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Trattati europei e alleanze militari: le lezioni per Kiev

La “Carta della nuova Europa” adottata dall’Osce nel 1990 riconosceva che “la sicurezza è indivisibile” e che si costruisce sulla base di fiducia e disarmo. Nel quadro delle regole europee l’allargamento della Nato non contribuisce a una maggiore sicurezza.

La maggior parte delle guerre finisce con un qualche tipo di accordo di pace. Prima si raggiungerà un simile accordo, prima finiranno le uccisioni e distruzioni in Ucraina, e più basso sarà il rischio che la guerra continui ad aggravarsi – forse rischiando anche una guerra nucleare. Gli Stati Uniti, la NATO e i loro sostenitori e apologeti continuano a ritenere che ogni paese abbia una sorta di diritto assoluto di entrare a far parte della NATO – nel caso questa accetti tale adesione – indipendentemente dalle conseguenze. Ma su questi presupposti è difficile aprire una discussione. Quello che dobbiamo considerare sono le basi normative della formazione dell’alleanza.

L’allargamento della NATO ha peggiorato le relazioni tra la Russia e l’Occidente a partire dagli anni ’90.1 Nel corso del tempo, questa controversia ha ruotato sempre più intorno alla possibile adesione dell’Ucraina alla NATO. Dal 2008 la Russia ha criticato – spesso in termini duri, con avvertimenti o minacce di contromisure – l’idea di una futura adesione dell’Ucraina alla NATO.2

In Occidente, le critiche della Russia sono state altrettanto spesso condannate come ingiuste e inappropriate. In genere si sostiene (o semplicemente si presume) che le rivendicazioni ufficiali della Russia siano solo tentativi incauti per promuovere una politica di potenza e stabilire la propria sfera di influenza.

Nel 2021 la Russia ha concentrato le sue forze militari ai confini dell’Ucraina e ha cercato di raggiungere una soluzione attraverso una diplomazia coercitiva. Alla fine dell’autunno 2021 il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha escluso qualsiasi accordo che neghi all’Ucraina il diritto di entrare nell’alleanza militare, sottolineando che la decisione in questa materia appartiene solo all’Ucraina e ai 30 paesi della NATO.3

Questa posizione è giustificata, tra l’altro, dal fatto che l’Unione Sovietica e il suo successore, la Russia, sono impegnati in vari documenti dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) che esprimono il principio che gli stati sovrani sono liberi di scegliere i loro accordi di sicurezza, cioè di decidere se allearsi o meno e con chi.

La “libertà sovrana” dello Stato è analoga alla libertà negativa degli individui nel liberalismo. Molti concetti di diritto e politica internazionale si basano sulla teoria del liberalismo, assumendo che anche gli stati siano persone (nel diritto internazionale, gli stati hanno personalità giuridica).4 

John Stuart Mill ritrae l’individuo come “sovrano” nel suo libro On Liberty.5 Nella teoria di Mill, gli individui sono liberi di fare tutto ciò che vogliono, purché non causino danni ad altri individui. Questa limitazione è chiamata principio di non nuocere (non-danno). Nel diritto internazionale, il principio di non arrecare danni è applicato per esempio alle questioni ambientali. Il problema è, da un lato, definire cosa significa “danno” e, dall’altro, specificare chi può definire il danno. (…)

I principi dell’OSCE

Il principio di non-danno può essere usato per analizzare il principio adottato dall’OSCE secondo cui gli stati sovrani sono liberi di scegliere i propri accordi di sicurezza. Nei documenti chiave, questo diritto è presentato e inquadrato in un modo che suggerisce che una specificazione del principio di non-danno è inclusa nei documenti dell’OSCE. La “Carta della Nuova Europa”, firmata a Parigi nel 1990, esprime il diritto di uno stato di scegliere le proprie disposizioni di sicurezza come segue:

La riduzione senza precedenti delle forze armate risultante dal Trattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa, insieme ai nuovi approcci alla sicurezza e alla cooperazione all’interno del processo CSCE, porterà a una nuova percezione della sicurezza in Europa e a una nuova dimensione nelle nostre relazioni. In questo contesto riconosciamo pienamente la libertà degli Stati di scegliere i propri accordi di sicurezza. […]

Con la fine della divisione dell’Europa, ci sforzeremo di ottenere una nuova qualità nelle nostre relazioni in materia di sicurezza, rispettando pienamente la libertà di scelta reciproca a tale riguardo. La sicurezza è indivisibile e la sicurezza di ogni Stato partecipante è inseparabilmente legata a quella di tutti gli altri. Ci impegniamo pertanto a cooperare per rafforzare la fiducia e la sicurezza tra di noi e per promuovere il controllo degli armamenti e il disarmo.6

La Carta richiede il pieno rispetto della libertà di scelta di ognuno. Il contesto esplicitamente specificato, tuttavia, è la riduzione delle forze armate e i nuovi approcci alla sicurezza (la cosiddetta sicurezza ampia). Il principio del non-danno si riferisce in particolare alla frase “la sicurezza è indivisibile e la sicurezza di ogni Stato parte del presente accordo è indissolubilmente legata alla sicurezza di tutti gli altri Stati”. Dall’ultima frase, si può concludere che l’obiettivo generale è quello di aumentare la fiducia e la sicurezza reciproca e promuovere il disarmo.

Anche se gli stati hanno la libertà di scegliere i loro accordi e relazioni di sicurezza, almeno a prima vista l’allargamento di un’unica alleanza militare (forse contro alcuni paesi dell’OSCE), e i conseguenti cambiamenti nella potenza militare relativa delle parti, sembrano in qualche modo incompatibili con gli obiettivi della Carta di Parigi del 1990. Questo a meno che l’insieme non sia favorevole al disarmo e al rafforzamento della fiducia – o il principio di non-danno sia ignorato. 

Da parte sua, il documento scaturito dal Vertice OSCE del 1999 a Istanbul stabilisce il principio della libertà di scegliere i propri accordi di sicurezza come segue:

Ogni Stato partecipante ha un uguale diritto alla sicurezza. Riaffermiamo il diritto intrinseco di ogni Stato partecipante di essere libero di scegliere o cambiare i propri accordi di sicurezza, compresi i trattati di alleanza, man mano che si evolvono. Ogni Stato ha anche il diritto alla neutralità. Ogni Stato partecipante rispetterà i diritti di tutti gli altri a questo riguardo. Non rafforzeranno la loro sicurezza a spese della sicurezza di altri Stati. All’interno dell’OSCE nessuno Stato, gruppo di Stati o organizzazione può avere una responsabilità preminente per il mantenimento della pace e della stabilità nell’area dell’OSCE o può considerare qualsiasi parte dell’area dell’OSCE come propria sfera di influenza.7

Questa formulazione sembra un po’ più chiara rispetto alla Carta di Parigi del 1990, in quanto il testo fa esplicito riferimento al diritto di concludere accordi di alleanza. Gli americani in particolare sembrano aver spinto per questa formulazione nel documento di Istanbul, anche in vista dell’allargamento della NATO, mentre l’ultima frase, che sembra diretta contro il possibile predominio della NATO, probabilmente deriva da richieste russe.8 Questa parte del paragrafo caratterizza un tipo di pluralismo come un obiettivo comune, in cui la Russia o gli Stati Uniti, o l’UE o la NATO, non possono prendere “la responsabilità primaria per il mantenimento della pace e della stabilità” o mantenere altri paesi nella loro “sfera di interesse”.9

Nonostante queste contestazioni e riformulazioni, il principio di non-danno è ancora sancito dalla frase “gli Stati partecipanti non stabiliranno la loro sicurezza a spese della sicurezza di altri Stati”. Emanuel Lane dell’Università di Cambridge sostiene che i documenti dell’OSCE significano che “gli Stati non hanno alcun diritto incontestato di rafforzare la loro sicurezza quando ciò comporta una minaccia o è a spese della sicurezza di altri Stati”.10 “I ‘diritti’ degli stati devono essere limitati se minacciano altri obiettivi come le relazioni pacifiche tra gli stati”. È anche degno di nota che i decisori della politica estera russa hanno fatto riferimento al documento di Istanbul in questo senso.11

Anche se c’è una leggera differenza con la Carta di Parigi del 1990 in termini di bene comune (il contesto immediato in cui si esprime il principio della libertà di scelta non è il rafforzamento della fiducia o il disarmo), anche qui il principio del non-danno determina la giusta linea d’azione. C’è molta continuità tra i documenti. Il contesto generale della sicurezza globale, del disarmo, del controllo degli armamenti e delle misure di rafforzamento della fiducia e della sicurezza è lo stesso in entrambi.12

Nessuna delle formulazioni nei documenti OSCE discussi sopra sembra implicare un diritto assoluto ad allearsi militarmente o, per questo, ad allargare la NATO. Nel Documento di Parigi del 1990, la sicurezza è rappresentata come comune e l’obiettivo è quello di disarmare e costruire la fiducia. L’allargamento della NATO verso i confini della Russia e i relativi cambiamenti in termini di potenza relativa o di armamenti, in una situazione in cui è stato chiarito che la Russia rimarrà fuori dalla NATO e in cui la fiducia tra la Russia e la NATO ha cominciato a erodersi, può essere interpretato come causa di danno.

Per quanto riguarda il documento di Istanbul 1999, la conclusione può essere meno chiara. In esso, il diritto di formare alleanze militari o di prendervi parte è articolato esplicitamente, ma il principio di non-danno è ancora coinvolto. La questione cruciale è come interpretare “non rafforzare la sicurezza a spese della sicurezza di altri Stati”. Può un’alleanza – alla quale i paesi dell’OSCE hanno il diritto di aderire – minare la sicurezza degli altri? Le intenzioni dichiarate da sole non sono sufficienti a risolvere la questione. Ogni paese ha una forza di difesa e un ministero della difesa; nel mondo del XXI secolo, non c’è nessun paese o alleanza militare che dica che intende attaccare altri paesi.

Sulla base dell’ipotesi della pace democratica, si potrebbe presumere che le democrazie sono più pacifiche degli altri paesi e non minacciano nessuno, ma in realtà l’ipotesi riguarda solo le relazioni tra le democrazie liberali stabilite, non le loro relazioni con gli altri. Gli Stati Uniti, che guidano la NATO, hanno fatto più guerre dalla seconda guerra mondiale di qualsiasi altro paese, e anche la Gran Bretagna e la Francia, per esempio, sono state coinvolte in diverse guerre.13

Per minare la sicurezza di X, è sufficiente aumentare le dimensioni e la potenza di un’alleanza? Che dire del posizionamento di sistemi di armi vicino ai confini di X o ad alcuni punti strategici in relazione ad una possibile guerra futura con X? Come sarebbe possibile stabilire le proprie intenzioni difensive?

Nelle relazioni internazionali, c’è una percezione generale che non è facile distinguere tra armi offensive e difensive.14 Se la fiducia tra le parti comincia a diminuire, lo scetticismo sull’espansione o su nuovi armamenti dell’altra parte aumenterà. Più il processo va avanti, più è probabile che il comportamento dell’altro sembri minaccioso. La fiducia e la sicurezza, o la sua mancanza, sembrano essere i principali fattori determinanti per stabilire se l’espansione di un’alleanza possa causare danni.

Inoltre, applicando i concetti di Mill a questo caso, è anche possibile sostenere che anche se il principio di non-danno non preclude il diritto de iure a prendere parte ad alleanze militari, in molti contesti tali mosse potrebbero non essere prudenti o in linea con gli obiettivi generici dell’OSCE.

Non c’è nulla nei documenti dell’OSCE che impedisca al paese di impegnarsi nel non allineamento o nella neutralità. Al contrario, un’alleanza militare può impegnarsi a non ammettere più nuovi membri – o può anche decidere di sciogliersi. Se le azioni lungo queste linee hanno effetti di rafforzamento della fiducia e di disarmo, esse realizzeranno meglio lo scopo e i principi dell’OSCE rispetto a nuovi trattati di alleanza o all’espansione di un’alleanza militare.

Sulla base della mia analisi, non è vero che la decisione sull’adesione dell’Ucraina alla NATO appartiene solo all’Ucraina e a 30 paesi della NATO. L’interpretazione del principio di non-danno contenuta nei documenti dell’OSCE riguarda la comunità mondiale più in generale, come definito dall’OSCE e, eventualmente, dall’ONU. Il problema è che né l’OSCE né l’ONU hanno un organismo autorizzato a valutare se un’alleanza militare stia causando danni ad altri stati membri.

A causa della natura del diritto internazionale, l’interpretazione della legge è generalmente lasciata agli Stati interessati, anche se le opinioni delle organizzazioni internazionali e dei tribunali sono rilevanti. Il modo tradizionale di pensare ai controlli e agli equilibri nella politica mondiale si basa sul principio dell’equilibrio di potere, che può essere integrato da forme di cooperazione e pianificazione. Un approccio migliore sarebbe quello di applicare pienamente lo stato di diritto, ma questo richiederebbe istituzioni globali nuove e più democratiche.15

È chiaro, naturalmente, che attaccando l’Ucraina, la Russia sta, nella primavera del 2022, cercando di far avanzare la propria sicurezza e altri obiettivi a spese di altri. Allo stesso tempo, la Russia ha violato diverse altre regole e principi del diritto internazionale. Infine, sembra evidente che i soldati russi abbiano commesso crimini di guerra in Ucraina, anche se questo deve essere indagato a fondo.

Tuttavia, la questione del non allineamento dell’Ucraina o di qualsiasi altro paese – compresa la Finlandia – rimane rilevante negli anni 2020. La mera “libertà sovrana”16 senza un principio vincolante di non-danno o qualcosa del genere può facilmente portare a uno stato di natura hobbesiano dove la minaccia della violenza e della guerra è fortemente presente. La mia analisi dei testi dell’OSCE mostra che sebbene gli stati abbiano la libertà di scegliere se allearsi o meno e con chi, un’alleanza può, a seconda del contesto, causare danni. L’adesione a un’alleanza militare non può quindi essere un diritto assoluto o “soggettivo”. 

Poiché la questione dell’adesione dell’Ucraina alla NATO riguarda più in generale la comunità mondiale, negoziati e compromessi a questo proposito devono essere possibili e auspicabili. Una saggia diplomazia consiste nel saper vedere le cose obiettivamente anche dal punto di vista degli altri, ed essere disposti a negoziare e scendere a compromessi su tutte le cose, tranne quelle che sono vitali per se stessi.17

Porre fine alla guerra in Ucraina richiede negoziati e un accordo, e in questi negoziati deve essere possibile anche discutere di non allineamento. Anche se avvengono cambiamenti politici in Russia e il presidente Putin e altri decisori chiave, che hanno causato questa guerra-catastrofe, si dimettono, o alla fine vengono estromessi dalla carica in un modo o nell’altro, la questione della legittimità di un’alleanza militare rimarrà centrale. Le preoccupazioni per l’allargamento della NATO e i suoi effetti sono ampiamente condivise non solo in Russia, ma anche nell’Est e nel Sud del mondo.

Note

1. Per esempio, alla conferenza dell’OSCE a Budapest nel dicembre 1994, il presidente Eltsin ha protestato pubblicamente sui piani di espansione della NATO. In vari contesti, Eltsin ha usato coerentemente parole come “umiliazione” e “frode” per descrivere i piani di estendere la NATO ai paesi dell’Europa orientale. Vedi “NATO Expansion – The Budapest Blow Up 1994”, National Security Archive 24.11.2021, https://nsarchive.gwu.edu/briefing-book/russia-programs/2021-11-24/nato-expansion-budapest-blow-1994.

2.  Il vertice della NATO a Bucarest nel 2008 ha lanciato colloqui formali di adesione con Albania e Croazia e ha dato il benvenuto a Georgia e Ucraina come futuri membri della NATO. La reazione della Russia è stata forte. Per esempio, il generale Yuri Balujevski ha dichiarato che “la Russia sta considerando misure militari e di altro tipo ai suoi confini se [Georgia e Ucraina] entrano nell’organizzazione”. Deutsche Welle (2008) “La Russia parla duro in risposta all’espansione verso est della NATO”, 11.4.2008, https://www.dw.com/en/russia-talks-tough-in-response-to-natos-eastward-expansion/a-3261078.

3. Andrew Roth (2021) “La Russia emette una lista di richieste che dice devono essere soddisfatte per abbassare le tensioni in Europa”, The Guardian 17.12.2021, https://www.theguardian.com/world/2021/dec/17/russia-issues-list-demands-tensions-europe-ukraine-nato.

4. Isaiah Berlin ha riassunto due diverse concezioni della libertà – “negativa” e “positiva” – nella sua famosa conferenza del 1958. Il punto di partenza di una concezione negativa della libertà è il bene privato. Ognuno definisce il bene nella propria sfera privata. Ogni interferenza esterna è una privazione della libertà. L’obiettivo non è il buon governo o il governo, ma minimizzare l’interferenza. Una concezione positiva, a sua volta, si basa sulla libertà di scegliere come modellare noi stessi e il nostro io individuale attraverso la comunità e le sue istituzioni. La libertà positiva implica la libertà di fare qualcosa, per esempio, la libertà uguale per tutti all’istruzione gratuita. Berlin stesso era un liberista che credeva nella diversità dei valori e considerava la nozione negativa di libertà meno pericolosa. Vedi Berlin, Isaiah (1969) Four Essays on Liberty, Oxford: Oxford University Press.

5. Mill, J.S. (1993) Utilitarism, On Liberty, Considerations on Representative Government, ed. by G.Williams, London: Everyman, pp. 69-185.

6. OSCE (1990) “Carta di Parigi per una nuova Europa”, Parigi, https://www.osce.org/mc/39516.

7. OSCE (1999) “Documento di Istanbul”, Istanbul, https://www.osce.org/mc/39569. 

8. Vedi per esempio, La Carta di Istanbul dell’OSCE per la sicurezza europea, NATO Review 1 luglio 2000, https://www.nato.int/docu/review/articles/2000/07/01/the-osces-istanbul-charter-for-european-security/index.html. I temi della Conferenza di Istanbul erano legati all’operazione NATO in Kosovo e al bombardamento della Jugoslavia, da un lato, e alle operazioni della Russia in Cecenia, dall’altro. Il conflitto della Transnistria, il conflitto tra Abkhazia e Georgia e il conflitto tra Georgia e Ossezia sono stati discussi durante la riunione.

9. Il riferimento al concetto di “sfera di interesse” può essere visto come una critica al concetto di “vicino estero” lanciato dalla Russia, che è stato interpretato come un concetto geopolitico dall’Occidente. In effetti, c’è stato un revival della tradizione della geopolitica. Questo revival è avvenuto soprattutto in Russia, ma anche molti dei paesi più piccoli dello spazio post-sovietico hanno visto un revival, mentre molti di questi paesi sono diventati parte dell'”Occidente” (e anche membri della NATO). Stefano Guzzini ha analizzato questo revival come una risposta alla crisi di identità che è risultata dalla fine della guerra fredda e in termini di circolo vizioso di essenzializzazione e meccanismo sociale di profezia che si autoavvera. Si veda Guzzini, Stefano (a cura di) (2012) The Return of Geopolitics in Europe? Social Mechanisms and Foreign Policy Identity Crises, Cambridge: Cambridge University Press. Questo resoconto dovrebbe essere integrato da un’analisi di political economy e dal riconoscimento che il ritorno di relazioni essenzializzanti e antagonistiche sé-altro è un fenomeno generale in Europa e nel mondo, si veda Patomäki, Heikki (2018) Disintegrative Tendencies in Global Political Economy, London: Routledge, accesso aperto a https://www.routledge.com/Disintegrative-Tendencies-in-Global-Political-Economy-Exits-and-Conflicts/Patomaki/p/book/9780367357573.

10. Lane, David (2022) “What Caused Russia to Invade Ukraine?”, WEA Commentaries 12(1): pp.2-6, https://www.worldeconomicsassociation.org/files/2022/04/Issue12-1.pdf. 

11. “Risposta del Ministro degli Esteri Sergey Lavrov a una domanda dei media, Mosca, 27 gennaio 2022”, Comunicati Stampa e Notizie 28.01.2022, L’Ambasciata della Federazione Russa nel Regno Unito, https://www.rusemb.org.uk/fnapr/7060. 

12. Per esempio gli articoli 28-29 del documento di Istanbul [nota 8]: “28. Gli aspetti politico-militari della sicurezza restano vitali per gli interessi degli Stati partecipanti. Essi costituiscono un elemento centrale del concetto di sicurezza globale dell’OSCE. Il disarmo, il controllo degli armamenti e le misure miranti a rafforzare la fiducia e la sicurezza (CSBM) sono parti importanti dello sforzo globale per migliorare la sicurezza promuovendo la stabilità, la trasparenza e la prevedibilità in campo militare. La piena attuazione, il tempestivo adattamento e, quando necessario, l’ulteriore sviluppo degli accordi sul controllo degli armamenti e delle CSBM sono contributi fondamentali alla nostra stabilità politica e militare. 29. Il Trattato sulle forze armate convenzionali in Europa (CFE) deve continuare a servire come pietra angolare della sicurezza europea. Ha ridotto drasticamente i livelli di equipaggiamento. Fornisce un contributo fondamentale a un’Europa più sicura e integrata. Gli Stati parte di questo trattato stanno facendo un passo avanti fondamentale. Il trattato viene rafforzato adattando le sue disposizioni per garantire una maggiore stabilità, prevedibilità e trasparenza in circostanze mutevoli. Un certo numero di Stati parte ridurrà ulteriormente i loro livelli di equipaggiamento”.

13. Ho discusso l’ipotesi (o “teoria”) della pace democratica e i suoi problemi in diversi posti, compreso in Disintegrative Tendencies [nota 10], chp. 3, scaricabile da https://www.routledge.com/Disintegrative-Tendencies-in-Global-Political-Economy-Exits-and-Conflicts/Patomaki/p/book/9780367357573. 

14. Per un esempio di questo tipo di argomentazione, si veda Levy, Jack S. (1984) “The Offensive / Defensive Balance of Military Technology: A Theoretical and Historical Analysis,” International Studies Quarterly 28 (2): 219-238. Cf. Johan Galtung’s simultaneous attempt to define defensive weapons as weapons with short-range that can only be used domestically. Galtung, Johan (1984) Transarmament: From Offensive to Defensive Defense, Journal of Peace Research 21 (2): 127-139. All weapons such as mines, assault rifles, or anti-tank weapons, can also be used in an attack.

15. Si veda ad esempio Patomäki, Heikki and Teivainen, Teivo (2004) A Possible World: Democratic Transformations of Global Institutions, London: Zed Books; Held, David and Patomäki, Heikki (2006) “Problems of Global Democracy: A Dialogue”, Theory, Culture & Society, (23):5: 115-133; and Patomäki, Heikki (2007) “Rethinking Global Parliament: Beyond the Indeterminacy of International Law”, Widener Law Review 13 (2): 375-93.

16. Il termine “sovrano” è un anacronismo storico che un tempo si riferiva al potere assoluto di un sovrano, da cui poi sono derivate versioni più astratte e democratiche (sovranità di uno stato, di un popolo o di un individuo). La teoria del liberalismo, nata nei secoli XVII e XVIII, si basa sull’individualismo (gli individui sono presi come dati, ogni individuo ha le sue preferenze innate, la società è solo il risultato del loro accordo, ecc.) Eppure il teorico liberale è costretto ad assumere qualcosa sull’ordine normativo oggettivo (valore della vita e del lavoro, diritti di proprietà, obbligo di rispettare i contratti, legittimità del sovrano X, ecc.) Questa giustapposizione genera contraddizioni. Quando gli “stati sovrani” sono visti come individui (o almeno analoghi alle persone), simili contraddizioni ricorrono a livello di diritto e politica internazionale – sebbene l’indeterminatezza dell’argomento giuridico in questo campo si spieghi anche con la sua specifica struttura istituzionale. Cfr. Koskenniemi, Martti (2005) From Apology to Utopia. The Structure of International Legal Argument. Reissue with New Epilogue. Cambridge: Cambridge University Press.

17. Si veda Morgenthau, Hans (1948) Politics among Nations, New York: Alfred A. Knopf, pp. 440-441.

(Traduzione di Giulia Carpino)

Heikki Patomäki è professore di politica mondiale all’Uiversità di Helsinki. La versione completa in inglesa di quest’articolo è disponibile sul suo sito, https://patomaki.fi/en/2022/04/non-alignment-of-ukraine-and-the-no-harm-principle-of-john-stuart-mill/#more-3602