Potere economico, potere poltiico, media: è in corso un processo di erosione della democrazia. Che la nuova frontiera del web contrasta solo in parte
Il seguente brano è tratto dal volume di Vittorio Valli “L’economia americana da Roosevelt a Obama”, Carocci editore, Roma, 2010.
Negli ultimi decenni vi è stato un processo di graduale erosione della democrazia sia negli Stati Uniti sia in gran parte degli altri Paesi che sono normalmente definiti come democratici.
Ricordava John Stuart Mill (1859) che, pur con i suoi svariati limiti, la forma di stato più adatta a conciliare autorità politica e libertà individuale è la democrazia rappresentativa. Una grande conquista della moderna democrazia rappresentativa è stata il suffragio universale, che ha dato il voto a tutti i cittadini superiori a certe età indipendentemente dal censo, dal genere o dal colore della pelle.
Col suffragio universale ogni uomo o donna ha un voto, e quindi la possibilità di influire in uguale misura sull’elezione dei propri rappresentanti.
Nella realtà l’organizzazione politica è così costosa e complessa che sono sorti innumerevoli associazioni, movimenti e partiti politici in grado di influenzare grandemente le decisioni di voto.
Si sono inoltre sviluppati in modo cumulativamente crescente un gran numero di mass-media: libri, giornali, riviste, radio, televisioni, internet blogs ed altro, in grado anch’essi di influire in modo crescente sulle decisioni elettorali dei singoli.
Nei decenni più recenti vi è stata un’ ulteriore e cruciale tendenza. Si è gradualmente fatto sempre meno ricorso alle forme politiche tradizionali di selezione delle opzioni politiche (discussioni nelle sezioni dei partiti o nei movimenti, comizi faccia a faccia con gli elettori, ecc.). Si è fatto per contro sempre più ricorso ai mass-media (dibattiti televisivi, presenza nelle pagine dei quotidiani, etc.).
Chiameremo questa tendenza con un neologismo piuttosto rozzo, ma efficace, la mediatizzazione della politica.
I partiti politici si sono in tal modo strutturalmente indeboliti, mentre si sono rafforzati i loro leader, e soprattutto quelli che potevano godere di una maggiore esposizione mediatica. I partiti hanno in diversi casi gradualmente perso la spinta ideale dei propri militanti, sorretta per un certo tempo, nel bene e nel male, dal trionfo delle ideologie, ora in molti paesi palesemente in rotta. I partiti sono spesso divenuti gusci semi-vuoti, riempiti da diversi uomini di valore, attenti al bene pubblico, ma anche talvolta da una casta di uomini senza qualità, da “topi nel formaggio”, come li chiamava Sylos Labini (1974), tesi soprattutto ad accumulare cariche e prebende.
Molti giovani che si avviano all’attività politica, colmi di speranze e ideali, si trovano a non più dialogare con l’apparato e la leadership dei partiti. Ciò è fonte di delusione e sconforto, che spingono alla defezione od alla mera ricerca di compensi materiali. La defezione crea una sorta di “selezione avversa” nel personale politico, che riduce la qualità media dell’azione politica. Alla leadership il raccordo con la base è percepito come assai meno necessario di un tempo, poiché si pensa di poter influire direttamente sull’elettorato tramite i media.
Ma chi governa i media nelle moderne democrazie?
Bisogna distinguere a questo proposito tra il controllo diretto della proprietà e quello indiretto degli inserzionisti pubblicitari.
Quanto alla proprietà dei media, si tratta in alcuni casi di editori “puri” o semi puri, come Murdoch, in altri casi di grandi gruppi industriali o finanziari che hanno conseguito il controllo come azionisti di riferimento dei principali media (tv, quotidiani, etc.), ed infine dallo Stato (Tv e radio pubbliche) o dai partiti politici (giornali o riviste o canali tv di partito).
Nei sistemi democratici la maggioranza dei mass media è controllata dai privati (editori puri o meno), ma anche le radio e le tv pubbliche, scarsamente presenti negli Usa, ma importanti in diversi altri paesi, sono influenzabili dalle grandi e medie imprese attraverso i loro ingenti budget pubblicitari. Perfino le pubblicazioni di partito, nella misura in cui accettano pubblicità o contributi da privati o dallo stato, sono in una certa misura influenzabili dall’esterno.
Nei paesi democratici oltre la metà delle entrate dei mass-media privati e pubblici è in ogni caso dovuta alle entrate pubblicitarie.
La globalizzazione ha ampliato grandemente questo fenomeno. La conquista dei mercati globali richiede per diversi beni di consumo e servizi un imponente sforzo di promozione delle vendite e quindi un flusso crescente di risorse ai mass media per la pubblicità. Vi è qui un’importante differenza tra tipologie di imprese. Vi sono le imprese produttrici di beni di consumo o servizi di massa, la cui sopravvivenza od espansione è strettamente associata alla promozione pubblicitaria sui mass media tradizionali. Vi sono le imprese produttrici di beni d’investimento la cui promozione avviene soprattutto attraverso le fiere e le riviste specializzate, che non essendo rivolte al grande pubblico, ma agli addetti ai lavori, hanno una assai minore valenza politica generale. Vi sono, infine, le imprese del settore degli armamenti o quelle delle costruzioni o dei servizi di pubblica utilità (telecomunicazioni, gas, autostrade, ecc) che hanno bisogno di un continuo interscambio col potere politico per ottenere commesse o concessioni. Sovente tali imprese cercano di condizionare i partiti ed i singoli politici con finanziamenti più o meno legali e controllare od influenzare quei mass media che possono avere maggiore rilevanza nelle campagne elettorali.
In alcuni settori l’espansione delle grandi imprese, favorita dalle campagne pubblicitarie e da estesi fenomeni di concentrazione economica e finanziaria, è stata più rapida dell’espansione dei mercati, aumentando la quota di mercato e quindi il potere economico e finanziario dei grandi produttori oligopolistici.
Inoltre la globalizzazione ha in genere gradualmente ridotto l’influenza dei singoli stati, dei singoli governi, dei singoli partiti politici e sindacati nazionali sulle varie economie. Le organizzazioni internazionali, le Unioni regionali quali l’Unione Europea, o la varie associazioni politiche o sindacali internazionali si sono rivelati incapaci di controbilanciare efficacemente gli effetti di tale tendenza e di organizzarsi in modo efficace a livello sovranazionale.
Vi è quindi un processo di lenta erosione della democrazia. La mediatizzazione della politica rafforza il potere dei mass media, a sua volta associato in larga misura al potere economiche delle grandi e medie imprese. Queste, agendo sul mercato globale, si espandono sui mercati ed accrescono largamente il loro budget pubblicitario e spesso anche il finanziamento diretto od indiretto dei politici o dei partiti politici. Quest’ultimi debbono far fronte a costi rapidamente crescenti anche per il continuo aumento del ricorso ai mass media e per l’eventuale minor apporto di lavoro politico volontario da parte dei propri iscritti.
Per alcuni autori, il ricorso della politica ad internet, largamente usato da Obama nelle sue campagne elettorali, è profondamente diverso dal ricorso ai mass-media tradizionali per i più bassi costi d’accesso ad internet e per la natura più democratica ed interattiva della rete. Ciò è parzialmente vero. Tuttavia va ricordato che per la diffusione dei contenuti su internet è sempre più importante il ricorso a motori di ricerca, come Google, le cui priorità nell’esposizione dei dati sono anche determinati dai pagamenti delle imprese, e quindi dai budget pubblicitari. Inoltre è sempre più grande la presenza in rete dei siti dei maggiori mass-media tradizionali e la loro consultazione diretta o indiretta da parte del pubblico. Google o Wikipedia si nutrono delle informazioni fornite in rete dai mass media tradizionali. Va però ricordato che il largo ricorso ad internet ha consentito negli Usa ad Obama la più agevole mobilitazione di molti volontari e l’afflusso di una molteplicità di piccoli finanziamenti individuali, che hanno aumentato in modo consistente il budget per la campagna elettorale e quindi hanno anche contribuito a sostenere gli altissimi costi associati all’uso degli spot elettorali in tv.