Per uscire dalla crisi non si può puntare solo sulle scelte dei privati e sulla concorrenza. Servirebbero banche e imprese pubbliche che cambino i comportamenti sui mercati
Per rilanciare la crescita dell’economia italiana è necessaria non solo una politica di nuovi incentivi agli investimenti, ma occorre anche contrastare le posizioni oligopolistiche che costituiscono un freno allo sviluppo. In particolare, nei settori del credito, delle assicurazioni e dell’energia esiste una tendenza verso la concentrazione delle imprese che si riducono di numero e in questo modo accrescono il loro potere di mercato. Così le imprese dominanti stabiliscono i prezzi dell’energia, i tassi sui prestiti e le tariffe assicurative applicando un margine sui costi e controllano l’offerta secondo le loro convenienze. Questa situazione fa sì che i cittadini italiani paghino le polizze Rc auto, i mutui, il gas, la benzina e l’elettricità di più che nel resto d’Europa e che le imprese e le famiglie non stiano ricevendo finanziamenti adeguati dal sistema bancario.
L’influenza delle grandi imprese e delle grandi banche private sul funzionamento del mercato è un fenomeno che travalica i confini nazionali. Nel luglio 2012 si è scoperto che per almeno quattro anni le più grandi banche mondiali hanno fissato arbitrariamente e illegalmente il costo del denaro per lucrare sui mutui alle famiglie o sui prestiti alle imprese. Manipolare il tasso di riferimento sui mercati finanziari – il Libor (London interbank offered rate) – significa alterare un mercato da 500 mila miliardi di dollari tra titoli, prestiti, mutui e conti correnti. Persino l’Euribor, nato nel 1999 con caratteristiche “migliori” del Libor (più banche coinvolte e un meccanismo di rilevazione diverso) e a cui si rifanno gran parte dei contratti standard in Italia, è stato oggetto di un’indagine da parte dell’Unione Europea. Se Bruxelles dimostrasse l’esistenza di un cartello, le banche coinvolte dovrebbero pagare multe stratosferiche. L’associazione continentale delle banche europee non ha escluso che sia la Banca Centrale Europea a stabilire direttamente il tasso Euribor, un compito che ufficialmente l’Eurotower non vuole assumersi, ma che di fatto sta già svolgendo. Si tratta di uno sfregio per i sostenitori dell’autoregolamentazione e dell’autonomia delle istituzioni finanziarie.
Un’altra proposta di riforma delle banche europee è stata elaborata da un gruppo di lavoro presieduto dal governatore della Banca Centrale della Finlandia, Erkki Liikanen e riguarda la separazione delle attività commerciali (erogazione di prestiti alle famiglie e alle imprese) dalle attività finanziarie proprie delle banche di investimento. Si tratta di una proposta importante, ma che non sarà sufficiente ad intaccare il potere di mercato delle grandi banche commerciali anche perché esistono intrecci azionari che portano tali banche a essere legate a filo doppio le une alle altre. In questo quadro, i principi fondamentali della concorrenza, come la rivalità e la segretezza delle strategie, vengono clamorosamente a mancare.
L’impossibilità di garantire una reale concorrenza tra le grandi imprese private che operano nell’energia, nel credito e nel settore assicurativo, ci porta a sostenere la necessità di una coesistenza tra banche e imprese private e banche e imprese pubbliche. Queste ultime, nel rispetto del pareggio di bilancio, dovrebbero avere come obiettivi prioritari quelli di spingere verso il basso il prezzo dell’energia, le tariffe assicurative e il costo del denaro, di reinvestire i profitti nella ricerca e nell’innovazione e di garantire il credito alle famiglie e alle imprese in misura ben maggiore di quanto avvenga oggi. Ad esempio, Eni ed Enel, due aziende price leader di cui lo Stato è ancora azionista di maggioranza relativa, potrebbero abbassare i prezzi dell’elettricità, del gas, della benzina e dell’olio combustibile alle famiglie a basso reddito e alle piccole imprese e aumentare le spese in ricerca e gli investimenti nelle nuove tecnologie sul territorio nazionale.
Certamente le imprese e le banche pubbliche devono essere indipendenti dai partiti politici che generano corruzione. In Italia i vertici delle banche pubbliche potrebbero essere nominati dalla Banca d’Italia, che rappresenta un’istituzione autorevole e indipendente, sulla falsariga di quanto accade nella magistratura che è indipendente dal potere politico.
Per concludere, un’azione attiva delle grandi imprese e delle banche pubbliche potrebbe costituire una componente importante all’interno di un piano per rilanciare la crescita dell’economia italiana.