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Reti Pacifiste e disarmiste: “Guerra e intervento militare non sono soluzione per la martoriata Libia”

Testo congiunto diffuso da Rete della Pace, Campagna Sbilanciamoci!, Rete Italiana per il Disarmo sul conflitto in Libia e sulle possibili strade per costruire pace e sicurezza per le popolazioni di quel paese. Fermare la violenza e i richiami alla guerra in Libia è possibile, senza più ripetere gli errori del passato, perché esiste un’altra […]

biani_articolo11Testo congiunto diffuso da Rete della Pace, Campagna Sbilanciamoci!, Rete Italiana per il Disarmo sul conflitto in Libia e sulle possibili strade per costruire pace e sicurezza per le popolazioni di quel paese.
Fermare la violenza e i richiami alla guerra in Libia è possibile, senza più ripetere gli errori del passato, perché esiste un’altra strada. Fermare la violenza è possibile costruendo una politica fondata sul rispetto dei diritti umani, dell’autodeterminazione dei popoli, del diritto internazionale, dello sviluppo sostenibile e della giustizia sociale.

E’ questo il nocciolo della presa di posizione congiunta che le reti di organizzazioni per la Pace, i diritti umani, la nonviolenza e gli interventi civili di pace hanno diffuso oggi, nei giorni in cui i venti di guerra tornano a spirare in maniera forte nella sponda sud del Mediterraneo ed alle porte Est dell’Europa.
Secondo Rete della Pace, Campagna Sbilanciamoci e Rete Italiana per il Disarmo: “E’ questa la strada per raggiungere la Pace, proprio perché è la Pace ad essere l’unica strada”.

Rete della Pace, Campagna Sbilanciamoci e Rete Italiana per il Disarmo chiedono con forza che il nostro Governo si assuma la responsabilità di promuovere una soluzione reale del conflitto in Libia. Un’uscita dall’anarchia armata attuale a partire da idee di Pace, di intervento nonviolento e di ricostruzione sociale che coinvolga le popolazioni per mettere in campo tutte le forze ed energie di diplomazia e di confronto verso scelte coraggiose che possano davvero spegnere l’incendio di odio e prevaricazione che sta minacciando il mondo. Tra i primi passi importanti da realizzare immediatamente il blocco dei flussi finanziari e delle forniture di armamenti che sostengono ISIS e le milizie delle varie fazioni negli scontri di queste settimane.

Le organizzazioni del mondo della Pace e del disarmo ricordano inoltre che è in corso la campagna “Un’altra Difesa è possibile”, che chiede la realizzazione di strutture istituzionali che possano intervenire nei conflitti per prevenirli e renderli meno cruenti. Costruiamo insieme questa strada di Pace.

Di seguito il testo congiunto diffuso da Rete della Pace, Campagna Sbilanciamoci e Rete Italiana per il Disarmo

 

 

 

Fermatevi, la guerra non è la soluzione. Esistono altre strade

Il caos libico non accetta scorciatoie, semplificazioni e improvvisazione. L’intervento armato non può che aggravare la situazione.
Fermare la violenza in Libia, contrastare le milizie affiliate ad ISIS e tutti i gruppi armati è possibile senza più ripetere gli errori del passato, senza gettare ulteriore benzina sull’incendio.

L’intervento del 2011 dimostra pienamente in questi giorni tutto il proprio fallimento. La situazione è drammatica in tutta la regione del medio Oriente e dell’Africa Sub Sahariana, non solamente in Libia, e occorre agire con urgenza per mettere in sicurezza vite umane, per fermare le azioni criminali e terroriste, per ricomporre e riconciliare le diverse comunità etniche e religiose dell’intera regione. Questo l’obiettivo, la cui realizzazione dipende fortemente dal “modo” in cui si cercherà di metterlo in pratica: fondamentale per non produrre ulteriori vittime e caos.

Noi riteniamo che sia necessario dispiegare una molteplicità di azioni, tra le quali:

Chiedere ai Ministri degli Affari Esteri dei paesi europei di presentare richiesta presso la Corte Penale Internazionale dell’Aia di avviare un processo nei confronti di Abu Backr Al-Baghdadi: sia chiamato a giudizio come responsabile del sedicente «Stato Islamico» insieme agli esecutori e finanziatori dei crimini di genocidio, contro l’umanità e di guerra, così come previsto nello Statuto della stessa Corte.
Sostenere la ricostruzione dell’assetto statuale libico, con tutte le forze della diplomazia e della politica, a partire dall’iniziativa dell’Onu per un accordo tra le parti: solo un’azione internazionale sotto egida Onu, costruita con il pieno coinvolgimento dei rappresentanti delle comunità locali e della società civile, potrà raggiungere un accordo che freni gli scontri tra gruppi armati.
La comunità internazionale, sotto guida ONU e con l’impegno e la cooperazione della Lega araba e dell’Organizzazione degli stati africani, deve farsi garante e protettrice di un futuro accordo di pace, anche al fine di mettere alle strette Qatar, Arabia Saudita ed altri paesi della regione che – in maniera ipocrita – sono responsabili nel sostegno e nella propagazione delle guerre in corso
L’Unione Europea può inviare personale civile nelle zone più sicure per sostenere il protagonismo della società civile, delle comunità religiose e delle donne nella costruzione di un processo di pace, tutelando i difensori dei diritti umani e gli operatori di pace locale che più si espongono in questo momento. Questa sarà la missione dei futuri Corpi Civili di Pace.
Bloccare le fonti di finanziamento del terrorismo, la vendita delle armi e di petrolio, le complicità con i diversi gruppi di miliziani armati che imperversano nella regione. Un modo per non diventare complici in un conflitto che ci vede già molto responsabili, e per non essere “imprenditori di morte pronti a fornire armi a tutti” come ha ricordato oggi lo stesso Papa Francesco.

L’Unione Europea e i suoi stati membri devono fare la propria parte, garantendo assistenza umanitaria a profughi e migranti e cooperando con i paesi della regione che se ne stanno facendo carico, per mettere in campo un’operazione di salvataggio in mare e di accoglienza dei profughi e migranti.

Abbiamo bisogno di una politica ed un impegno internazionale che dichiarino finita la stagione degli errori armati e degli interessi di parte riportando al centro l’interesse generale della comunità globale per la Pace, la libertà e per l’accesso ai diritti universali per tutte e per tutti.