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Lombardia, tutti i numeri della crisi

Caduta della domanda, crollo degli investimenti e dell’occupazione. In Lombardia la crisi segue quella nazionale, mette a rischio la base produttiva, richiede politiche industriali e nuove specializzazioni

La situazione economica della Lombardia è lo specchio di quella nazionale? Le politiche di contenimento della domanda, via avanzo primario crescente e contrazione dei redditi via aumento della pressione fiscale, sono il calice amaro che occorre bere per rilanciare il sistema economico?

Il primo risultato delle politiche di contenimento della domanda è quello di una riduzione del PIL nazionale del meno 2,4% per il 2012, con una proiezione governativa per il 2013 del meno 0,2%. La Lombardia segue il trend nazionale: meno 2,2% per il 2012 e meno 0,1% per il 2013. Proiezioni prudenziali che non considerano il moltiplicatore (negativo) legato alla contrazione della domanda. Adottando un modello prudenziale, cioè quello indicato dalla Commissione Europea che indica nel 50% l’effetto macroeconomico delle misure finanziarie, ma utilizzando il moltiplicatore keynesiano, le stime di crescita per il 2013 assumono dimensioni diverse. Per l’Italia stimiamo una minore crescita del PIL per il 2013 del 2,2%, mentre per la Lombardia un meno 2,5% in ragione della sua particolare struttura economica manifatturiera.

L’esito non deve sorprendere. Se la crescita della domanda effettiva ha un moltiplicatore del reddito più contenuto, in ragione della polarizzazione della domanda verso beni e servizi emergenti, il demoltiplicatore è certamente molto più efficace perché impatta su tutti i beni e servizi realizzati. Le previsioni Prometeia del terzo trimestre del 2012 sono fin troppo accondiscendenti, e non prendono in esame il moltiplicatore keynesiano. L’FMI, che utilizza una frazione del moltiplicatore keynesiano, indica per l’Italia una minore crescita per il 2013 del meno 1%.

In particolare si osserva una sottovalutazione dell’impatto economico degli investimenti fissi e, in particolare, degli investimenti in beni strumentali. Gli investimenti non sono direttamente legati ai tassi di interesse, ma dipendono piuttosto alle aspettative degli stessi imprenditori di ottenere un profitto dai propri investimenti.

Se la Lombardia per il 2012 ha registrato un meno 6,9% di investimenti fissi lordi, il crollo della produzione di beni strumentali del meno 7,4%, per il terzo trimestre 2012, è solo la prima avvisaglia di un calo per il 2013 ben più accentuato del 2012. L’esito non deve sorprendere. Inoltre, l’effetto degli investimenti non si registra tanto sull’anno corrente, ma sull’anno successivo. Per questo è lecito attendersi per il 2013 un ulteriore ridimensionamento degli investimenti e, ancor più grave, degli investimenti nei beni strumentali.

L’aspetto appena considerato deve fare i conti anche con la specializzazione produttiva. Analizzando il commercio internazionale dei beni strumentali, si osserva che la Germania e la Cina, via IDE (investimenti diretti esteri), hanno sussunto una parte rilevante della produzione industriale, con tassi di utilizzo degli impianti sempre prossimi all’80%, contro una media della manifattura lombarda del 71%.

L’andamento della produzione industriale è lo specchio fedele dell’inizio di una caduta del reddito e della produzione equivalente a quella dell’inizio 2009. Infatti, il meno 5,5% di produzione industriale per il terzo trimestre 2012 ha lo stesso segno del terzo trimestre del 2008. Utilizzando lo stesso trend di quel periodo, per il 2013 possiamo aspettarci una contrazione della produzione industriale di 22 punti percentuali. Se consideriamo che oggi, fatto 100 il 2005, la produzione industriale è pari a 94,2, per il 2013 è possibile raggiungere un valore pari a 74 punti.

Le prime avvisaglie ci sono tutte. Il tasso di disoccupazione della Lombardia è del 7,5% per il 2012, con una proiezione Prometeia per il 2013 del 7,7%. In realtà la stima si fonda su un sentiero economico estremamente favorevole rispetto allo scenario internazionale. Per la Lombardia è possibile stimare un tasso di disoccupazione per il 2013 del 10%, e la differenza tra le proiezioni Prometeia e le nostre sono legate interamente al settore manifatturiero. Sarà infatti questo il principale esito della crisi del 2013, cioè il ridimensionamento dell’apparato produttivo manifatturiero lombardo.

Per queste ragioni sarebbe opportuno delineare delle politiche ecomomiche e industriali. Il problema non è la formazione professionale o universitaria. Oggi la qualità dell’offerta di lavoro è troppo alta rispetto la domanda delle imprese. Se vogliamo offrire un lavoro buono alle donne, giovani e uomini è necessario modificare la domanda di lavoro, cioè la specializzazione produttiva.

12 novembre 2012