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La ricchezza dei migranti, il dovere di rispettarli

La Cina è entrata in un percorso di crescita più lenta, il cosiddetto “new normal”, nell’ambito del quale i consumi dovrebbero ricoprire un ruolo più rilevante nel promuovere lo sviluppo economico www.cinaforum.net

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Workers in metal industry, Taixing, Jiangsu Province, China. July 2015, ILO in Asia and the Pacific

Il potenziale è ampio, ma per sfruttarlo il governo ha bisogno di sbloccare i consumi dei lavoratori migranti, che rappresentano il principale motore di urbanizzazione e di cambiamento strutturale dell’economia.

Il numero di chi si è spostato dalle campagne alle città (si stima che siano attualmente oltre 200 milioni, ndt) e i relativi redditi pro capite sono aumentati rapidamente nell’ultimo decennio, dando origine a un’enorme massa di entrate da lavoro migrante. Questa nuova generazione di migranti manifesta una propensione al consumo superiore alla precedente, il che la rende un gruppo di consumatori emergente che potrebbe influenzare significativamente il “new normal”.

Ma una serie di fattori continuano a imbrigliare i loro consumi. Rispetto ai residenti in città, i migranti godono di condizioni d’impiego, redditi, accesso al welfare e servizi peggiori. Generalmente non hanno lavori stabili, guadagnano meno e hanno una copertura previdenziale insufficiente e minore accesso ai servizi pubblici. Stiamo parlando di importanti fattori che influenzano positivamente i consumi e la cui carenza inibisce quelli dei migranti.

Il gap tra residenti urbani e migranti è determinato dallo hukou (il sistema di registrazione della residenza), che ha ostacolato lo spostamento di popolazione dalle aree rurali verso le città. Nonostante le numerose riforme dello hukou degli ultimi tre decenni, i migranti non hanno ancora un accesso all’istruzione, alla sanità, al welfare e ai servizi pubblici uguale a quello garantito ai residenti in città.

La spesa media pro capite dei migranti per i consumi ammonta a 8.627 yuan all’anno, il 22% in meno degli 11.104 yuan destinati dai residenti urbani allo stesso scopo. Mentre spendono per il cibo il 14,7% in meno e il 19,6% in meno in consumi di lavoro rispetto ai residenti urbani, il grosso della differenza tra i due gruppi arriva però dalla spesa per servizi (37,6%) e capitale umano (47,9%).

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