Il nano armato/Per la prima volta dal 1998, le vendite di armi calano dello 0,4%. Il baricentro si sposta da occidente a est. E la Cina entra nella top five di esportatori
La spesa militare globale nel 2012, l’anno per il quale sono disponibili i dati più recenti pubblicati dal Sipri, è stimata a 1.756 miliardi di dollari, il 2,5 per cento del prodotto interno lordo mondiale, circa 249 dollari per ogni abitante del pianeta. Il totale in termini reali è diminuito dello 0,4 per cento circa rispetto al 2011, la prima flessione dal 1998, ma comunque superiore a quello di un qualunque anno dalla fine della seconda guerra mondiale al 2010. La distribuzione della spesa militare nel 2012 evidenzia i primi segnali di uno spostamento del baricentro dall’Occidente verso altre parti del mondo, in particolare Europa orientale e paesi in via di sviluppo.
Per quanto riguarda la produzione di armamenti, i dati più recenti il Sipri Top 100, che ordina le maggiori imprese produttrici (esclusa la Cina) in base al volume delle loro vendite di armi – sono stati resi noti lo scorso 31 gennaio e si riferiscono al 2012. Segnalano che le vendite totali vengono quantificate in 395 miliardi di dollari, meno 4,2 per cento in termini reali rispetto al 2011; si tratta della seconda diminuzione annuale consecutiva, ma il totale resta del 29 per cento maggiore rispetto a quello del 2003; l’industria mondiale degli armamenti continua ad essere fortemente accentrata, con le prime dieci industrie produttrici, tre quarti delle quali hanno le proprie sedi in Nord-America o nell’Europa occidentale, che coprono il 52,1 per cento delle vendite totali di armi.
Sul versante del commercio internazionale di armi, il volume dei trasferimenti internazionali di armamenti convenzionali maggiori tra il 2003-2007 e il 2008-2012 è cresciuto del 17 per cento. I cinque più grandi fornitori del periodo 2008-2012 – Stati Uniti, Russia, Germania, Francia e Cina – sono stati responsabili del 75 per cento del volume delle esportazioni. È la prima volta dalla fine della guerra fredda che la Cina figura tra i cinque maggiori esportatori di armamenti, che in precedenza erano unicamente Stati Uniti e paesi europei.
Infine, senza voler aggiungere le armi chimiche, biologiche, batteriologiche e i materiali dual use, quelle produzioni che possono avere usi sia civili che militari, la situazione delle testate nucleari: nonostante la sottoscrizione, l’8 aprile 2010, a Praga, da parte di Usa e Russia del Nuovo, dopo quello del 1991, Trattato Start, per ulteriori riduzioni dei rispettivi arsenali nucleari, ogni ottimismo sarebbe fuori luogo. All’inizio del 2013 otto stati si trovavano in possesso approssimativamente di circa 4.400 armi nucleari operative, di cui quasi duemila tenute in stato di elevata prontezza. Se si contano tutte le testate – operative, di riserva, immagazzinate (attive o meno) e in attesa di smantellamento – Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan e Israele sono in possesso complessivamente di circa 17.270 armi nucleari. Un mondo sovrarmato. Da disarmare.