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Ponte sullo Stretto: l’impossibile progetto dual use

L’opzione “militare” del ponte, emersa con forza nel dibattito tecnico-politico da alcune settimane, è infondata, potenzialmente falsa e in prospettiva dannosa sotto il profilo sia erariale che della credibilità internazionale del Paese. Bocciata dall’esercito italiano e rigettata anche solo come ipotesi dall’Europa.

Il governo Italiano ha reiteratamente espresso l’intenzione di far rientrare nel 5% di PIL destinato alle spese militari i costi per la progettazione e costruzione del ponte sullo Stretto di Messina, sostenendo che la rilevanza strategica militare di questo progetto è comprovata da indicazioni dell’UE e della NATO. Ciò implica, secondo la Commissione UE, che l’infrastruttura abbia uno “scopo principale militare [piuttosto che] civile”. L’opzione “militare” del ponte, emersa con forza nel dibattito tecnico-politico solo da alcune settimane, è infondata, potenzialmente falsa e in prospettiva dannosa sotto il profilo sia erariale che della credibilità internazionale del Paese. Ciò per almeno tre ragioni: 1) assenza di riscontri verificabili; 2) aspetti tecnici e necessità di revisione del progetto; 3) appesantimento dei costi di progetto.

  1. Assenza di verificabili riscontri dei documenti citati

La “Relazione IROPI” approvata dal Consiglio dei ministri il 9 aprile 2025, riferendosi al documento “European Commission (2024) Military Mobility Action Plan”, afferma: “Secondo il Military Mobility Action Plan, il Ponte svolge un ruolo centrale nel sistema di mobilità militare europeo, soprattutto per la sua natura multimodale (stradale e ferroviaria)” e sostiene poco più avanti che il ponte sullo Stretto “consoliderebbe ulteriormente il ruolo strategico dell’Italia come nodo di transito per le operazioni congiunte NATO ed EU…” perché, fra il resto, “…lo stesso Collegamento potrebbe facilitare la logistica e i movimenti di supporto per le operazioni NATO in situazioni di emergenza nazionale o in scenari di crisi internazionali”. 

Queste affermazioni non sono sostenute da riscontri verificabili. Il Servizio di Ricerca Documentale del Parlamento Europeo, su istanza dell’Europarlamentare Leoluca Orlando che chiedeva di poter ricevere il documento: “European Commission (2024) Military Mobility Action Plan” espressamente indicato dalla Relazione approvata dal Consiglio dei ministri il 9 aprile 2025 e di sapere se altri documenti o rapporti UE avessero citato o menzionato il ponte sullo Stretto di Messina come infrastruttura di interesse militare per l’Europa ha risposto: “We are not aware of Military Mobility Action Plan 2024. There is Action plan on military mobility 2.0 approved in 2022. (…) [D]ocuments with Selection Decision of the CEF Military Mobility call for proposals for years 2021-23 do not cover Strait of Messina”. In altri termini, Il Servizio di Ricerca Documentale del Parlamento Europeo conferma che il documento citato nella Relazione IROPI e nella delibera del Consiglio dei ministri del 9 aprile 2025 è inesistente che i fondi CEF per la mobilità militare non contemplano (neanche come ipotesi) questo progetto.

Riguardo alla presunta rilevanza NATO dell’opera annunciata negli atti, né la delibera del Consiglio dei Ministri del 9 aprile 2025, nè la “Relazione IROPI” contengono riferimento a documenti NATO da cui evincere valutazioni circa un eventuale ruolo strategico-militare del ponte nel teatro Mediterraneo. L’unico documento citato dal Rapporto è la relazione per la “Conversione in legge del decreto-legge 31 marzo 2023, n. 35, recante disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria” del 31 marzo 2023, da cui viene estratto il seguente passaggio: “Il Ponte sullo Stretto costituisce inoltre un’infrastruttura fondamentale rispetto alla mobilità militare, tenuto conto della presenza di importanti basi NATO nell’Italia meridionale”, ma nella delibera non vi è riferimento a eventuali documenti NATO.

  1. Aspetti tecnici e necessità di revisione del progetto

Gli aspetti relativi a fattori tecnici sono riguardano: a) vulnerabilità dell’infrastruttura e straordinaria onerosità della sua difesa e protezione; b) affidabilità della misura del “franco navigabile” e sua compatibilità con le esigenze dimensionali delle portaerei di classe Nimitz e Ford; c) mancanza di requisiti per l’inserimento nei piani di mobilità NATO; d) necessità di attendere un parere specifico militare prima di procedere all’approvazione del progetto.

  1. Vulnerabilità e oneri di difesa dell’infrastruttura– Nell’unica occasione in cui il progetto “di massima” era stato assoggettato a valutazione comparativa rispetto ad alternative tecniche la “Rivista Militare” dell’Esercito italiano aveva pesantemente criticato proprio dal punto di vista della Difesa l’ipotesi del ponte sospeso, sostenendo che: “Il ponte sospeso presenta la maggiore vulnerabilità in quanto tutta l’infrastruttura è esposta ad ogni tipo di offesa condotta con vettori navali, aerei e missilistici ed ogni punto è vitale per la sopravvivenza. Nessun tipo di mascheramento elettronico è ipotizzabile per un bersaglio destinato a dare un’eco radar rilevabile da grandissima distanza anche con apparati non particolarmente sofisticati e, quindi, anche la protezione da attacchi condotti con mezzi non balistici obbligherebbe ad una sorveglianza continua di un’area vastissima di cielo, di mare e di terra. In ogni caso una consistente protezione antiaerea ed antimissile permanentemente attivata — e questo è probabilmente il costo maggiore, quello di esercizio — dovrebbe essere attuata con sistemi multipli aerei, missilistici e artigliereschi, posti a terra ed imbarcati“: un imponente e costoso impegno e immobilizzo di risorse umane, strumentali e di armamenti per l’Esercito. La conclusione dell’analisi era che: “In ogni caso la soluzione «ponte sospeso» sembra davvero essere quella meno valida dal punto di vista della Difesa. Comporterebbe, infatti, rilevanti oneri per la realizzazione di un’efficace protezione.In definitiva la strada migliore sarebbe quella della ricerca di una soluzione diversificata dell’attraversamento ferroviario da quello stradale che consentirebbe, unitamente al servizio ridotto di traghetti, di ottenere una minore vulnerabilità globale, a parità di difesa, attraverso la disponibilità di più soluzioni alternative“.

Tra le “soluzioni alternative” il traghettamento navale dei mezzi, è considerato essenziale dal punto di vista della difesa; e il commento del Gen. Corsini reputa incongruo e non adeguatamente ponderato il suo accantonamento da parte della Società Stretto. Delle “tre richieste preventive della Difesa” che troviamo nell’articolo la prima è infatti relativa al “mantenimento in vita di un servizio — pur ridotto — di traghetti, che assicuri la permanente agibilità degli invasi e, quindi, la possibilità di immediato ripristino di un servizio alternativo efficace, in caso di interruzione dell’attraversamento permanente”; allo stesso modo, nel riquadro dedicato alle alternative di progetto, è primariamente considerata quella di “un concreto, rapido e «sicuro» potenziamento dell’attuale servizio di traghettamento”, per due ragioni: 1) il risparmio sui tempi di attraversamento con il ponte sospeso in discussione non sarebbe così significativo (né per le auto né, in prospettiva, per i treni); 2) il mantenimento di un servizio di traghettamento consentirebbe “di ottenere una minore vulnerabilità globale, a parità di difesa, attraverso la disponibilità di più soluzioni alternative”. Al contrario, la valutazione economica del ponte si regge sull’ipotesi della soppressione di ogni attività di traghettamento, pubblica e privata, sullo Stretto di Messina; l’analisi trasportistica chiarisce che: “Nello scenario di progetto, si prevede la cessazione di tutti i servizi (passeggeri e merci) di attraversamento via mare dello Stretto”, e l’analisi costi-benefici si fonda sull’assunto che “[il] sistema stabile di attraversamento dello Stretto sostituirà completamente i circa 100.000 servizi annuali di traghettamento fra le due sponde”. Tale assunto, smentito in sede ufficiale dagli operatori del traghettamento (sia privati che pubblici) e – come visto – contrario alle esigenze militari di difesa, è componente essenziale della positiva stima economico-ambientale del ponte, con sopravvalutazione dei benefici e sottovalutazione dei suoi costi.

  1. Il problema del “franco navigabile” – affidabilità della sua misurazione e compatibilità con le esigenze militari – Secondo quanto afferma la Società Stretto di Messina SpA: “Il franco navigabile del ponte sullo Stretto di Messina è di 72 metri per una larghezza di 600 metri e si riduce a 65 metri, in presenza di condizioni eccezionali di traffico pesante stradale e ferroviario”.

La questione del “franco navigabile” del progetto, cioè la distanza verticale tra il pelo dell’acqua e la parte più bassa di una struttura, è seria. La società sostiene che: “Il franco navigabile è stato verificato considerando le condizioni estreme di temperatura previste in sito contemporaneamente alla presenza sull’implacato di un significativo traffico stradale e dell’incrocio, nella maniera più sfavorevole, di treni di vario tipo, ivi compresi treni merci di dimensioni e massa al di sopra delle capacità operative dei treni oggi circolanti”. Queste affermazioni non rispondono al vero.

Il “franco navigabile” è stato calcolato simulando condizioni tutt’altro che “estreme” relativamente sia alle condizioni meteo-marine che a quelle di utilizzo del ponte. Infatti: 1) In riferimento al traffico stradale e ferroviario, ritenendo bassa la probabilità che si verifichi un “pieno carico”, il progetto ha in realtà considerato un carico “rarefatto”, con treni corti (due semitreni) e traffico stradale “leggero”. In tali condizioni il traffico produce un abbassamento di 7,20 mt, mentre una simulazione “a pieno carico” avrebbe determinato un abbassamento più che doppio (circa 16 mt: 10,50 per due treni + 5,50 per veicoli e camion). 2) È stata simulata una temperatura atmosferica di 20°C, quando a Messina la temperatura registra livelli superiori ai 20°C per oltre 6 mesi l’anno (da metà aprile a inizio novembre), raggiungendo picchi anche doppi nei giorni più caldi e, comunque superando i 20°C di minima notturna per circa 4 mesi l’anno (da giugno a settembre); in tali circostanze, l’abbassamento della luce dovuto alle condizioni metereologiche è di circa 2 mt. 3) Non è stato considerato l’effetto di maree e moto ondoso, che sullo Stretto sviluppano onde di altezza fino a 6,5 mt. Ai fini del “franco navigabile” è dunque stimabile un sollevamento del punto più alto delle navi in rotta sullo Stretto di circa 1,50 mt.

Pur attenendosi alle imprudenti stime di carico definite dal progetto, partendo dall’altezza teorica del ponte sul livello del mare di 72 metri e sottraendo 7,20 mt per il carico stradale e ferroviario, 2 mt per le temperature esterne, 1,5 mt per le maree e il moto ondoso, il “franco navigabile” è: 72-7,20-2-1,50 = 61,3 mt, ben al di sotto dei 65 dichiarati (comunque incompatibili con le portaerei più grandi) e che costituiscono una specifica di progetto. Se poi calcoliamo il pieno carico, il “franco navigabile” effettivo scende a: 72-16-2-1,5 = 52,5.

Peraltro l’altezza slm del ponte è misurata nel punto centrale. Nelle corsie laterali scende da progetto a 50 mt. Poiché attualmente il transito delle navi avviene nelle due direzioni di marcia lungo le corsie laterali, il ponte imporrebbe una riorganizzazione del traffico, con la chiusura delle corsie laterali e l’instaurazione di un’unica corsia “a senso di marcia alternato”. La gestione di questo traffico sarebbe complessa e richiederebbe un rallentamento della navigazione, con uno “stop alternato” ai convogli che, con senso di marcia opposto, attraversano longitudinalmente lo Stretto.

In conclusione, l’inaffidabilità della stima del “franco navigabile” del ponte rende l’infrastruttura probabilmente non rispondente a una specifica tecnica di progetto imposta dal CIPE all’atto dell’approvazione della gara (il progetto è dunque inapprovabile, e la sua approvazione costituirebbe una violazione del bando – e, se consapevole, della legge) e, dal punto di vista civile, oltre a rendere impossibile il transito delle portacontainer ultra-post-Panamax, complica e rende meno efficiente l’attraversamento longitudinale dello Stretto. Dal punto di vista militare, poi, l’opera, pur utilizzando le inaffidabili stime del progetto, risulta essere un ostacolo insuperabile per la navigazione sullo Stretto delle portaerei di grande dimensione in dotazione USA (e NATO). 

  1. Mancanza di requisiti per l’inserimento nei piani di mobilità NATO – Per essere inserito nel piano di mobilità NATO ai sensi dello STANAG 2021 (STANdardization AGreement NATO), ogni ponte deve essere classificato con un numero MLC, che indica la massima capacità portante per veicoli militari (sia cingolati sia ruotati). Oltre a non essere parte delle Main Supply Routes (MSRs) NATP, il ponte non ha una classificazione MLC. 
  2. Assenza di parere tecnico militare sul progetto – Per quanto precede è ovvio ed evidente che prima dell’approvazione impropriamente tecnica del progetto definitivo dovuta dall’organo (tutto politico) del CIPESS, l’eventuale qualificazione del ponte come struttura militare richiede di necessità un attento esame tecnico di provenienza militare, che discuta e risolva gli aspetti problematici sopra elencati, certifichi la compatibilità del progetto con le esigenze militari sotto il profilo strutturale (adeguatezza; “franco navigabile”; reale considerazione dell’opera come “strategica” da parte delle sedi internazionali citate: UE, NATO; sussistenza dei requisiti formali per tale considerazione). Considerato che l’Esercito non risulta aver partecipato in alcun modo all’attività di progettazione, tale approfondito e motivato vaglio tecnico, formale e procedurale è con palese evidenza un requisito necessario che deve precedere l’approvazione del progetto definitivo in sede CIPESS.
  1. Appesantimento dei costi e riduzione dei benefici dell’opera

Il governo è orientato ad affermare l’esistenza di un “Motivo Imperativo di Prevalente Interesse Pubblico” (Imperative Reasons of Overriding Public Interest, o IROPI) di ordine militare a supporto della approvazione del ponte. L’obiettivo dichiarato di tale opzione è l’applicazione del primo capoverso dell’art. 6.4 della Direttiva Habitat: il progetto del ponte non ha superato la “VINCA appropriata” e, per questa ragione la sua eventuale approvazione deve sottostare alla procedura derogativa prevista dall’articolo sopra detto. Questo prevede che, solo nel caso in cui gli IROPI menzionati possano riguardare salute umana, sicurezza pubblica o ambiente l’autorità competente possa approvare il progetto senza attendere il “previo parere” della Commissione sulle misure di compensazione ambientale (e, ovviamente, della coerenza generale della procedura con le norme europee). Il tentativo di trasformare in “infrastruttura militare” quest’opera civile serve dunque a sostenere che l’interesse di sicurezza militare consente di saltare il parere della Commissione. Va chiarito in proposito che, ai sensi della normativa attuativa della Direttiva Habitat, è uno Stato membro che invoca la procedura derogatoria dell’art. 6.4 non può limitarsi a dichiarare l’esistenza di un interesse pubblico prevalente per un’opera, ha invece l’obbligo di dimostrare l’esistenza di tale IROPI.

A questo si aggiunge il tentativo di far rientrare questo investimento fra le spese militari al fine del raggiungimento delle percentuali di spesa militare indicate dalla NATO. In proposito la Commissione Europea ha chiarito che “Spetta alle autorità italiane valutare se lo scopo principale del ponte di Messina sia militare o civile”. È evidente che in nessun modo può essere affermato che il ponte abbia un prevalente (o principale) scopo militare. L’opera è concepita come civile, la sua utilità è misurata in relazione al flusso di traffico atteso per il trasporto di passeggeri e merci, non c’è previsione alcuna di vincoli alla circolazione civile per effetto di un inesistente “scopo principale” militare. La gestione dell’infrastruttura non prevede il coinvolgimento delle forze militari ed è contrattualmente affidata in maniera esclusiva a un contraente generale privato e civile che ha lo scopo di gestirla al fine di ottimizzarne il rendimento in base ai flussi attesi (e, in esercizio, effettivi) di spostamento per motivi civili e non è nemmeno previsto (né valutato) il coinvolgimento delle Forze Armate nella sicurezza e nella tutela dell’infrastruttura. Infrastrutture con scopo principale militare e accessorie e occasionali destinazioni civili sono (per esempio) gli ospedali militari, strutture che sorgono o determinano aree di pertinenza militare, gestiti e tutelati dalle Forze Armate, destinate a funzioni di servizio per l’Esercito e occasionalmente destinate a funzioni civili. Un criterio di realizzazione e gestione impensabile per il ponte e incompatibile col modello dell’infrastruttura progettata per l’attraversamento strabile dello Stretto di Messina.

È evidente che prima di una eventuale approvazione del “definitivo”, il progetto dovrà chiarire quale impatto la revisione tecnica del progetto imposta dalla impropria scelta della sua “militarizzazione” produce sul valore sociale dello stesso. L’opzione militare del ponte incide infatti significativamente sui costi e sui benefici dell’opera appesantendo i primi e riducendo i secondi, per più ragioni: 

  1. eventuali riprogettazioni per adeguamento agli standard tecnici militari potranno implicare incrementi del costo di costruzione del ponte, che devono essere dettagliatamente stimati ai fini della relazione, potendo incidere in maniera diretta sulla valutazione finale dello stesso; 
  2. il costo della sua difesa (indicato come fortemente rilevante dai commenti dell’Esercito), che attualmente non ha la minima considerazione nell’Analisi Costi Benefici del progetto, dovrà essere inserito con dettaglio, evidenza e motivazione, incrementando il costo di gestione dell’opera;
  3. sotto il profilo logistico, lo stesso beneficio militare dell’infrastruttura è fortemente questionabile, perché l’eventuale segmento di 3,6 km rispondente a criteri coerenti con la mobilità militare si innesterebbe in 6-700 km (la distanza fra le basi NATO di Sigonella e Napoli) di percorrenze autostradale e ferroviaria non coerenti con quegli standard tecnici;
  4. l’utilizzo militare della struttura impone necessariamente vincoli alla sua destinazione civile (controllo di sicurezza sui mezzi in transito, inibizione dei transiti civili in caso di trasporti militari attivi e altro) che incidono sulla disponibilità dell’infrastruttura, sulla sua fruibilità effettiva e sul valore effettivo del “tempo risparmiato” – sono effetti non contemplati nella valutazione economica del progetto che devono invece essere debitamente considerati.