I conti di Bruxelles sull’imminente indipendenza dei paesi Ue dal gas russo non tornano. Serviranno anni e ingenti investimenti per potenziare l’approvvigionamento dall’Algeria. Gli Usa sono al massimo dell’export, inoltre la maggior parte dei paesi, come il Qatar, ha contratti a lungo termine da rispettare.
Come è ormai largamente noto, l’Unione Europea è al momento molto legata alle forniture di gas russo, oltre che di petrolio e carbone, sia pure con delle importanti differenze tra paese e paese dell’Unione. L’invasione dell’Ucraina sta spingendo ora a cercare di ridurre i legami economici con Mosca anche sul gas.
Molti, a cominciare dalla improbabile presidente dell’Ue, Ursula von der Leyen, e da qualche nostro brillante governante, ci raccontano che ci si può liberare presto di tale ingombrante presenza; ma gli esperti del settore appaiono in generale di un’altra opinione.
Per cercare di approfondire un poco la questione tralasciando le ottimistiche notizie più o meno ufficiali, abbiamo svolto delle rapide ricerche ricorrendo a delle informazioni fornite in questi giorni dalla stampa internazionale più autorevole.
Diamo intanto il quadro sintetico della situazione attuale; secondo i dati disponibili (fonte: Eurostat), nel primo semestre del 2021 l’Ue ha importato il 46,8% del suo fabbisogno di gas dalla Russia, il 20,5% dalla Norvegia, l’11,6% dall’Algeria, il 6,3% dagli Stati Uniti, il 4,3% dal Qatar e il 10,5% da altre fonti. Aggiungiamo che a livello dell’intero anno 2021 i dati potrebbero essere variati di poco.
Naturalmente, per liberarsi dal gas russo, bisognerebbe o trovare altri fornitori o ridurre i consumi, o avviare delle fonti alternative. La seconda e la terza opzione richiedono ovviamente del tempo, misurabile per lo meno in alcuni anni, mentre comporterebbero anche la necessità di molti investimenti. Esaminiamo con più attenzione la prima alternativa.
In queste settimane sono partite molte delegazioni europee (comprese quelle italiane) e statunitensi verso vari lidi per approfondire la questione, tra l’altro verso l’Algeria, il Qatar, gli stessi Stati Uniti.
Cominciamo con i paesi occidentali. Per quanto riguarda la Norvegia, il nostro secondo fornitore dopo la Russia, si può dire che le riserve disponibili del paese non sono più quantitativamente quelle di una volta; comunque, la Norvegia per aiutare i paesi della UE ha subito promesso di aumentare la produzione di 1,4 miliardi di metri cubi all’anno a partire dall’ottobre 2021, una cifra sostanzialmente nulla, persino minore dell’incremento di produzione che il nostro ministro alla cosiddetta transizione ecologica promette di estrarre dal mare Adriatico. Di più la Norvegia non sembrerebbe poter fare.
Con relazione agli Stati Uniti, il presidente Biden ha promesso di fornire all’UE, per graziosa concessione, 15 miliardi di metri cubi supplementari di LNG all’anno, pari al 10% delle importazioni di gas russo nel 2021, sin da subito, mentre parla di 50 miliardi di metri cubi a partire dal 2030. (The Economist, 2022). Ma gli esperti mostrano in proposito grande scetticismo. Gli Usa hanno già attivato il 100% della capacità degli impianti di liquefazione del gas utilizzata e non c’è praticamente niente di più da esportare nel breve termine. Per cambiare in maniera sostanziale la situazione occorrerebbero, secondo quanto riportato dall’Economist, da 4 a 5 anni e investimenti per decine di miliardi di dollari (35 miliardi, secondo una stima riportata dal giornale). Anche la Ue dovrebbe aumentare di molto le sue infrastrutture per accogliere tale gas. Solo Spagna e Francia hanno dei terminali adeguati per riceverlo e comunque non servono per coprire i fabbisogni della parte Est del continente, Germania compresa. Quest’ultima non ha terminali e occorrerebbero diversi anni per metterli in piedi.
Veniamo agli altri paesi. Per quanto riguarda l’Algeria, bisogna intanto considerare che si tratta di una fonte che minaccia di esaurirsi nel giro di pochi anni. A parte questa questione, va ricordata la profondità dei legami economici e politici tra l’Algeria e la stessa Russia. Il paese africano si è astenuto all’Onu sulla risoluzione che condannava l’invasione russa; non dimentica il sostegno ricevuto al momento della lotta per l’indipendenza, mentre oggi, tra l’altro, acquista il 70% dei suoi fabbisogni di armi dal paese amico e ha in generale rapporti cordiali con Mosca (Bobin, 2022). In ogni caso, ricordiamo che le forniture all’UE da parte dell’Algeria si sono ridotte di quasi un terzo tra il 2007-2008 e il 2021 e che nell’immediato le possibilità di un loro aumento sarebbero limitate. Se l’Algeria mostrasse buona volontà, cosa da verificare sul campo, sarebbero comunque necessari tempo e grandi investimenti per aumentare le consegne, in una situazione che registra impianti obsoleti, che hanno già bisogno di un’ampia manutenzione.
Per quanto riguarda il Qatar, paese alleato degli Usa, possiede, certo, le terze riserve di gas al mondo, ma circa il 90% della sua produzione è vincolata da contratti di lungo termine, stipulati principalmente con diversi paesi asiatici e che non possono essere cambiati (Barthe, 2022). D’altro canto, il Qatar non si può inimicare troppo Mosca in un’area, quale il Medio Oriente, che tende ad avere legami sempre più cordiali con la Russia e la Cina, come hanno dovuto registrare in queste settimane i rappresentanti statunitensi che si sono recati in Medio Oriente per verificare la disponibilità dei vari paesi dell’area a partecipare al gioco delle sanzioni. Con il Qatar il margine di manovra può riguardare, al momento, soltanto il 10% libero da contratti di lungo periodo; solo a medio termine il paese può diventare un fornitore importante, quando da una parte scadranno i contratti in essere (ammesso che gli attuali clienti si mettano graziosamente da parte) e dall’altra quando, con investimenti adeguati, si sarà eventualmente aumentata la capacità di produzione.
Alla fine sembra che ci si potrebbe liberare del gas russo solo con il tempo e con la disponibilità dei vari attori a effettuare rilevanti investimenti, sia nel gas, che nelle fonti rinnovabili e nel risparmio energetico. Per altro verso, può anche succedere che i rapporti con la Russia con il tempo migliorino, nel frattempo Mosca avrà trovato altri clienti. E così è da poco che è stato varato un progetto per portare il gas dei giacimenti che forniscono l’UE sino alla Cina, progetto che richiederà alcuni anni per essere completato.
Last, but not least, ricordiamo che ci sono degli altri problemi aperti. Così, se la Germania volesse chiudere, come sarebbe auspicabile e come alla fine dovrà fare, sia le centrali a carbone che quelle nucleari, dovrebbe sostanzialmente raddoppiare, almeno temporaneamente, i suoi fabbisogni di gas. Aggiungiamo incidentalmente che nei primi due mesi del 2022 la Russia ha incassato con le sue esportazioni di gas verso la UE altrettanti dollari che in tutto il 2020. La strada davanti a noi si presenta irta di ostacoli.
Testi citati nell’articolo
-Barthe B., Le Qatar, un fornisseur alternatif, mais seulement à moyen terme, Le Monde, 1 aprile 2022
-Bobin F., L’Algérie tiraillée entre son amitié russe et les sollicitations occidentales, Le Monde, 1 aprile 2022
–The Economist, A little help from a friend, 4 aprile 2022