Intervista al giornalista e studioso Binyamin Appelbaum del New York Times che in un suo libro recente indaga sui falsi profeti dell’economia tra politiche monetarie e fratture della società. Da il manifesto.
Giorni fa un editoriale del Financial Times (non firmato, la linea del giornale) spiegava che le politiche monetarie non bastano più, mentre il capo dello staff di Merkel proponeva di fare più deficit. Forse siamo alla fine di una rivoluzione cominciata negli anni Sessanta negli Stati Uniti che dalle aule universitarie è passata alla politica. La svolta chiuse definitivamente con gli anni del New Deal e portò gli economisti, figure marginali nell’elaborazione delle politiche pubbliche, nelle stanze del potere.
Binyamin Appelbaum, dell’Editorial Board del New York Times ha scritto un libro, The economist’s hour, False prophets, free markets and the fracture of society(Little Brown &Co., 2019) che racconta come sia nata l’idea che i mercati, lasciati liberi dalle regole e dall’intervento del settore pubblico, avrebbero generato crescita e benessere. Non è andata proprio così: il reddito destinato al lavoro da allora cala in maniera costante e le diseguaglianze crescono. «Se dovessimo individuare una figura chiave, anche per la sua notorietà, possiamo parlare di Milton Friedman, ma gli economisti che spingono per privilegiare le politiche monetarie, per il ritiro dello Stato sono molti. – afferma Appelbaum – Il mio libro è una storia della reazione al keynesismo che si sviluppa attraverso gli anni Settanta durante la quale gli economisti che riponevano una fede cieca nel mercato guadagnarono enorme influenza sulle politiche pubbliche. Volevo raccontare quella storia perché credo che si sia conclusa nel 2008. Oggi il modello esistente mostra i suoi limiti anche a chi non voleva vederli. Proprio come negli anni ’30 e all’inizio dei ’70 siamo in un periodo tumultuoso e di perdita di fiducia nel modo in cui abbiamo gestito le cose, nelle regole che ci siamo dati. Sappiamo quel che non funziona, non sappiamo come sostituirlo».