Il ritiro del regolamento sui pesticidi di Ursula von der Leyen vuol dire «Incentivi e libertà di inquinare»: così i gattopardi del potere riaffermano la sostanza e la natura del sistema. Da il manifesto.
L’annuncio di Ursula von der Leyen sul ritiro del regolamento sui pesticidi ha il sapore di un prodotto scaduto, e al pari tempo di una mela avvelenata. Che sia una merce senza valore è testimoniato bene dal voto contrario al regolamento di gran parte del Parlamento europeo. Anche quanti avevano sostenuto le buone intenzioni del documento “From farm to fork” sono stati costretti a votare contro un regolamento arrivato morto in Parlamento dopo il lavorio delle multinazionali e delle associazioni agricole corporative.
Ma sarebbe errato pensare che la presidente si sia limitata a vendere una patacca ai manifestanti. Il suo messaggio è un imbroglio, ma ha anche il sapore della complicità con i settori più retrivi del sistema. Breve, molto breve è stata la vita coraggiosa di Ursula von der Leyen. “Incentivi e libertà di inquinare” con questa formula della presidente i gattopardi del potere riaffermano la sostanza e la natura del sistema .
In questo contesto la protesta non solo è un’occasione persa per cambiare realmente le cose, e paradossalmente nel tempo produrrà danni ancor più seri e profondi all’intero sistema agricolo e non solo.
Che sia un’occasione persa è del tutto evidente. La grande difficoltà, la crisi del mondo agricolo e dei produttori è reale e profonda. Una crisi che trova la sua prima ragione nella contraddizione irriducibile fra la produzione di un bene comune essenziale, quale è il cibo e il cosiddetto libero commercio. Una contraddizione che ha prodotto e produce enormi difficoltà economiche dei produttori, abbandono delle campagne, crisi demografica delle zone rurali, frammentazione sociale e collasso ambientale.
Una crisi che la speculazione dell’intermediazione e l’invadenza dei soggetti forti dell’agro-industria rendono ancora più grave. I prezzi sono fissati dai giganti della grande distribuzione e alla fine chi viene penalizzato è l’agricoltore che è alla base della filiera costretto a vendere a prezzi bassi e sotto ricatto. Una crisi figlia di una burocrazia asfissiante che non tiene in alcuna considerazione il fatto che in Italia più del 70% delle aziende sono piccole e medie.
Infine una crisi aggravata dell’uso improprio della Pac, infatti l’80% dei fondi europei vengono destinati al 20% dei grandi proprietari. Ridurre questo ordine di problemi al pannicello caldo degli incentivi è come buttare il bambino e tenere l’acqua torbida.
La mela diventa poi avvelenata, quando la Von der Leyen abbandona il green deal e apre le porte alla libertà di intossicare produttori, cittadini e suolo.
Il green deal non è una delle opzioni, dovrebbe essere la via maestra per dare un futuro all’agricoltura liberandola giorno dopo giorno dalla chimica di sintesi. Agricoltura che dovrebbe avere un ruolo fondamentale nella produzione di cibo, come nel contrasto al cambiamento climatico. Il suolo è una spugna dove viene assorbita il doppio dell’anidride carbonica che è in atmosfera. Trasformare il suolo in una discarica chimica, spingerlo verso la desertificazione, privarlo della materia organica è un autentico colpo al cuore all’equilibrio ecologico del pianeta.
Per affrontare i grandi interrogativi di questa nostra epoca dalla sicurezza alimentare al cambiamento climatico, dalla coesione sociale ad un nuovo e virtuoso equilibrio città-campagna è fondamentale il protagonismo e la partecipazione di gran parte del mondo agricolo, ma perché questo sia possibile è decisivo il riconoscimento sociale ed economico di chi vive e lavora la terra.
Le manifestazioni dei “trattori” hanno fatto esplodere il problema, ma le risposte non solo sono insufficienti, ma riportano indietro la ruota della storia, sono tre passi indietro.
Siamo ad un bivio, e mettere la testa sotto la sabbia sarebbe un grave errore. Questo è il momento della chiarezza e non dei tatticismi. E’ il momento per affermare il legame agricoltura\ambiente e operare per passare dalle reti alle alleanze – anche fra molto diversi – al fine di offrire una nuova prospettiva strategica a chi opera e vive di agricoltura che non è solo produzione, ma relazione con la natura ed il pianeta tutto.
O si afferma un nuovo percorso veramente sostenibile del sistema di produzione agricola e si pone l’agricoltore al centro di questo progetto o diversamente si continuerà sulla strada distruttiva dello sfruttamento intensivo dei campi e si condanneranno “ i produttori agricoli” alla marginalità economica e sociale. Come accade ora .
* Presidente del Biodistretto della via Amerina e delle Forre (Viterbese)
** Presidente del Biodistretto dell’Appennino Bolognese
Testo pubblicato da il manifesto del 9 febbraio 2024