Il 28 novembre Sbilanciamoci! organizza a Messina un incontro sul progetto del ponte sullo Stretto, in vista della manifestazione nazionale di sabato 29. Qui elenchiamo tutte le ragioni dei comitati mentre arriva un nuovo stop dalla Corte dei Conti.
Il 28 novembre Sbilanciamoci! organizza a Messina un incontro pubblico sul progetto del ponte sullo Stretto, in vista della manifestazione nazionale di sabato 29. Mentre arriva un ennesimo stop dalla Corte dei Conti.
La manifestazione è promossa da un ampio movimento civico ed è organizzata dal coordinamento dei comitati, associazioni, sindacati, partiti che da oltre due anni (oltre venti anni, in realtà) collaborano diffondendo informazione contro una propaganda martellante e priva di contenuti, dando corpo e voce a un movimento pacifico e nonviolento. È una protesta trasversale che unisce i cittadini al di là delle appartenenze politiche. Messina è una città poco abituata a protestare. Se c’è un fatto politico però che riempie trasversalmente le piazze, questo è l’opposizione al ponte.
Non c’è soltanto il desiderio di difendere il territorio e la bellezza di un paesaggio unico al mondo, c’è la consapevolezza che lo sviluppo e il progresso dell’area dello Stretto di Messina, della Sicilia e della Calabria non passano per il ponte.
Un progetto farlocco
Il ponte è un progetto farlocco, la cui riesumazione si fonda su una grande bugia. Che lo Stato rischiasse 2 miliardi nel processo intentato da Eurolink è l’opposto di ciò che dice la sentenza del Tribunale che, ancora nel 2018, ha respinto ogni pretesa di “penale”. Il motivo? Il progetto “definitivo” consegnato nel 2011 non era completo, al punto che nel 2024 sono stati consegnati elaborati che rispondevano a richieste di integrazione risalenti al 2012, e se il progetto non è stato completato e i progettisti non possono pretendere alcun indennizzo. Anzi, non potrebbero richiedere nemmeno le prestazioni, e c’è il rischio che siano loro stessi a dover pagare una penale, perché il lavoro consegnato era incompleto.
La riproposizione del progetto è fondata su numeri inspiegabilmente incongruenti. Per esempio, gli elaborati del 2024 che avrebbero dovuto aggiornare il progetto “stimano” emissioni navali per l’anno 2019 che risultano più che doppie rispetto ai valori reali, peraltro facilmente disponibili online. Un altro esempio: sempre negli elaborati di aggiornamento del 2024 troviamo una tabella secondo la quale il tempo attuale di attraversamento dello Stretto da Reggio a Messina sarebbe pari a 70’. Peccato che da contratto di servizio, da orario ufficiale e da effettiva esperienza quotidiana il tempo necessario per raggiungere Messina dal porto di Reggio Calabria è meno della metà: cioè 30’.
Questa riproposizione è sostenuta da metodologie inadeguate e parametri che sembrerebbero “di comodo”. Per esempio, il “franco navigabile”, ossia l’altezza del ponte sul livello del mare in condizioni di pieno utilizzo, avrebbe dovuto essere calcolata considerando il pieno carico stradale e ferroviario, temperature estreme e condizioni meteo avverse. Invece si è ipotizzato un traffico stradale “rarefatto” (pari al 17% del potenziale dell’infrastruttura), si è simulato l’attraversamento contemporaneo di due “semitreni” (ossia sostanzialmente la metà del pieno carico necessario) e, come condizioni esterne, una temperatura di 20°C (quando 20° a Messina erano registrati ancora qualche giorno fa, e in luglio-agosto sullo Stretto si raggiungono i 44°C), mare piatto e assenza di vento; inoltre queste simulazioni sono state fatte nel 2011, quando negli elaborati del 2024 è stato chiarito che la costruzione dovrebbe impiegare acciai diversi da quelli previsti nel 2011, più elastici e, dunque, più flessibili.
Il progetto è zeppo di omissioni e contraddizioni tecniche. Per esempio, le prove in galleria del vento hanno dato risultati incerti, non univoci e perfino incompatibili con le stesse “Specifiche tecniche” del progetto: nella definizione delle condizioni di sicurezza lo stesso progetto dichiara che, col passaggio di automezzi e treno (ossia in presenza di “carichi mobili”), la “velocità critica” cui resistere per non incorrere nel “Flutter” (il fenomeno che ha fatto crollare il ponte di Tacoma sotto le telecamere che lo riprendevano) deve essere di 54 m/sec, mentre dagli elaborati risulta che le prove fatte hanno evidenziato che l’impalcato ha una velocità critica più bassa, inferiore di quasi il 10% (50 m/s), pertanto le prove sinora svolte non sono state in grado di garantire la stabilità aerodinamica richiesta delle norme tecniche; non sono state fatte le prove “di fatica” sui cavi (la “Relazione del progettista” del 2024 diceva che era inutile farle, sebbene adesso si dichiari che queste prove sarebbero in corso di esecuzione) – il progetto non è definitivo; il pilone lato Calabria è disegnato a 20 metri da una faglia che lo stesso disegno di progetto qualifica “certa” e attiva, e che risulta censita dal catalogo ITHACA di ISPRA (il catalogo ufficiale delle “Faglie attive e capaci” relative al territorio italiano), ma le Linee-Guida per la gestione del suolo nelle aree sismiche della Protezione Civile nazionale prescrivono inedificabilità entro 80 mt.
Ci sono forzature procedurali e tentativi di elusione di norme europee e di vincoli costituzionali. Alterare ex post documenti di gara a gara conclusa e appalto assegnato è, ovviamente, inammissibile, soprattutto se le alterazioni spostano gli equilibri e le condizioni economiche a vantaggio del contraente privato che si è aggiudicato la gara. Nel caso del ponte queste alterazioni sono avvenute almeno sei volte: con gli “accordi aggiuntivi” del 2009, 2010, 2011, e coi Decreti Legge 35/2023, 89/2024, 75/2025. È stata ridotta la percentuale di partecipazione finanziaria del general contractor modificando a gara chiusa il contenuto dell’offerta vincente, sono stati cambiati i parametri di aggiornamento dei prezzi in vantaggio del privato, è stato introdotto il frazionamento della progettazione esecutiva; è stato indicato un riferimento di base per la valutazione del rincaro dell’opera diverso rispetto a quello previsto dalla legge; tutto ciò viola apertamente la Direttiva Appalti, il Codice degli Appalti e i principi di concorrenza e trasparenza.
Ancora, vengono indicati da una delibera del Governo alcuni “motivi imperativi” che giustificherebbero l’opera pur in deroga alle esigenze comunitarie di protezione dell’ambiente, ma questi motivi sono semplicemente dichiarati senza alcuna dimostrazione tecnica valida e affidabile da una relazione anonima allegata alla delibera, nella quale risulta dichiarata una affermazione contraria al vero. Si afferma infatti che sono state verificate tutte le alternative possibili quando il Ministero delle Infrastrutture aveva appena nel 2021 affermato la necessità di valutare il progetto di attraversamento stabile a tre campate, con collocazione territoriale alternativa. E questa ipotesi non è stata presa in considerazione, contrariamente a quanto prescritto dalla Direttiva Appalti. In effetti questo serve a eludere il vincolo del 50% di rincaro e l’obbligo di chiedere il “previo parere” alla Commissione Europea. Infine, per alcune voci di costo del progetto non sono indicati gli importi, mentre per altre voci di costo l’importo indicato è dichiarato “non inserito nel computo metrico”; cioè significa che non sono integralmente definiti e non risultano tutti computati.
Gli effetti di un progetto farlocco
Gli effetti logici delle “imprecisioni”, degli errori, delle contraddizioni del progetto sono ovvi: il progetto non è affidabile e le conclusioni relative alla sua utilità sono infondate.
Torniamo sugli esempi proposti. Il fatto che le attuali emissioni navali stimate siano più che doppie rispetto a quelle effettive ha la conseguenza che il presunto “vantaggio ambientale” del ponte potrebbe essere più che dimezzato rispetto a quanto stimato (in realtà analisi metodologicamente più centrate hanno dimostrato che, utilizzando parametri più realistici, questo “vantaggio” scompare del tutto). Più che raddoppiare il dato dell’attuale tempo di attraversamento dello Stretto influisce pesantemente sulla stima del “beneficio economico” più rilevante dell’opera: il “beneficio del tempo risparmiato”.
A questo proposito, è ovvio che se i tempi di percorrenza effettivi sono meno della metà di quanto dichiarato, il “risparmio effettivo di tempo” straordinariamente sovrastimato, se non del tutto fasullo: si può stimare che col ponte la città di Messina verrebbe raggiunta in auto in 35’-40’; se si confronta questo tempo coi 70’ di attuale traghettamento dichiarati dal progetto, il ponte dà un risparmio di 30’-35’, se lo confronto coi reali 30’ attuali, col ponte si ha un aggravio di 5’-10’: altro che risparmio!
Sempre sul vantaggio economico del tempo, il progetto considera il (presunto) beneficio di chi il ponte lo userebbe a opera realizzata, ma non dà alcun valore al tempo perduto dai messinesi (e dai villesi) per l’incremento della congestione urbana nel lunghissimo periodo (7-10 anni) di cantierizzazione. Le città di Messina e Villa S. Giovanni hanno una popolazione totale di 233.500 abitanti circa. Può prudenzialmente considerarsi che poco più della metà dei residenti si spostano da una a due volte al giorno in A/R per motivi di studio, di lavoro o per altre ragioni. Messina è già al momento la quarta città più trafficata d’Italia e si può presumere (anche in caso con una ipotesi prudenziale) che l’enorme incremento di traffico (stanti le esigenze di cantiere si può stimare un passaggio aggiuntivo di camion pari a 1.800 al giorno), implichi un aggravio di tempo medio di 30’ al giorno. Nel complesso, 130.000 persone perderebbero mezz’ora al giorno per ciascuno dei 251 giorni lavorativi annui, con un totale di ore perse pari a 130.000*0,5*251 = 16.315.000. Questo monte-ore, moltiplicato per il valore lordo medio di un’ora lavorativa in Italia (17€), ottiene un valore annuo di €277.355.000 che, moltiplicato per gli anni di cantiere (fra 7 e 10) dà luogo a un costo economico occultato dall’analisi costi-benefici del progetto compreso fra 2 e 3 miliardi di euro. Nel complesso, tra sopravvalutazione del tempo risparmiato e occultamento del costo del tempo a carico delle città di Messina e Villa S. Giovanni, il principale beneficio del ponte è di gran lunga inferiore a quanto stimato.
L’erronea valutazione dell’altezza del ponte, poi, ha due conseguenze. In primo luogo, costituisce la mancata ottemperanza a uno specifico vincolo posto dal CIPE al momento dell’approvazione del progetto preliminare: era specificato che il ponte dovesse avere un “franco navigabile” pari a 65 metri, e questo requisito non è stato soddisfatto. E ciò dovrebbe comportare il respingimento del progetto per mancato rispetto delle specifiche richieste. In secondo luogo, ancora sotto il profilo economico, un ponte con navigabilità inferiore ai 60 metri diventa un “muro” per le portacontainer giganti che trasportano i carichi provenienti dall’Estremo Oriente e dall’India sul principale porto di transhipment del Mediterraneo: il porto di Gioia Tauro. Il danno economico all’economia calabrese e del Mezzogiorno d’Italia è enorme, e non è stato per nulla considerato nella valutazione del progetto.
I problemi tecnici sopra sintetizzati (deformabilità al vento, prove “di fatica” sui cavi, faglia alla base del pilone lato-Calabria), hanno una duplice conseguenza, sostanziale la prima e procedurale la seconda.
Sotto il profilo sostanziale, quel progetto non appare realizzabile: la presenza della faglia obbligherebbe a spostare il pilone, modificando il profilo del progetto e l’intera sua struttura, anche perchè per le attuali definizioni di criticità l’azione del vento rende instabile la struttura a livelli inferiori rispetto a quelli indicati come massimi (per cui la sua realizzazione sarebbe in contraddizione con le specifiche tecniche poste dallo stesso progetto). Infine la mancanza di prove sui cavi non consente di garantire la tenuta della struttura. Problemi che rendono ovviamente incostruibile l’infrastruttura.
Potrebbe obiettarsi che con ulteriori approfondimenti queste criticità potrebbero essere risolte. Ma qui interviene il problema formale. Il progetto è ancora in divenire, e ha grosse criticità da affrontare, che potrebbero/dovrebbero implicare la sua integrale revisione. Ciò significa che il progetto non può essere considerato “definitivo” a termini di legge (oltre che di logica), visto che un progetto “definitivo” è tale solo se durante la fase esecutiva non si possano prevedere significativi cambiamenti tecnici o di costo. Ovviamente non è questa la condizione dell’attuale progetto del ponte. Dunque, la sua approvazione come progetto “definitivo” è illegittima, non rispondente alla legge, e, se questa discrepanza fosse consapevole, potrebbe determinare una vera e propria falsa approvazione.
Un progetto illegittimo
Ciò che precede ha condotto la Corte dei Conti a negare il visto di legittimità alla delibera di approvazione del progetto dichiarato “definitivo”, che tale non può essere considerato (e approvato) ai sensi della legge.
Queste bugie, forzature, prepotenze fanno del ponte sullo Stretto l’emblema di una concezione sbagliata della democrazia che chi è oggi al governo del Paese sembra incarnare e rivendicare. Il ponte viene calato con un assunto: abbiamo vinto le elezioni, possiamo fare tutto quello che vogliamo. Questa non è democrazia, è dittatura della maggioranza, che ne è l’opposto. Il governo non è il padrone del Paese, ha l’altissimo onore di servirlo, anzitutto nel rispetto delle leggi, della Costituzione e delle norme europee. La democrazia è un equilibrio di poteri che garantisce diritti e partecipazione; chi crede di superare questi vincoli con decreti approvati col ricatto della fiducia evidentemente non segue una minima grammatica democratica e istituzionale.




