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«Se Trump non rispetta la Costituzione, perché gli altri Paesi dovrebbero fidarsi di lui?»

Sarà davvero pace in Ucraina? E a quali condizioni? Che cosa racconta, in questo senso, il passato? Intervista al professor Heikki Patomäki dell’Università di Helsinki. Da Corriere del Ticino

Sarà, davvero, pace? Di più, sarà una pace duratura? Soprattutto, da quali strade (leggi concessioni) passerà un’eventuale intesa «totale» fra Russia e Ucraina? Mentre il presente racconta di un accordo – a guida statunitense – per una navigazione sicura nel Mar Nero, con il Cremlino che spinge per la rimozione di alcune sanzioni occidentali, il passato rimanda a Minsk I e II. Accordi che, fra il 2014 e il 2015, avrebbero teoricamente dovuto evitare un conflitto ad ampio respiro. Per capire come andarono le cose allora e come potrebbero andare nel prossimo futuro abbiamo chiesto il parere di Heikki Patomäki, esperto di relazioni internazionali nonché professore di Politiche mondiali ed Economia politica globale all’Università di Helsinki.

Professore, innanzitutto, alla luce della storia recente e della retorica russa possiamo fidarci delle dichiarazioni del Cremlino a proposito di pace? Che cosa dovremmo osservare, in particolare, per capire se Mosca vuole veramente arrivare a un accordo?

«Se, da un lato, la storia mostra che la Russia ha rinegoziato o ignorato determinati accordi laddove gli stessi accordi apparentemente non facevano più gli interessi di Mosca, dall’altro il Cremlino ha spesso percepito violazioni della o delle controparti. Se e quanto tali percezioni siano giustificate è un tema dibattuto, ma dal punto di vista russo accordi come il controllo degli armamenti o Minsk II non sono stati implementati in buona fede dall’Occidente. Talvolta, lo stesso Occidente o gli Stati Uniti hanno rinnegato accordi o li hanno esplicitamente cancellati».

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