Il ministro delle Finanze infrange il tabù dell’assoluta indipendenza della politica monetaria e prende atto che da sola non funziona, ma con motivazioni sbagliate
Una banca centrale dev’essere assolutamente indipendente dal potere politico: però deve comportarsi come i politici tedeschi pensano che dovrebbe fare. Il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble non l’ha detto esplicitamente, ma l’ha fatto capire benissimo, quando ha raccontato di aver chiesto al segretario al Tesoro Usa Jack Lew di aderire a un intervento concertato dei ministri sulle banche centrali per convincerle ad abbandonare, anche se lentamente, le politiche espansive. La politica dei tassi azzerati a Schäuble proprio non piace, questo l’ha detto chiaro, e ha spiegato anche il perché: danneggia i risparmiatori tedeschi, cosa a cui egli attribuisce il successo del partito anti-europeo Afd (e le sconfitte del suo partito) alle ultime elezioni regionali. Analoghe le accuse del ministro delle Finanze della Baviera, Markus Söder della Csu: “La politica degli zero interessi è un attacco ai patrimoni di milioni di tedeschi che hanno messo il loro denaro nei conti di risparmio e nelle polizze vita”. Niente di diverso da quanto aveva detto tempo fa Hans-Werner Sinn, economista molto ascoltato e da sempre in prima linea nel sostenere gli interessi tedeschi a scapito di quelli degli altri paesi.
In teoria Schäuble avrebbe doppiamente ragione. Ha ragione sul fatto che una banca centrale non dovrebbe essere completamente indipendente dal potere politico, perché questo fatto deriva da concezioni teoriche secondo cui l’economia è un affare dei tecnici e dunque dovrebbe essere il più possibile sottratta alle incertezze del processo democratico. E ha ragione per il fatto che la politica monetaria accomodante – anche ultra-accomodante – non basta a vincere la crisi. Ma in realtà ha torto, completamente torto, perché il suo attacco alla Bce non è motivato da nessuna di queste due ragioni. La Bce si è vista costretta a fare queste scelte perché le politiche sostenute e imposte dai tedeschi, basate sul consolidamento dei conti pubblici e il rifiuto di ricorrere alla politica fiscale per far ripartire la crescita, non solo stanno prolungando indefinitamente la stagnazione europea, ma favoriscono le spinte deflazionistiche mondiali invece di contrastarle, e mantengono l’Europa in una palude da cui non si vede l’uscita.
Se comunque la proposta di Schäuble a Lew avrà un seguito (ma c’è da dubitare che americani e giapponesi lo stiano a sentire) i tedeschi infrangeranno un’altra regola da lro fortissimamente sostenuta, quella, appunto, dell’indipendenza della banca centrale. A ulteriore conferma che le regole vanno bene finché non si scontrano con quelli che ritengono i loro interessi: secondo un vecchio adagio, agli altri si applicano, per loro si interpretano.
(pubblicato su Repubblica.it l’11 aprile 2016)