Un gruppo di ex ambasciatori italiani manda un appello per un negoziato al fine di arrivare ad una conferenza di pace sull’Ucraina. Servirebbe anche ad evitare un destino analogo a Georgia e Moldavia. Da Transform! Italia
Non è usuale che i diplomatici, usi alla riservatezza, lancino pubblici messaggi alla politica. Ciò nonostante, nel caso dell’appello sulla guerra in Ucraina, un folto gruppo di diplomatici in pensione, come a suo tempo Sant’Agostino, “non ha potuto tacere”. La politica italiana, l’opinione pubblica e il governo dovrebbero ben soppesare quest’appello, perché viene da persone che percepiscono bene i gangli della geopolitica, e conoscono quest’ultima non sulla base di analisi accademiche e circostanziali, ma per averla vissuta con i piedi sul terreno e lungo le evoluzioni di anni. Molti dei firmatari, come del resto chi scrive, hanno vissuto da diverse posizioni professionali gli sviluppi euro-atlantici che, comunque la si pensi, hanno fatto da incubazione negli scorsi decenni a ciò che succede ora in Ucraina. Si tratta di una realtà vissuta a partire dagli anni Novanta, e descritta già da qualche mese in termini obiettivi da ambo i lati dell’Atlantico (su questo, vedasi l’articolo Ucraina. Le guerre si potrebbero sempre evitare, anche se non sempre succede e quello in esso richiamato di Robert Hunter, in quegli anni Rappresentante Permanente degli Stati Uniti presso il Consiglio Atlantico e ora libero pubblicista).
Che cosa chiedono i diplomatici? Innanzitutto, un cessate il fuoco e il contemporaneo avvio di negoziati. È questo che si deve fare se davvero si vuol mettere fine alla guerra, con buona pace di coloro che vorrebbero aspettare oppure che operano per conseguire una “chiara definizione sul terreno” o qualcosa del genere; cioè qualcosa di indefinito che si verificherebbe chissà quando, chissà come e chissà con quali ulteriori devastazioni e rischi escalatori.
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L’autore, Mario Boffo, è un ex ambasciato e consulente di affari economici internazionali