Bilanci aperti/ Servono interventi su quattro punti chiave: selezione degli indicatori di bilancio, centralità del Rendiconto generale, valorizzare la società civile, nuovi regolamenti parlamentari
1. Il Rapporto Open Budget Survey 2017 su trasparenza, controllo e partecipazione in materia di bilancio dello Stato evidenzia luci e ombre del caso italiano.
Va ricordato che la riforma – pressoché bipartisan – della Legge di Bilancio del 2017 ha apportato importanti miglioramenti nel processo di approvazione del bilancio dello Stato, dando maggiore coerenza ai vari passaggi parlamentari e introducendo più linearità e trasparenza all’intero processo legislativo.
Va altresì ricordato che la Legge di Bilancio riformata nel 2017 ha introdotto una grande novità: l’utilizzo degli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile (Bes) per valutare l’impatto delle policies e programmare interventi normativi coerenti con gli obiettivi condivisi a livello parlamentare.
Si tratta di una misura da poco varata, ai primi passi nella sperimentazione, tutta da valutare nei prossimi anni e che – nella sua assoluta positività – contiene due bachi importanti.
Il primo: la società civile è/stata assente nel processo di elaborazione degli indicatori affidati a Istat, Banca d’Italia e Ministero Economia e Finanze (Mef) con l’ausilio di due prestigiosi docenti universitari. Quando l’Istat ha costruito il Bes ha invece coinvolto le organizzazioni della società civile e attivato la partecipazione civica.
Il secondo baco è che la valutazione dei risultati – rispetto agli indicatori prescelti – è effettuata dal Mef, e questo ovviamente non garantisce l’imparzialità e la terzietà delle valutazioni, che inevitabilmente tendono a evidenziare i meriti dell’azione del Governo (qualunque esso sia) rispetto ai dati e alle informazioni che vengono selezionate e fornite.
Quello che bisognerebbe invece fare è: (a) coinvolgere i soggetti della società civile nella (ri)eleborazione della scelta degli indicatori; (b) affidare a un organismo indipendente (come l’Ufficio Parlamentare di Bilancio) la valutazione dei risultati raggiunti.
2. Nonostante gli avanzamenti introdotti dalla nuova Legge di Bilancio in materia di trasparenza e controllo, anche in questo caso vi sono diverse criticità.
Dall’approvazione della Legge di Bilancio in Consiglio dei Ministri alla sua trasmissione in Parlamento passa diverso tempo, anche 10-12 giorni oltre il termine previsto dalla legge. In quei 10-12 giorni la legge c’è (ufficialmente è stata approvata), ma non si vede: circolano bozze, appunti, veline giornalistiche in attesa di definire i dettagli (spesso molto importanti) oggetto di negoziati e trattative tra Ministeri, partiti, parlamentari.
Il dibattito pubblico si svolge non su documenti ufficiali, ma su quello che riportano i media, salvo poi – com’è successo spesso – riscontrare novità dell’ultimo momento oppure la scomparsa di misure inizialmente previste o annunciate.
Il dibattito pubblico e parlamentare – poi in corso d’opera – rischia di essere in parte inutile a causa di quello che succede ogni anno: in dirittura d’arrivo la legge subisce radicali modifiche (anche veri e propri stralci) con emendamenti governativi dell’ultima ora che fanno trovare Parlamento e opinione pubblica di fronte al fatto compiuto. Nessuna possibilità di approfondimento, confronto e controllo.
Quello che bisognerebbe fare è pretendere il rispetto dei tempi (la deroga, come sempre, tende a diventare la norma) e introdurre nei regolamenti parlamentari dei paletti più ristretti (sia rispetto ai tempi che ai temi) nell’attività emendativa del Governo nella sessione di bilancio.
3. La partecipazione della società civile non esiste, non viene riconosciuta e formalizzata. Come evidenzia l’Open Budget Survey 2017, questo rappresenta una seria criticità per l’Italia. Negli ultimi anni il problema si è accentuato anche a causa della teorizzazione (e messa in pratica) del depotenziamento dei corpi intermedi nel processo di confronto legislativo.
Per la Legge di Bilancio due sono i momenti più significativi (formali) che vengono utilizzati: gli incontri con le cosiddette “parti sociali” e le audizioni di soggetti sociali ed economici e istituzioni varie in Commissione Bilancio. Ormai si tratta di passaggi rituali e poco utili.
Visto che non è stato abolito, si potrebbe dare al Cnel (dove sono rappresentati i soggetti sociali, economici, sindacali e datoriali) un ruolo nel favorire l’incontro e il confronto tra corpi intermedi e Governo, soprattutto nella fase preparatoria del Documento di Economia e Finanza (Def) e della Legge di Bilancio.
4. Infine c’è la questione del Rendiconto Generale dello Stato, di cui ci si occupa sempre poco. In Parlamento (figuriamoci nel dibattito pubblico) passa quasi inosservato, eppure si tratta di un passaggio importante rispetto al controllo e alla trasparenza.
Quanto di quello previsto nella Legge di Bilancio è stato realizzato? Come sono state realizzate e messe in pratica le politiche individuate? Come sono state impiegate le risorse pubbliche per realizzare gli obiettivi prescelti?
Il Rendiconto è uno strumento fondamentare per valutare tutto il processo di programmazione e utilizzo della spesa pubblica. Bisogna qui riarticolare i passaggi parlamentari, dare maggiore spazio e indirizzare in modo più significativo il dibattito pubblico, trovando anche gli strumenti comunicativi più efficaci – affidando all’Ufficio Parlamentare di Bilancio la valutazione indipendente e a Openpolis la sua traduzione in comunicazione comprensibile – per evidenziare risultati raggiunti o scostamenti rispetto alle previsioni.
* Ex Deputato e Segretario della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati