La liberalizzazione dei brevetti può distruggere l’innovazione e lasciare impreparati di fronte a una nuova epidemia come sostengono le imprese farmaceutiche? Da La rivista Il Mulino.
C’è una sottoproduzione mondiale di vaccini che colpisce le vite e la crescita economica della popolazione del Sud Globale: solo lo 0,3% dei vaccini prodotti è andato ai Paesi a basso reddito. Questa situazione minaccia anche la salute e la ripresa dell’economia dei Paesi sviluppati. Un articolo recente stima, infatti, che nel 2021, il 49% dei costi economici della pandemia saranno sostenuti dalle economie avanzate anche in caso di completa vaccinazione della loro popolazione. Senza contare che queste stime non considerano il possibile sviluppo di nuove pericolose varianti come accaduto in Brasile e in India. Per questo motivo, il Fondo monetario internazionale considera l’aumento della produzione di vaccini la prima priorità di politica economica.
Come si può raggiungere questo obiettivo? Un primo passo è la «sospensione dei diritti di proprietà intellettuale sui vaccini» (e sui farmaci, ventilatori, etc.), richiesta lo scorso ottobre alla Wto da India e Sud Africa e appoggiata da oltre 100 Paesi. Recentemente anche gli Stati Uniti si sono espressi favorevolmente a tale proposta che è supportata da 200 premi Nobel e ex capi di Stato (per l’Italia, Prodi e Monti). A tale possibilità si sono opposte le case farmaceutiche che hanno già dispiegato legioni di lobbistiper contrastarla. Le argomentazioni dei sostenitori dei brevetti a tutti i costi possono essere confutate facilmente, si veda, per esempio, gli articoli qui, qui e qui. La loro sospensione è infatti «condizione necessaria» per il trasferimento di conoscenze e tecnologie per aumentare la produzione mondiale di vaccini. Tuttavia, non è una «condizione sufficiente» perché richiede adeguate politiche di trasferimento tecnologico, d’innovazione e industriali di cui si discuterà alla fine dell’articolo.