“Il mio paese è stato un laboratorio sperimentale di austerità e oggi la maggioranza del popolo greco ritiene di non aver altra scelta se non quella di liberarsi di questa strada senza uscita”. Il discorso di Tsipras al Parlamento europeo
L’atmosfera è più agitata dei giorni scorsi: i controlli all’ingresso del Parlamento Europeo, dove sta per arrivare il Primo Ministro greco Alexis Tsipras, sono più scrupolosi e l’aula si popola magicamente. Al contrario di ieri, oggi diventa impossibile trovare un posto vuoto tra i seggi. Tutti presenti per non perdere l’appuntamento con l’uomo politico ‘con il consenso popolare più vasto della storia della Grecia’, come lo ha definito Guy Verhofstadt dell’Alde.
‘Ma con che faccia chiede altri soldi senza dare garanzie?’ Si sente dire nei corridoi, tra i giornalisti. ‘Neanche ieri ha presentato alcuna misura concreta e pretende che gli altri popoli europei paghino per i greci?’
Alle 9.45 l’aula è piena, dai banchi compaiono cartelli inneggianti all’Oxi vincitore di domenica scorsa e alcune bandiere greche. Il brusio è continuo, mentre il plotone di esecuzione di fotografi e giornalisti si dispone. Tsipras arriva, e viene travolto da ovazioni e applausi, provenienti sia dai banchi del GUE che da quelli della destra di Le Pen e Salvini, e da grida di disapprovazione dal PPE.
A iniziare è il Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, che subito immette i presenti in un clima di estrema tensione: “Ci restano solo quattro giorni per trovare un accordo. Se qualcuno pensa che non trovandolo si potranno evitare gravissime conseguenze economiche e geopolitiche, è un ingenuo. Noi tutti siamo responsabili di quanto avverrà e dobbiamo sapere che le conseguenze ricadranno su tutti’.
Il silenzio è pressoché totale quando Tsipras si alza e inizia il suo intervento.
“Per me è un onore essere qui dopo il verdetto di domenica – ha esordito – il mio popolo ed io siamo qui a cercare una via equa per uscire da questa crisi e lo facciamo con coraggio. Quello stesso coraggio che ha portato quasi il 62% dei greci a votare no, domenica scorsa, nonostante le banche chiuse e la pressione esercitata da tutti i canali di informazione. Il popolo greco ha fatto una scelta non di rottura, ma di ritorno ai valori fondativi dell’Europa: solidarietà, uguaglianza e rispetto reciproco”. Il clima si accende subito, è ancora indigesto il paragone al terrorismo fatto dall’ex ministro Varoufakis. Ma Tsipras sembra non farci caso e sottolinea come il suo governo sia salito al potere a gennaio, mentre i programmi di salvataggio siano in atto da cinque anni. “Io mi prendo la responsabilità dei miei cinque mesi di governo, ma il vicolo cieco in cui si trovano il mio paese e l’Europa riguarda gli ultimi cinque anni caratterizzati da programmi che non ci hanno portato fuori dalla crisi. Indipendentemente dal giudizio che ciascuno può dare sulle riforme, c’è un fatto: il popolo greco ha fatto uno sforzo di adeguamento senza precedenti e ora la nostra resistenza è esaurita. Da nessuna altra parte i programmi di austerità sono stati così lunghi. Il mio paese, quindi, è stato un laboratorio sperimentale di austerità. La disoccupazione, la povertà e l’emarginazione sociale sono aumentati. Così come il debito pubblico, passato dal 120 al 180%. Oggi la maggioranza del popolo greco ritiene di non aver altra scelta se non quella di liberarsi di questa strada senza uscita e noi dobbiamo garantire questa volontà”.
Gli applausi, così come le grida di disapprovazione, spezzano il discorso più volte. Soprattutto quando il Primo Ministro scende nel dettaglio: “Rivendichiamo un accordo che ci porti fuori definitivamente dalla crisi e che ci faccia capire che c’è la luce alla fine del tunnel. Che preveda una giusta distribuzione dei pesi che, negli ultimi cinque anni, sono stati scaricati su pensionati e lavoratori. Dobbiamo arrivare a una crescita sostenibile ed equilibrata con un programma di crescita e contro la disoccupazione che è la prima emergenza, ma dobbiamo affrontare anche il tema della sostenibilità del debito”.
A chi pensava che Atene non avesse fatto i compiti a casa arriva immediata la risposta di Tsipras. “Abbiamo presentato ieri la nostra proposta proprio con questi elementi e oggi invieremo la nostra richiesta al Fondo Monetario Internazionale (la conferma arriva un’ora dopo allo stesso Tusk che dirà: “È un buon presagio, ma anche l’ultima chance”). Vorrei anche sottolineare che le nostre proposte per il finanziamento della ristrutturazione del debito non vogliono gravare sui contribuenti europei e che i soldi stanziati non sono mai arrivati al popolo greco, ma solo alle banche. Dall’agosto 2014 Atene attende il pagamento della rata di 7,2 miliardi di euro dal fondo di salvataggio. In quel periodo non sono state pagate le rate perché il programma all’epoca non veniva applicato in quanto non c’erano le condizioni sociali per realizzarlo e negli ultimi tempi la Grecia ha rivendicato questa rata. Io non sono di quei politici che ritengono che per tutte le sofferenze del mio paese siano responsabili gli stranieri cattivi. La Grecia è sul fallimento perché i governi che si sono succeduti hanno rafforzato la corruzione e costruito un sistema clientelare e hanno lasciata incontrollata l’evasione fiscale. Nel mio Paese, il 10% dei greci gestisce il 56% della ricchezza nazionale e questo 10% non è stato toccato dall’austerità. Nessuno dei punti del memorandum ha sistemato il sistema fiscale o ha rotto l’intreccio tra politica e banche. Nessuna riforma ha migliorato il funzionamento della macchina dello Stato che segue gli interessi privati e non il bene pubblico. Le nostre proposte si concentrano su riforme che vogliono cambiare la Grecia e che i governi precedenti e i sistemi di salvataggio non hanno voluto. I cartelli sui mercati, gli oligopoli, i controlli nel pubblico contro l’elusione fiscale, l’ammodernamento del sistema pubblico. Sono le nostre priorità e su questo chiediamo appoggio ai nostri alleati”.
Sono stati più di sessanta gli interventi successivi, in un clima di agitazione e divisione e quando arriva la replica di Tsipras l’orologio è già andato oltre le 13. “Credo che questa riunione si sarebbe dovuta tenere molto tempo fa – ha detto il leader di Syriza – perché il dibattito di oggi non riguarda solo la Grecia, ma l’eurozona tutta. Per cinque mesi i negoziati si sono svolti a porte chiuse eppure si tratta di una questione politica e ce ne siamo resi conto oggi. Io rispetto tutte le posizioni e sono d’accordo con il punto di vista secondo cui il Parlamento debba svolgere un ruolo più attivo. Mi chiedo come siamo arrivati ad attivare nella Trojka il Fondo Monetario Internazionale, ma non il Parlamento Europeo?
La Grecia ha prestato le sue proposte, 47 pagine che sono il risultato di un processo negoziale molto lungo e faticoso. Purtroppo l’immagine che è emersa è che non abbiamo presentato nulla. Lunedì ci siamo presentati con un nuovo testo, che è stato accettato come base di discussione, in cui ci siamo impegnati con forza a conseguire gli obiettivi di bilancio previsti dalle norme. Tuttavia, pensiamo sia un diritto sovrano degli Stati quello di scegliere di aumentare le tasse sulle imprese per salvare le pensioni e centrare gli obiettivi di bilancio. Se non crediamo che questo sia un diritto sovrano, allora le elezioni non si dovrebbero neanche tenere e si dovrebbe far governare dei tecnici. È vero, in Grecia ci sono delle distorsioni, ma noi siamo stati i primi a voler togliere le baby pensioni. Certo, il prestito è una forma di solidarietà e noi vogliamo un programma sostenibile proprio per poter restituire il denaro e non essere costretti a dover richiedere i soldi per dover pagare i debiti. Quando parlo di solidarietà massima io ho in mente qualcosa di ben preciso. E cioè ritengo che il livello massimo della solidarietà europea sia stato toccato nel 1953 quando è stato deciso di cancellare il 60% dei debiti della Germania con una clausola di sviluppo. Con quali riforme mi si chiedeva? In questi cinque mesi è vero sono stato più impegnato a negoziare in Europa, in un’aria di asfissia finanziaria. Ma qualcosa abbiamo fatto. Ad esempio, abbiamo portato davanti alla giustizia molti evasori, abbiamo fatto un accordo con la Svizzera per far sì che pagassero le tasse i greci che avevano portato i soldi all’estero. Abbiamo eliminato le triangolazioni finanziarie e abbiamo chiesto di far pagare le tasse agli armatori. Il dibattito non riguarda un solo paese, ma il futuro della nostra costruzione europea. Molti di voi hanno parlato di tragedia greca. Io rispetto assolutamente le leggi che disciplinano l’Europa, ma vorrei ricordare che uno dei maggiori autori di tragedie, Sofocle, nell’Antigone ci ha insegnato che “ci sono momenti in cui esiste una legge superiore a quella degli uomini”. Questo è uno di quei momenti.