Sette anni sono passati dallo scoppio della crisi. Un’eternità. Sette anni. Ci sono giovani che hanno avuto tempo di iniziare e finire il loro ciclo di studi universitari per poi passare anni alla ricerca di un lavoro, fra stage non pagati e contratti atipici. Giovani che nella loro carriera hanno conosciuto solo la crisi
Se la politica economica ha un senso, è quello di smussare i periodi di recessione. Di farli durare poco e di alleviarne la durezza. Altrimenti la politica economica lascia il posto al “Mellonismo“, quella teoria attribuita (a torto o ragione) ad Andrew Mellon, Segretario al Tesoro USA che suggeriva ad Hoover durante la Grande Depressione di lasciare che la crisi facesse il suo corso al fine di “liquidare” imprese e lavoratori improduttivi. Guardando alla crescita Italiana ed europea degli ultimi sette anni, la politica economica ne esce condannata. Senza appello. Non ha né attutito il colpo, né rilanciato l’economia.
Non solo in Italia e in Europa si sono raggiunti tassi di disoccupazione mai visti da dopo la fine della seconda Guerra mondiale ma per la prima volta nella storia repubblicana il reddito pro capite degli italiani sta seguendo un trend negativo. È una prima assoluta. Chi cerca di consolarsi vagheggiando di periodi peggiori, normalmente dei non-meglio-definiti “anni 70”, si sbaglia di grosso. In termini di benessere relativo non si è mai registrato un declino simile. (Anzi è proprio durante gli anni ’70 che l’Italia supera la media europea in termini di reddito pro capite). Ma l’Europa nel suo insieme non sta certo meglio.
Come siamo arrivati fin qui? Forse perché abbiamo preso di mira i “gufi”, invece di prendercela con gli “struzzi”. Gli struzzi sono quelli, politici e opinionisti, che da sette anni ripetono falsità (cfr. la crisi deriva dal debito pubblico) e presentano il nostro Paese come un inguaribile ritardatario, incapace di riformarsi; sono quelli cioè che vorrebbero continuare con le stesse identiche politiche dal lato dell’offerta che l’Italia e l’Europa hanno fatto negli ultimi 20/30 anni e che hanno avuto l’unico tangibile risultato di incrementare a dismisura le disuguaglianze ed erodere il benessere dei lavoratori. Senza alcun beneficio in termini di crescita.
Gli struzzi sono quelli che si nascondono dietro alla coltre di fumo della “rigidità dei vincoli di bilancio”, quando è chiaro (vedasi Agenor) che ogni espansione fiscale unilaterale in un regime di cambi fissi si tradurrebbe in un ulteriore deterioramento della bilancia dei pagamenti e andrebbe quindi a beneficio, ancora una volta, dei Paesi “creditori”, senza tradursi in passi avanti concreti se non estremamente effimeri.
Gli struzzi sono quelli che nascondono la testa sotto la sabbia e si rifiutano di comprendere ciò che è ormai chiaro a ogni osservatore intellettualmente onesto. La crisi europea deriva da squilibri che sono nati a causa della moneta unica – che ha permesso l’accumularsi nell’eurozona di enormi deficit di bilancia dei pagamenti; sommati a un vero e proprio annichilimento della politica di fronte ai mercati finanziari – i quali lasciati liberi da ogni vincolo hanno generato enormi bolle speculative. Non solo ma la crisi perdura oggi a causa dell’Unione monetaria che ha tolto ai governi degli Stati membri due strumenti fondamentali di stabilizzazione – la politica monetaria e quella fiscale – senza sostituirli con alcun strumento comparabile a livello federale.
C’è una sola cosa da fare: rimettere in discussione alla radice sia l’Unione monetaria, sia i teoremi “offertisti” che l’hanno fin qui sostenuta. Entrambe le cose devono cambiare, se davvero si vuole che l’Italia possa tornare a crescere e dare lavoro ai suoi giovani. Chi continua a decantare le salvifiche proprietà dei “compiti a casa” è uno struzzo. O è in malafede.