Due libri e un elenco di contribuenti. Un percorso di lettura su numeri, usi e consumi nel pianeta dei possidenti, da un milione di dollari in su
Due, anzi tre pubblicazioni ci danno modo di gettare uno sguardo in un mondo di cui tutti conoscono l’esistenza, ma che appare anche favoloso, è largamente sconosciuto e per certi versi proibito. Il pianeta dei ricchi. Suggerisce qualche spunto un libro di fonte americana, “Richistan” che nell’edizione italiana (Isbn edizioni) ha come sottotitolo Come i ricchi sfondati spendono i loro fantastilioni” e in quella originale (Crown Publishers) il più sobrio “Un viaggio nel boom della ricchezza americana e nei modi di vita dei nuovi ricchi”. C’è poi un fascicolo della serie Manière de voir del francese Le Monde diplomatique: “L’Internationale des riches” con un’impostazione molto diversa e la dichiarata volontà di accusare il liberismo, responsabile delle differenze cresciute durante gli ultimi trenta anni nella società francese. E c’è infine un altro materiale che è stato possibile esaminare, di fonte italiana, non propriamente un libro e neppure un fascicolo e che contemporaneamente, con una tipica soluzione italiana, è ufficiale e posto all’indice. Ma di quest’ultimo tratteremo molto brevemente e alla fine.
Il saggio di Robert Frank, “Richistan”, offre un’interpretazione interessante del sistema sociale ed economico americano di oggi. Non si tratta certo di un’analisi sofisticata. L’autore, Frank, è un giornalista del Wall Street Journal che si è specializzato nello studio dei patrimoni. Egli descrive un paese nuovo, il Richistan appunto, che è cresciuto dentro e attraverso gli Stati Uniti e annovera un numero crescente di abitanti, che si distinguono da tutti gli altri cittadini per interessi, comportamenti e regole da rispettare, ma che si diversificano anche al loro interno in tre gruppi o caste. C’è un Richistan inferiore abitato da 7,5 milioni di famiglie; un Richistan medio, abitato da oltre 2 milioni di famiglie; e infine un Richistan superiore con una popolazione nell’ordine delle migliaia di famiglie.
L’autore compie un vero e proprio viaggio in un territorio che anche per lui, esploratore esperto di grandi patrimoni singoli, è semisconosciuto e per il quale mancano mappe apprezzabili. Ha comunque appurato che nel primo Richistan il patrimonio va da 1 a 10 milioni di dollari, la fonte della ricchezza sono stipendi, “piccoli affari” e capitali azionari e le spese tipo individuate, per il 2006 sono 2.100 dollari in orologi, 44.000 dollari in automobili, 9.200 dollari in gioielli e 5.300 dollari in cure estetiche. Il valore dell’abitazione è valutato in 810.000 dollari. Sono dunque cinque tipologie di cui l’autore si serve per descrivere le differenze sociali e culturali tra Richistaniani: quattro beni significativi e l’abitazione. Nel Richistan intermedio, con un patrimonio da 10 a 100 milioni di dollari, la fonte della ricchezza consiste nel “possesso di imprese”, capitali azionari, stipendi, mentre le spese caratteristiche sono pari a 71.000 dollari in orologi, 158.000 in automobili,126.000 in gioielli e 42.000 in cure estetiche. L’abitazione “principale” è quotata 3,8 milioni di dollari. Infine il Richistan superiore. Qui il patrimonio corre da 100 milioni a un miliardo, la fonte di ricchezza è il possesso di imprese e il capitale azionario. Tra le spese medie del 2006 vanno annoverati 182.000 dollari in orologi, 311.000 in gioielli, 397.000 in automobili e 162.000 in cure estetiche. L’abitazione principale è valutata 16,2 milioni. Il libro prosegue descrivendo aspetti caratteristici della vita dei ricchi richistani. Un capitolo è dedicato all’accademia dei camerieri, un altro alla scuola nella quale i figli imparano a spendere con una neoetichetta. Si descrivono le strategie del desiderio in fatto di yacht sempre più lunghi e di aerei personali, concepiti come enormi limousine volanti. In complesso Frank mostra notevole tolleranza per i suoi ricchi. Non sono ancora l’aristocrazia del mondo, ma nessuno esclude che lo possano diventare. E il Wall Street Journal intanto si sta attrezzando.
Invece gli autori francesi dell’Internazionale dei ricchi descrivono un mondo che sono convinti di conoscere da sempre. Due classi si fronteggiano sempre: ed è la Politica, spinta e trattenuta dalla Congiuntura Economica (un tempo) e dalla Globalizzazione (oggi) a determinare il sopravvento della classe dei proprietari, o in alternativa dei lavoratori, lungo il pendolo della storia. Il Potere statale interviene con leggi e prelievi fiscali e fa coincidere il bene comune nazionale con quello che la parte che governa ritiene sia giusto e così facendo offre vantaggi e garantisce risorse agli uni e ne toglie agli altri. La differenza tra le due interpretazioni del mondo dei ricchi è soprattutto qui. Il modello americano indica l’avvento di un nuovo ceto di ricchi, senza storia e senza memoria, figli della new economy e del boom borsistico degli anni novanta. Sono più giovani, non provengono dalle grandi scuole, non hanno ereditato quattrini e neppure buone maniere da padri e madri. Le vicende di un richistano tipo sono ripetitive: è uno che ha avuto un’idea, da giovanissimo, talvolta nel suo garage di casa, l’ha saputa concretizzare in qualcosa di vendibile, un’idea che si fa società, raccoglie capitali, in seguito è quotata. Non necessariamente si tratta di un informatico, potrebbe essere un raccoglitore di fragole in California che riesce a raccoglierne uno sproposito nel modo giusto e nel momento favorevole… Poi altri, gruppi finanziari, società più grandi del settore o fondi d’investimento ne acquistano la quota azionaria, senza escluderlo dalla gestione, anche per evitare di avere subito un terribile concorrente, svelto di testa e di gambe e per di più – ormai – pieno di soldi. Il personaggio in questione così risale rapidamente i tre diversi stati Richistan: prima ha uno stipendio, sempre più alto, poi “anche” uno stipendio, poi solo azioni e fondi. L’autore americano, Frank, mostra come i richistani siano incolti e pacchiani, come i loro consumi vistosi siano sempre gli stessi e sempre di cattivo gusto. Ma non se ne duole, nel libro non vi sono critiche. La storia e la letteratura gli hanno insegnato che anche per Ford o Edison era andata così, come pure per i Baroni ladri: quando descrive le gigantesche dimore in Florida, le buone “case” di pessimo gusto, è come se ci suggerisse di non tirare conclusioni. Dopo tutto, anche il “Palazzone” di Jay Gatsby, l’eroe di Fitzgerald, a Long Island non doveva essere il massimo dell’eleganza, allora, negli anni venti… I nuovi ricchi sono l’espressione del tempo: verrà anche per loro il momento della raffinatezza; ma se non dovesse venire, saranno in ogni modo la classe di riferimento del prossimo capitalismo americano. L’obiettivo rinnovato della middle class.
Gli articoli del fascicolo francese esaminano da vicino i privilegi dei ricchi, i loro vizi. Il materiale è molto ricco: si ripubblica il meglio del mensile nel corso di venti anni in argomento, e poi disegni satirici, immagini evocative e collage molto efficaci che equivalgono a discorsi politici (o morali) sull’ingiustizie del mondo. Queste sono anche riassunte nelle cartografie simili a quelle che illustrano gli Atlanti del “diplò”. E poi una serie di riletture di grandi autori del passato: Jack London, Paul Nizan, William Thackeray, Pierre Bourdieu, Karl Marx… In pratica al passare dei secoli i ricchi non cambiano mai. E’ un plotone quello degli iperricchi che aumenta di dimensioni o si riduce, ma vi è sempre una mano pubblica che lo indirizza e lo alimenta; come minimo lo lascia fare se ciò è preteso dallo spirito dei tempi. Ne risulta un quadro di ingiustizia assurda.
Se fosse solo questo si potrebbe ricavarne un senso, nel corso delle stagioni politiche, delle sconfitte sociali. La convinzione degli autori va però oltre. Non si tratta di un gioco a somma zero, che registri un alternarsi di giustizia sociale e liberismo economico, di riduzioni nella giustizia sociale in cambio di dosi massicce di liberismo economico. La ripartizione delle risorse a favore di pochi, o per dirla altrimenti, la privatizzazione di beni comuni, determina conseguenze che rendono la società umana meno sicura in termini di welfare e peggiorano le condizioni generali di salute, ambiente, vivibilità. Il pieno impiego, un prevalere di lavori soddisfacenti e creativi, il tempo libero, l’accesso dei cittadini all’arte, alla cultura, alla musica sono altrettanti obiettivi di una società democratica che una cattiva distribuzione delle risorse con un prevalere degli egoismi economici sociali, mette in forse. Se le risorse sono condivise è possibile un programma di risparmio energetico e naturale. Ma se ogni risorsa è comunque un bene commerciabile, allora è difficile evitare che qualcuno lo ottenga per sé in esclusiva in modo di poterlo vendere agli altri a prezzi elevati, lucrando sulla scarsità indotta. La carestia, veicolo di arricchimento per pochi e di disastro sociale per i più.
Le parti del fascicolo francese sono tre: Il piccolo mondo delle grandi ricchezze, La fabbrica dei miliardari, Il pianeta come casinò. I testi del “diplò” allargano l’esame ai ricchi di molti paesi. Non solo Francia e Stati uniti, ma si guarda anche al Messico e all’India, all’Africa, alla Russia. L’ultimo passo suggerito è quello di vedere tutto insieme. C’è un’Internazionale dei ricchi, tutti uguali tra loro, tutti ormai privi di legami politici o affettivi con i luoghi di origine, ma veri cittadini del mondo, quel particolare mondo di cui si sono appropriati. Ricchi che ormai vivono vite simili in decine di luoghi di delizie che sono sempre gli stessi, partecipando alle solite occasioni mondane sotto le abituali cinque o più stelle delle catene alberghiere, con servitori omologati, uguali marinai, aerei privati con le medesime suite, guardaspalle in fotocopia, e poi nani e ballerine, sempre identici, sempre identiche.
E poi il materiale controverso di fonte italiana. Gli studi sui ricchi sono rari nel nostro paese. Quelli che sono ricchi, o gli altri che vivono al loro servizio, si piccano di sapere tutto quello che conta, compresa la geografia politica degli straricchi esistenti, e vogliono tenerlo il vantaggio per sé. Vi è da un lato una scelta classista: che bisogno hanno gli altri di sapere?, cui si somma un retaggio di paura nei confronti dei lazzaroni di ogni latitudine che potrebbero invidiare troppo e assalire i Palazzi. Su tutto la convinzione che essere informati della ricchezza altrui, avvantaggia comunque negli affari. Nel nostro paese la trasparenza è notoriamente un reato contro il buon costume e la protezione mafiosa costa molto meno di quella dello stato. Così, quando l’Agenzia delle imposte pubblica gli elenchi dei contribuenti, si assiste a una sollevazione generale dei benpensanti, non necessariamente al servizio dei ricchi. Un riflesso che sarebbe meglio analizzare. Qualcuno arriva a dire che pubblicare i dati del reddito di Tizio potrebbe offrire un ingiusto vantaggio a Caio, concorrente in affari. C’è però Italia Oggi che pubblica in dieci puntate,dal 5 al 15 maggio i diecimila nomi in testa all’elenco dei ricchi. (“I più ricchi d’Italia. La classifica dei contribuenti con i redditi più alti nel 2005”). Si passa dai 101 milioni lordi del primo contribuente, al 21°, un noto sportivo, che è l’ultimo con oltre 10 milioni, poi al 1877° che è l’ultimo sopra il milione, al decimillesimo che ha un reddito lordo, nel 2005, di 443.163 euro. Come è facile capire i contribuenti diventano molto più numerosi al ridursi del reddito. L’agenzia delle entrate ha offerto un documento straordinario di cui non rimane traccia, un documento politico cancellato. Ma anche limitando lo sguardo ai diecimila, si potrebbe riflettere su attività, genere, età, provenienza delle persone. I dati riguardano principalmente i redditi da lavoro, dipendente o autonomo. Non vi rientrano i dividendi e gli interessi che si pagano con una trattenuta liberatoria. Quindi i ricchi italiani vi sono compresi solo in piccola parte. Ma, “Ce n’est qu’un debout”, direbbero al Diplò.
Gli studiosi hanno discusso solo in punto di diritto la pubblicazione e una volta risolto questo aspetto, non hanno avuto interesse per i ricchi e tanto meno per i poveri. In Italia – se vi piace – la situazione è questa. Il 10% delle famiglie ha, negli ultimi dati che sono del 2004, una quota di ricchezza pari al 42,9% di quella complessiva, mentre al 50% delle famiglie tocca il10,1%. Si può notare che in quattro anni, tra 200 e 2004 i ricchi avrebbero perso 4 punti percentuali, forse per la caduta dei valori mobiliari, mentre il valore delle case aumentava per tutti. La ricchezza complessiva del paese ammonta, secondo gli studi della Banca d’Italia a 7.825 miliardi di euro, 345 mila per famiglia e 134 mila per individuo. Ma è facile capire che la distribuzione di redditi e ricchezza non è equanime. L’indice di Trilussa spiega il caso anche meglio dell’indice di Gini.
Richistan, Robert Frank, Isbn edizioni 2008, pp.236, euro 15
L’International des riches, Manière de voir-Le Monde diplomatique giugno-luglio 2008, pp98, euro 7,40
I più ricchi d’Italia (La classifica dei contribuenti con i redditi più alti nel 2005), Italia Oggi, 5-15 maggio 2008