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Sull’Eni a Gaza il silenzio complice del governo Meloni

Il ministro dell’Energia israeliano ha annunciato la firma di una convenzione con cui Eni e altre società internazionali e israeliane hanno ottenuto la licenza per sfruttare il giacimento di gas offshore di fronte Gaza. Da il manifesto.

La tragedia finale di Gaza è incombente con un nuovo massacro a Rafah, all’orizzonte ci sono il Sinai, i carri armati egiziani, la pulizia etnica. Ma anche noi qui abbiamo un pessima storia da raccontare. Il cosiddetto “piano Mattei” è partito molto male, con una “scivolata” incredibile. Il 29 ottobre, già in piena guerra, il ministro dell’Energia israeliano ha annunciato la firma di una convenzione con cui Eni e altre società internazionali e israeliane hanno ottenuto la licenza per sfruttare il giacimento di gas offshore di fronte Gaza all’interno della zona marittima G al 62% palestinese.

La notizia si è avuta solo in questi giorni dopo che alcuni gruppi palestinesi per i diritti umani (Adalah, Al Mezan, Al-Haq e Pchr) hanno dato mandato allo studio legale Foley Hoag di Boston di comunicare all’Eni e alle altre società coinvolte una diffida dall’intraprendere attività in queste acque. Evocando il rischio di complicità in crimini di guerra.

Come è potuta accadere una vicenda così imbarazzante (sotto interrogazione parlamentare di Verdi e Sinistra) che tra l’altro coinvolge il governo italiano, il maggiore azionista di Eni con il 32%? Quel governo italiano che nel recente vertice a Roma ha corteggiato il Continente africano agitando il Piano Mattei come una bandiera contro il «capitalismo predatorio» e il neo-colonialismo.

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