Accompagnare soltanto le aree rurali, montane e i piccoli comuni in un “percorso di cronicizzato declino e invecchiamento” e tagliarne i già magri fondi come fa il governo significa condannare il 60% del territorio italiano,, buona parte del Sud. Una nuova questione meridionale. Da Pagina21
Esiste un’Italia interna, costituita dal territorio che si snoda lungo le dorsali alpina e appenninica e da una buona parte del territorio delle isole maggiori: è l’Italia delle aree interne, quella parte del Paese dove le politiche di tagli alla spesa pubblica, le migrazioni interne lungo la direttrice Sud-Nord e quelle verso l’estero, il calo della natalità e l’invecchiamento della popolazione, l’assenza di politiche strutturali di accoglienza e gestione dei flussi migratori hanno esasperato e accelerato dinamiche in corso nella gran parte del territorio del Paese.
Nel 2013 su impulso dell’allora Ministro per la coesione territoriale, Fabrizio Barca, nacque la Strategia nazionale per le aree interne, la SNAI.
A marzo 2025, in grande ritardo e senza un vero processo di consultazione e condivisione con i vari attori interessati, è stato pubblicato il Piano strategico nazionale per le aree interne per il periodo 2021-2027. Tradendo lo spirito originario della SNAI che, seppur con difficoltà e tempi lunghi aveva avviato un processo di rigenerazione dei territori delle aree interne, il governo con il nuovo Piano sferra un colpo basso a tredici milioni di cittadini che scoprono di vivere in territori condannati alla morte lenta per una precisa scelta politica.