La sanità pubblica e universalistica rischia di morire. Con la rapida discesa del finanziamento del servizio sanitario pubblico nelle previsioni del governo (Def) e con il progetto di autonomia differenziata. Per elaborare una controproposta, a settembre, le tre giornate seminariali di Fiesole (iscrizioni entro l’11 maggio).
Nei tempi molto difficili che attraversa la sanità pubblica italiana occorre far luce sui problemi generati dal sottofinanziamento del Servizio sanitario nazionale, dai processi di privatizzazione in corso; così come sulle conseguenze che avrebbe, in termini di esplosione delle diseguaglianze, il progetto sull’autonomia regionale differenziata.
In questo orizzonte si colloca il rilancio del servizio sanitario pubblico, universale, egualitario ed efficace, frutto dell’impegno volto a tutelare e promuovere la salute, «come fondamentale diritto dell’individuo e interessa della collettività». Il Servizio sanitario pubblico è indispensabile, così recita il titolo delle giornate residenziali di politica sanitaria del prossimo settembre promosse dal Laboratorio su salute e sanità (Laboss), con la collaborazione di Salute diritto fondamentale, Salute internazionale e Sbilanciamoci!.
Si tratta di un seminario residenziale, di discussione ed elaborazione, impostato con pochi interventi frontali (avendo tutti a disposizione, prima dell’evento, i documenti preparatori) e con molto lavoro di gruppo corale, partecipativo. Le giornate si concluderanno con una tavola rotonda internazionale su “L’impatto delle politiche neoliberali negli assetti europei di tipo Beveridge”. L’obiettivo è fare spazio alla riflessione comune, produrre e condividere proposte, promuovere approfondimenti di carattere interdisciplinare e discussione collettiva sui temi della salute e della sanità, in Italia e nel contesto europeo.
Un modo immediato ed efficace per descrivere il declino del nostro Servizio sanitario nazionale (SSN) è quello di registrare nel tempo l’andamento della spesa sanitaria pubblica come % del PIL (Figura). Questo semplice indicatore riflette le scelte di allocazione delle risorse che sono state adottate ed è utilizzabile anche in fasi di elevata inflazione come quella sperimentata di recente.
La Figura, che riporta per il periodo 2024-27 le previsioni del governo (Documento di economia e finanza 2024), mostra il picco di spesa registrato nel corso della pandemia (anche per la caduta del PIL), ma anche la successiva rapida discesa, che ci sta portando a livelli di spesa sanitaria inferiori a quelli degli anni precedenti all’esplosione del Covid-19. Il grave sottofinanziamento del SSN ha suscitato la recente mobilitazione di un gruppo di scienziati che con un appello, in dieci specifici punti, hanno spiegato “perché non possiamo fare a meno del servizio sanitario pubblico”.
Nel loro documento, tra l’altro, si legge: “Dal 1978 – data della sua fondazione, al 2019 il SSN in Italia ha contribuito a produrre il più marcato incremento dell’aspettativa di vita (da 73,8 a 83,6 anni) tra i Paesi ad alto reddito. Ma oggi i dati dimostrano che il sistema è in crisi: arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali. Questo accade perché i costi dell’evoluzione tecnologica, i radicali mutamenti epidemiologici e demografici e le difficoltà della finanza pubblica, hanno reso fortemente sottofinanziato il SSN, al quale nel 2025 sarà destinato il 6,2% del PIL (meno di vent’anni fa). Il pubblico garantisce ancora a tutti una quota di attività (medicina generale, urgenza, ricoveri per acuzie), mentre per il resto (visite specialistiche, diagnostica, piccola chirurgia) il pubblico arretra, e i cittadini sono costretti a rinviare gli interventi o indotti a ricorrere al privato. Progredire su questa china, oltre che in contrasto con l’Art.32 della Costituzione, ci spinge verso il modello USA, terribilmente più oneroso (spesa complessiva più che tripla rispetto all’Italia) e meno efficace (aspettativa di vita inferiore di sei anni)”.
Ma non solo di sottofinanziamento può morire un servizio sanitario nazionale e può essere distrutto il suo universalismo.
Fin dalla prima ondata di Covid-19 fu evidente che l’epidemia poteva avere effetti letali sulle persone anziane con patologie croniche, con conseguenze catastrofiche nei confronti dei soggetti più fragili ricoverati in RSA. Si parlò allora di una “sindemia”, dell’interazione di un’epidemia infettiva con un’altra, apparentemente meno esplosiva, quella delle malattie croniche, di cui fecero le spese i gruppi di popolazione in condizioni di svantaggio socioeconomico con un maggior rischio di infezione, di ricovero in terapia intensiva e di decesso. L’Italia si trovò impreparata di fronte alla pandemia infettiva, e questo lo sappiamo. Ma si trovò impreparata anche di fronte alla forte diffusione delle malattie croniche. Con le risorse del PNRR e con l’approvazione del DM 77 del maggio 2022 sembrava aprirsi l’irripetibile occasione di riformare le cure primarie e di allestire una più razionale e efficace organizzazione della sanità territoriale basata su Case della comunità, integrazione socio-sanitaria, team multidisciplinari, sanità d’iniziativa per la prevenzione e il controllo delle patologie croniche. Una prospettiva del tutto estranea al governo Meloni, che ha infatti messo la riforma delle cure primarie su un binario morto (avendo tra l’altro tagliato di quasi un terzo i fondi per le Case della comunità).
Su un binario morto è finita anche la Legge 33/2023 sulla non-autosufficienza che aveva come priorità quella di creare un nuovo sistema di sostegni e di cure a domicilio, per assicurare il diritto e la libertà di vivere assistiti a casa propria, pur con l’ambiguità di istituire un Sistema nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente (Snaa) i cui rapporti con il Servizio sanitario nazionale (Ssn), e le sue garanzie consolidate, rimangono da definire.
In un Paese come l’Italia, ad elevato e crescente tasso d’invecchiamento, con alte e crescenti percentuali di anziani soli, è un vero crimine non disporre di politiche sanitarie e sociali che contrastino la diffusione delle malattie croniche, che ne controllino l’evoluzione (prevenendo le conseguenze più gravi e disabilitanti), che forniscano alla popolazione più fragile soluzioni diverse da quelle di finire la vita in un letto di RSA. L’assenza di queste politiche avrà non solo conseguenze disastrose sulla salute della popolazione, con la netta riduzione degli anni vissuti in buona salute, ma dilaterà enormemente le diseguaglianze tra coloro che avranno, o non avranno, le risorse economiche e familiari per affrontare con dignità le difficoltà terminali della vecchiaia.
Usando la facile metafora ferroviaria, un treno sta invece marciando sulla linea dell’alta velocità, quello dell’autonomia regionale differenziata. Una riforma che – se andasse in porto – provocherebbe una frantumazione del diritto alla salute e, prefigurando tasse regionali e il trattenimento dei tributi su base territoriale, romperebbe ogni idea di equa distribuzione delle risorse.
“Dopo quasi 10 anni di politiche di austerity, restrizioni e definanziamenti, il Servizio Sanitario Nazionale è arrivato stremato all’appuntamento inatteso con la pandemia da COVID-19“. Con questa frase si apriva il post di presentazione della prima edizione delle Giornate fiesolane di politica sanitaria tenutasi dal 6 all’8 settembre dello scorso anno. Se è stato possibile contenere i pur gravissimi danni inferti dalla pandemia alla popolazione lo si deve alla dedizione, alla abnegazione, perfino al sacrificio, di medici, di infermieri, di personale addetto all’assistenza. Ci si aspettava un riconoscimento per tutto ciò, ma non è arrivato. Non è arrivata neppure la soluzione dell’annosa questione dei tetti di spesa per il personale, il cui sblocco sembrava ovvio e doveroso, dopo tutto quello che era successo (la lezione non è proprio servita). È arrivata invece la delusione, la disaffezione verso l’amato SSN, perfino la fuga da esso. Con un ulteriore allungamento delle liste di attesa, la rinuncia a prestazioni essenziali e il progressivo ricorso al privato. Alla forte riduzione della spesa sanitaria in termini reali, si accompagnano infatti reiterati e rafforzati processi di privatizzazione favoriti dal dirottamento di risorse pubbliche verso la sanità privata. Cresce il ruolo delle società di assicurazione che forniscono servizi in campo sanitario, favorite dagli incentivi offerti al “welfare aziendale” con la defiscalizzazione dei contributi pagati dalle imprese.
Di questi temi cruciali – la gestione della cronicità, l’autonomia regionale differenziata, le risorse umane del SSN – discuteremo nella prossima edizione delle giornate di politiche per la salute che si terranno presso il Centro Studi Ricerca e Formazione Cisl, sulla Collina che Sale da Firenze verso Fiesole, nei pressi di San Domenico, da giovedì 5 a sabato 7 settembre 2024.
PROGRAMMA DEL SEMINARIO
Itinerari di politiche per la salute – Seconda edizione
Il Servizio Sanitario Pubblico è indispensabile
Centro Studi Ricerca e Formazione Cisl
Via della Piazzuola, 71 – 50133 Firenze
Giovedì 5 settembre 2024
Ore 11.30 Introduzione
Ore 14.00 Lettura: Fiscalità e welfare
Ore 15.00 L’epidemia delle malattie croniche e la risposta della rete territoriale dei servizi sanitari e sociali
Venerdì 6 settembre 2024
Ore 9.00. Il diritto alla salute a pezzi: autonomia differenziata e sanità
Ore 14.30 Le risorse umane del Servizio Sanitario Nazionale: nodi critici e prospettive future
Sabato 7 settembre 2024
Ore 9.00. Tavola rotonda: L’impatto delle politiche neoliberali negli assetti sanitari europei di tipo Beveridge
Per leggere il programma dettagliato scarica Programma_Dettagliato_Fiesole_2024
Le Giornate di studio sono aperte a 40 posti “residenziali” (che comprendono alloggio in camera singola per due notti) e a 40 posti “non residenziali”.
Quote d’iscrizione
- Quota di iscrizione in qualità di residente, comprensiva di partecipazione all’incontro, alloggio in camera singola per due notti (giovedì e venerdì), prima colazione, pranzo di giovedì e venerdì: Euro trecentocinquanta (350,00).
- Quota di iscrizione in qualità di NON residente, comprensiva di partecipazione all’incontro, pranzo di mercoledì e di giovedì: Euro cento (100,00).
- Studenti e ricercatori di età pari o inferiore ai 35 anni. Iscrizione in qualità di residente comprensiva di partecipazione all’incontro, alloggio in camera singola per due notti (giovedì e venerdì), prima colazione, pranzo di giovedì e venerdì: Euro duecentoventi (220,00).
Scadenza per la presentazione delle domande: Sabato 11 maggio.
Scarica il Modulo di richiesta di partecipazione al Seminario 2024
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LABOSS, Laboratorio su salute e sanità, CHI SIAMO