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La finanziaria che ci aspetta

I tecnici stanno già lavorando alla prossima legge di bilancio che dovrà recuperare 11,2 miliardi per il Patto di stabilità e aumentare ancora le spese militari per ReArm Europe e Nato. Cosa resterà per la sanità, la scuola, il welfare? Il 5 e 6 settembre Sbilanciamoci! e Rete Pace e Disarmo con l ‘Altra Cernobbio […]

I tecnici del MEF (ministero Economia e finanze) sono già al lavoro per la legge di bilancio del 2026, ma hanno margini molto stretti. Le previsioni della scorsa legge di bilancio sono di una costante diminuzione delle entrate (anche per i prossimi anni), mentre bisogna (bisognerebbe) rispettare le nuove regole del Patto di stabilità, cioè ridurre il debito e il rapporto deficit-Pil. Portare il rapporto deficit-Pil dal 3,3% (previsioni 2025) al 2,8% (previsioni 2026) significa recuperare qualcosa come 11,2 miliardi di euro. Con la crescita dell’economia allo 0,6% (0,4% secondo il FMI) è difficile che questo possa avvenire. 

Se rispettiamo il Patto di stabilità europeo, la strada di ulteriore debito pubblico (con l’eccezione della spesa militare) ci è preclusa come anche quella della manovra fiscale tradizionale: per forze politiche che considerano le tasse come il diavolo non è probabile che seguano questa strada. Rischiamo di avere una legge di bilancio quasi nulla (per la sanità, l’istruzione, il lavoro, l’ambiente), se non per la parte delle spese militari, che sono scomputate dal Patto di stabilità. Il piano ReArm Europe e la NATO ci chiedono impegni consistenti già da quest’anno, ma cosa succederà?

Ci saranno sicuramente maggiori spese militari (ci sono già state con la vecchia legge bilancio del 2025, con un aumento di ben il 12% per la Difesa), facendo un po’ di debito (questo sì, concesso) e tagliando inevitabilmente parte della spesa pubblica: probabile la riduzione dei trasferimenti agli enti locali, alle detrazioni per le spese sociali e sanitarie, qualche ritocco (in peggio) alla previdenza. E’ anche probabile che si facciano un po’ di trucchi per far vedere che si rispettano comunque gli impegni: tipo calcolare alcune spese “civili” anche come militari (infrastrutture e logistica) e spostare il grosso della spesa (che, lo ricordiamo, è per la NATO un impegno decennale) dopo il 2027-8, cioè dopo le nuove elezioni italiane e alla scadenza del secondo mandato di Trump.

Con tutti i “se” e tutti i “ma” possibili, la strada intrapresa del riarmo condizionerà le prossime leggi di bilancio dei Paesi europei, tra cui il nostro. La spesa pubblica sarà orientata verso un modello di economia armata e della sicurezza (quello che auspicava come “terzo pilastro” della competitività il Rapporto Draghi), contro la quale dobbiamo batterci con forza. E’ anche questo il senso della prossima edizione dell’Altra Cernobbio (5-6 settembre), organizzata congiuntamente da Sbilanciamoci! e dalla Rete pace e disarmo. Il messaggio che lanceremo è molto chiaro: un’economia civile e disarmata fondata su un modello di sviluppo sostenibile con al centro i diritti, l’ambiente, il lavoro non solo è possibile, ma è necessaria.