tecnicamente Banca Popolare Etica e Etica Sgr hanno comunicato in modo formale che metteranno in atto una procedura esattamente agli antipodi rispetto a quella che hanno messo a punto quasi tutti gli istituti di credito e società finanziarie, pubblicizzata con grandi investimenti su tutti i mezzi di comunicazione.
«Chi decide di diventare nostro cliente deve firmare un’autodichiarazione sulla provenienza lecita delle somme depositate – spiega il direttore generale di Banca Etica Mario Crosta – per questo non abbiamo alcun rapporto al portatore, solo rapporti nominativi. Quindi per noi è una scelta consequenziale, anche nel 2002, in occasione del precedente scudo fiscale, abbiamo fatto così».
Lo scudo italiano coincide, non casualmente, con il terremoto che sta investendo le isole Cayman. Mentre migliaia di evasori, soggetti privati e giuridici, si apprestano a riportare nelle banche del Belpaese alcune decine di miliardi di euro evasi o frutto di vere e proprie frodi fiscali, nell’isola simbolo dei paradisi fiscali e degli hedge funds si fanno i conti con la crisi e si sceglie la leva tributaria.
Sino ad oggi i 9253 hedge funds internazionali di casa alla Cayman – da dove gestiscono un giro di denaro valutato in trilioni di dollari – si limitano a pagare una tassa annuale una tantum di 3000 dollari mentre tutti i residenti non hanno mai versato un dollaro di imposte. Senza contare i numerosi falcoltosi stranieri, imprenditori e professionisti, che hanno preso la residenza locale proprio per proteggere i redditi da capogiro dal rischio delle imposte. Il progetto di riforma prevede di portare a 30000 dollari la tassa annuale di iscrizione mentre per recuperare introiti per tamponare il buco di bilancio (debiti ad oltre 600 milioni di dollari) il governatore locale McKeeva Bush ha ipotizzato addirittura il ricorso ad una sorta di Tobin Tax: un prelievo del 2,5% su tutte le transazione da e per gli istituti operativi alle Cayman.