a proposta di Sbilanciamoci! nasce dal lavoro di un gruppo di lobbisti assai raro: i cittadini e le organizzazioni della società civile, i poteri “deboli” contrapposti ai poteri forti. Il lavoro è rigoroso sulle coperture economiche di ogni provvedimento e presenta proposte che potrebbero facilmente essere recepite dalla legislazione, senza risultare incompatibili con gli impegni […]
Nel corso degli anni è cresciuta in modo pressante l’influenza dei gruppi di pressione e della Commissione europea sulla redazione della legge di stabilità per conseguire obiettivi di crescita e di riduzione del debito pubblico. Da un lato la Commissione europea, la cui popolarità è ormai al lumicino anche in Italia, impone il rispetto degli indicatori di Maastricht assieme a un coacervo di riforme economiche di stile neoliberista, sempre più lontane dalla visione del Manifesto di Ventotene e dei trattati istitutivi dell’Unione. Dall’altro le lobby imprenditoriali e finanziarie cercano di portare a casa riduzioni fiscali, favori e aiuti.
I governi degli ultimi anni hanno fatto i conti proprio con questi stakeholders, con risultati disastrosi sia in termini di crescita economica e di contenimento del debito, sia per la tenuta sociale del Paese, afflitto sempre più da una divaricazione del benessere tra le classi sociali. Quest’anno la manovra economica “ombra” di Sbilanciamoci! non peggiora il bilancio pubblico essendo a saldo 0, con 35 miliardi di euro di interventi su 7 aree di analisi – dal fisco al lavoro, dall’istruzione all’ambiente, dal Welfare all’altra economia, passando per la cooperazione internazionale – e 89 proposte concrete, praticabili e puntuali.
Da quindici anni la campagna Sbilanciamoci!, grazie all’impegno collettivo delle 47 associazioni che la sostengono, propone una legge di stabilità uguale a quella ufficiale solo per i saldi, ma totalmente diversa per metodo, contenuti e obiettivi. La proposta di Sbilanciamoci! nasce dal lavoro di un gruppo di lobbisti assai raro: i cittadini e le organizzazioni della società civile, i poteri “deboli” contrapposti ai poteri forti. Il lavoro è rigoroso sulle coperture economiche di ogni provvedimento e presenta proposte che potrebbero facilmente essere recepite dalla legislazione, senza risultare incompatibili con gli impegni presso l’Unione europea.
Il fisco e la finanza sono riformati spostando l’onere fiscale dai lavoratori e dai poveri a chi dispone di maggiori redditi, patrimoni e rendite, tagliandone i privilegi, come la cedolare secca, e aumentando la progressività delle imposte. L’evasione, senza cadere nella demagogia, è affrontata in maniera rigorosa con strumenti come la limitazione dell’uso del contante, la compliance fiscale per i fornitori della Pubblica amministrazione, la previsione di sanzioni accessorie afflittive contro gli evasori individuali e la piaga del turismo fiscale di molte multinazionali.
Il Welfare, sempre più bistrattato dall’approccio neoliberista, che lo considera una zavorra di cui liberarsi, è trattato con la reintroduzione di principi di universalismo e l’egemonia dei diritti dei cittadini sul mercato tramite lo stanziamento di maggiori risorse per la sanità, per contrastare la povertà, per favorire l’inclusione sociale e rilanciare le politiche abitative pubbliche. Un riorientamento delle risorse pubbliche “cambia verso” alle politiche migratorie nella direzione della garanzia dei diritti fondamentali di chi è costretto ad abbandonare il proprio Paese e cerca un futuro in Europa.
Il piano del lavoro previsto nel rapporto non solo crea occupazione di buona qualità al posto di quella precaria, ma spinge l’industria a investire nelle tecnologie e nell’innovazione, con costi per lo Stato assai minori del Jobs act o dei mancati introiti dovuti alla sempre più lunga lista di agevolazioni fiscali a favore delle imprese. Il reddito diventa un diritto anche per le fasce sociali più fragili della popolazione, grazie a un diverso utilizzo delle risorse pubbliche disponibili che consente di vivere in modo dignitoso a chi non è entrato nel mercato del lavoro, ne è uscito prematuramente o ne fa parte in modo tale da non assicurarsi entrate sufficienti.
In tema di sicurezza il Rapporto spiega come ridurre la spesa militare e investire sulle politiche di pace e di cooperazione seguendo un modello secondo il quale, parafrasando Johan Galtung, non si ottiene la pace sovrainvestendo in armi e sicurezza, si ottiene la sicurezza reale investendo nella pace. E quindi servizio civile universale, corpi di pace, riduzione delle spese militari diventano i capisaldi dei provvedimenti del rapporto.
Con cinque miliardi di euro, interamente coperti nel corpo della manovra, Sbilanciamoci! rimette al centro la cultura e l’istruzione pubblica. Una visione politica e di sviluppo che si contrappone proprio all’antipolitica in pillole del governo condensata nei 500 euro per i giovani che compiranno diciotto anni nel 2016. Con pochi interventi a basso costo si possono poi mobilitare risorse e occupazione nel settore dell’economia sociale e solidale, con vantaggi per lo sviluppo bilanciati sul territorio e tra le fasce sociali. Lo sviluppo “smart” scaturisce dalla sostenibilità ambientale in contrapposizione alla libertà di trivella e di mercato che ad oggi ha portato poca crescita, maggiore inquinamento e maggiori oneri per lo Stato per la riconversione dei siti da bonificare e la maggiore spesa sanitaria.
[La versione integrale del rapporto e il dettaglio delle proposte si può scaricare liberamente; è inoltre disponibile un’infografica che sintetizzadove e come sia possibile recuperare le risorse pubbliche necessarie e a quali interventi sono destinate].
Dalla rivista il Mulino