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La frontiera del lavoro digitale

Da un punto di vista strettamente tecnologico, tuttavia, la digitalizzazione e l’uso dell’Intelligenza Artificiale nella produzione, nel consumo e nelle relazioni lavorative non può definirsi una rivoluzione fondazionefeltrinelli.it

La diffusione di attività produttive1 e lavori organizzati e mediati tramite dispositivi digitali ‘intelligenti’ viene da più parti identificata come una ‘rivoluzione’. Da un punto di vista strettamente tecnologico, tuttavia, la digitalizzazione e l’uso dell’Intelligenza Artificiale nella produzione, nel consumo e nelle relazioni lavorative non può definirsi una rivoluzione quanto piuttosto un approfondimento di due tendenze in corso da quasi un trentennio: i) l’imporsi dell’ICT quale paradigma tecnologico dominante ii) l’abbattimento delle barriere spazio temporali in un crescente numero di domini socio-economici. Tecnicamente, dunque, non siamo di fronte ad una rivoluzione tecnologica. Siamo però di fronte al diffondersi di un modello di business caratterizzato da radicale innovatività. Un’innovatività che coincide con la capacità che le imprese digitali hanno – si prendano, a mo’ di esempio, le più note piattaforme digitali quali Google, Amazon o Uber – di creare, plasmare e monitorare mercati (reti) rendendo i limiti spazio-temporali che han sin qui delimitato (e implicitamente disciplinato) le relazioni socio-economiche sempre meno rilevanti.

Su cosa si fonda questo nuovo modello di business? Sulla capacità che le imprese digitali hanno di estrarre, archiviare, controllare e manipolare le informazioni (digitalizzate) concernenti i nodi (utenti, consumatori, lavoratori, fornitori, istituzioni) che popolano le reti – reti che potremmo definire ‘mercati allargati’ o ecosistemi – che le stesse imprese dominano. Dentro la rete, l’identità sociale dei nodi diviene rarefatta, intercambiabile e, in alcuni casi, indistinguibile.

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