Il trasporto pubblico locale sarà la prima vittima dei robusti tagli alle regioni decisi dal governo. Per i pendolari, si profila una riduzione dei servizi e un aumento delle tariffe, mentre restano intoccabili le grandi spese per grandi opere
Le regioni hanno definito la manovra Tremonti irricevibile ed hanno chiesto al governo di cambiarla. Sarà applicato un taglio di 9,5 miliardi ai trasferimenti in due anni, che equivale al 35% della manovra complessiva nel biennio 2011-2012. Inoltre, per come è stata scritta e mai discussa con le regioni questa manovra è l’affossamento del federalismo fiscale, hanno gridato in coro i governatori, a partire dal presidente della Regione Lombardia Formigoni.
Dopo l’incontro delle regioni con il ministro Tremonti , che ha confermato la manovra su tutta la linea, è arrivata la reazione più clamorosa: dato che la soppressione dei trasferimenti comporta l’impossibilità di esercitare funzioni trasferite come il trasporto pubblico locale, il trasporto ferroviario, l’edilizia residenziale, opere pubbliche, incentivi alle imprese, agricoltura ed ambiente, allora tanto vale restituire anche le funzioni allo stato centrale. I governatori hanno deciso all’unanimità di riconsegnare al governo le deleghe sul decentramento amministrativo. In pratica non c’è più corrispondenza tra le funzioni conferite e le risorse necessarie per esercitarle, e questo oltre che un problema per il mantenimento dei servizi a cittadini ed imprese, è un delicato problema istituzionale perché contraddice i principi sanciti dalla costituzione all’articolo 119 ed il principio di sussidiarietà previsto dall’articolo 118 della Costituzione.
Questi tagli hanno scatenato un allarme fortissimo per il trasporto dei pendolari che usano autobus e ferrovie con la prospettiva di tagli del 20% del servizio attuale, come ha ricordato il neopresidente della regione Toscana Enrico Rossi, secondo il quale si potrà rispondere solo o con lo “smantellamento del servizio su gomma urbano ed extraurbano o il raddoppio delle tariffe” (da un’intervista al Sole24 ore Trasporti).
Il problema nasce dal fatto che la manovra contenuta nel decreto legge 78/2010 parla di tagli alle regioni, escludendo la spesa sanitaria che viaggia con specifici obiettivi fissati dal patto per la salute, e senza specificare dove questi tagli dovranno operare. Ma essendo mediamente la spesa nei trasporti pubblici la seconda o la terza voce nella spesa delle regioni, un taglio dell’ordine di 9,5 miliardi in due anni non potrà che inevitabilmente incidere su questo comparto, per quanto si possa spalmare trasversalmente sulle varie voci di spesa la decurtazione. Per esempio in regione Campania ogni anno vengono destinati circa 700 milioni per i servizi di trasporto pubblico locale, nelle ferrovie regionali e per il contratto di servizio con Trenitalia per il trasporto locale e metropolitano, con risorse prevalentemente trasferite dalla stato per questi scopi. Se passa senza modifiche la manovra Tremonti, si taglieranno treni ed autobus, anzi più una regione ha investito sul trasporto pubblico locale e più sarà costretta a tagliare, questo sarà il risultato pratico.
A ben poco sono servite le frasi ad effetto di Tremonti nei confronti delle regioni, che ha evocato scelte libere delle regioni che potranno scegliere dove tagliare, perché in realtà i fondi spendibili delle regioni, in assenza di federalismo fiscale, al netto della sanità sono davvero minimi. Del resto è la stessa manovra che in diversi articoli prevede tagli alla spesa per trasporti e non solo quelli “indiretti” legati al taglio complessivo alle regioni.
All’articolo 1 si prevede il definanziamento delle autorizzazioni di spesa non ancora utilizzate nel triennio 2007-2009, interessando la legge 211/92 per le reti tranviarie e metropolitane, l’acquisto di materiale rotabile ed forse anche le risorse del 2009 per il trasporto regionale di Trenitalia, non essendo chiara se sia già avvenuta l’assegnazione. Anche la previsione contenuta all’articolo 2 che dal 2011 taglia del 10% gli stanziamenti di ciascun ministero, prevede nell’allegato il taglio di circa 350 milioni per il diritto alla mobilità ed alla logistica. All’articolo 14 è prevista l’abrogazione del comma 302 dell’ art.1 della legge Finanziaria 2008 che prevedeva a partire dal 2011 la copertura dei servizi ferroviari in concessione a Trenitalia con la compartecipazione dell’accisa sul gasolio. Ma la stessa norma che abroga questa copertura finanziaria dei servizi regionali ferroviari non chiarisce se proseguiranno i trasferimenti dallo stato (che però vengono definiti in ogni legge finanziaria con incertezze continue…) e quindi anche in questo settore l’allarme è massimo, anche perché sono stati sottoscritti da parte delle regioni dei contratti della durata di sei anni con Trenitalia, che a questo punto non hanno più una copertura certa.
Il risultato diretto ed indiretto della manovra Tremonti è il taglio rilevante di tutti i servizi di trasporto pubblico locale e ferroviario, il rischio di aumenti rilevanti delle tariffe e ripercussioni sul fronte occupazionale delle aziende e dei settori indotti. E’ una manovra alla cieca, che non tiene conto della spesa già sottodimensionata e mai consolidata rispetto ad altri paesi europei per il trasporto collettivo, della necessità di promuovere anche e soprattutto in tempi di crisi la mobilità collettiva sia come soluzione ai problemi di mobilità dei cittadini e sia come contenimento della spesa per il risanamento, l’incidentalità, le emissioni di C02, tutti effetti negativi e costosi dell’attuale ed insostenibile sistema di trasporto. Mancano le reti infrastrutturali, manca un piano industriale del comparto, manca una strategia per muoversi in città, dove il 73% dei cittadini non fa più di 10 km per spostarsi e non ha a disposizione tecnologie appropriate e sostenibili.
Giusto tagliare la spesa nei trasporti, ma quella inutile: i sei miliardi per il Ponte sullo Stretto, i cinque miliardi per l’Alta velocità Milano-Genova, gli 8 miliardi di euro destinati per la realizzazione della Torino-Lione ad Alta velocità. Siamo già a circa 20 miliardi che potremmo risparmiare, a cui aggiungere le concessionarie autostradali che, grazie alle proroghe della scadenza, non sono altro che un modo per lo Stato di non incassare i pedaggi che restano nelle casse delle concessionarie per fare nuovi investimenti, come i 3,8 miliardi che andranno in questo modo all’autostrada della Maremma. Anche intervenire su questi meccanismi è un modo per recuperare risorse la dove davvero si generano profitti ed utili, da destinare ai servizi essenziali ed alla manutenzione della rete.
Anche nel campo del trasporto pubblico locale, è giusto richiedere maggiore efficienza della spesa. Chiedendo di effettuare le gare per i servizi, riorganizzando i servizi intorno al trasporto su ferro evitando sprechi e concorrenza tra diverse modalità di trasporto collettivo. Così come è ingiusto che nel settore delle aziende di trasporto non sia prevista nessuna forma di esodo incentivato e di ammortizzatore sociale che invece è stata assicurata per Alitalia dal governo con un impegno di spesa stimato oltre 3 miliardi di euro. Basti ricordare che gli addetti del settore del trasporto pubblico locale sono in Italia circa 100.000, e che se passerà l’idea del taglio selvaggio del servizio, saranno conseguentemente tagliati e mandati a casa i lavoratori, aumentando i problemi di disoccupazione e precarietà nel nostro paese.
Infine andrebbe anche ricordato che in diverse realtà si è investito sulle reti ferroviarie, metropolitane, tranviarie e sui nodi urbani, programmando di conseguenza l’incremento dei servizi sulle nuove reti in corso di realizzazione, o come nel caso dell’alta velocità, con la promessa di nuovi servizi per i pendolari sulle linee storiche liberate dai servizi veloci. Un progetto integrato di crescita complessiva dei servizi ai cittadini, sia veloci che urbani, su cui adesso viene tirato completamente il freno a mano. Investimenti pubblici che rischiano di restare completamente improduttivi perché non si trasformeranno più in servizi all’utenza, questo è l’orizzonte che si profila, abbandonando ogni tentativo di migliorare la sostenibilità del sistema dei trasporti nelle aree urbane.
I tagli per la mobilità sostenibile sono un pessimo affare per tutti: utenti, lavoratori, ambiente, città, industria del settore ed anche per le casse dello stato. Speriamo che dopo il gesto clamoroso dei governatori con la rinuncia a queste deleghe, cambi qualcosa.