“Tracce di futuro”, di Domenico Cersosimo. Un libro-intervista sui nuovi agricoltori: che innovano, cambiano assetti produttivi e approcci al mercato, cambiano il lavoro sulla terra. E anche il modo di raccontarlo
È un’altra agricoltura quella che ci viene restituita da Tracce di futuro, il libro di Domenico Cersosimo (Donzelli, 2012). Un’agricoltura diversa. Diversa anzitutto perché raccontata attraverso storie di giovani agricoltori che cambiano gli assetti produttivi e organizzativi aziendali, praticano nuovi approcci al mercato, innestano nuove competenze e visioni.
I racconti dei quarantanove giovani agricoltori intervistati fanno emergere una ricca e densa matrice di esperienze, restituiscono nuove e potenti immagini della realtà agricola italiana. Crescere in una famiglia di agricoltori è spesso il fattore di trasmissione del codice genetico della passione per il mondo agricolo; un mondo duro, fatto di praticità e conoscenza tacita ma anche e sempre più di sapere codificato. Oggi occorre un di più di scuola per conoscere i mercati, acquisire tecniche innovative e imparare a riconoscere le opportunità. La concorrenzialità dei prodotti va ricercata internamente all’azienda in quanto, a differenza della gran parte dell’industria manifatturiera leggera, non è possibile per l’agricoltura sfruttare i vantaggi della delocalizzazione. Il gusto del vino dipende dai terreni su cui è coltivata la vite e ogni luogo ha i suoi vitigni e i suoi vini non riproducibili altrove.
La crescita dei livelli di istruzione dei giovani agricoltori non sembra avere alcuna correlazione con la capacità della scuola di trasferire un sapere specialistico. Si va a scuola non per diventare agricoltori, ma perché l’istruzione è un percorso “obbligato”, un tassello della vita, anche se sovente abbandonata prematuramente per fare gli agricoltori. Nella totalità dei casi indagati l’apprendimento avviene in azienda per assorbimento e introiezione tacita di un saper fare sedimentato nelle pratiche lavorative dei genitori o dei nonni, oppure a seguito di esperienze maturate in contesti diversi da quello dell’azienda familiare, all’estero (andando ad apprendere nuovi modi di fare zootecnia in Svizzera, in Sudafrica, nei ranch americani).
Un giovane cambia radicalmente le prospettive di vita dell’azienda, apre nuove visioni e possibilità. Non solo per ragioni anagrafiche ma soprattutto perché un giovane è intrinsecamente “affondato” nella modernità, nei suoi paradigmi organizzativi, nei suoi molteplici linguaggi. Il cambiamento è palpabile in quasi tutte le funzioni aziendali. L’ingresso dei giovani induce assetti di produzione colturali più diversificati e multifunzionali, in grado di cogliere nuove opportunità di mercato e di rendere più stabili le entrate. E’ frequente l’utilizzo dell’azienda agricola come punto di ricettività turistica oppure l’impiego della terra per la realizzazione di impianti di produzione di energia da biomasse o fotovoltaico. A volte la liquidità generata dalle nuove attività è una condizione necessaria all’imprenditore agricolo per sostenere la produzione agricola, che subisce l’alta volatilità dei prezzi del mercato e la contrazione della domanda.
L’ingresso di giovani in azienda cambia il rapporto con il mercato finale, principalmente in direzione dell’allungamento della catena del valore verso valle presidiando le fasi post-agricole fino alla vendita. Eliminare i passaggi dell’intermediazione dei grandi distributori, spesso unico canale di accesso al mercato, significa aumentare la quota di reddito che rimane nelle mani dell’agricoltore. Ma questo richiede investimenti significativi in nuovi strumenti gestionali, capacità di sviluppare strategie di marketing efficaci e relazioni durature con i clienti, riconnettendo valore economico a valore sociale. Lo sforzo non è più solo concentrato sulla produzione in sé, ma è diretto verso altre fasi determinanti per il successo del prodotto, come la promozione, il brand (realizzare un packaging accattivante a volte può condizionare le possibilità di successo di un prodotto sul mercato), la catena distributiva.
Ciò implica un ripensamento radicale delle modalità organizzative e gestionali dell’azienda, improntate ad una maggiore flessibilità, orientate alle relazioni con l’esterno e ai potenziali clienti. Ripensamento che presuppone un altro agricoltore, un produttore in grado di ibridare competenze pratiche con marketing e rapporto con la clientela. Non basta più solo saper produrre vino ma anche e forse più saperlo raccontare.
Il libro di Cersosimo ci riporta ad un mondo agricolo che grazie al protagonismo dei giovani ha assorbito nuovi semi d’innovazione, che andrebbero potenziati e diffusi attraverso appropriate politiche.